Che cosa hanno a che fare la tempesta Vaia, le politiche dell’amministrazione trentina contro gli animali selvatici e le opere dello scultore veneto Marco Martalar? Un recente libro di Claudia Boscolo uscito per le edizioni Industria & Letteratura, La tempesta e l’orso, attraversa e connette questi temi nell’arco di una novantina di pagine che oscillano fra saggio e racconto.

“La tempesta e l’orso”, il libro di Claudia Boscolo

L’autrice ci conduce nella sua terra, il Trentino, prendendo le mosse da un evento dai contorni biblici, la tempesta Vaia che nell’autunno del 2018 ha colpito la sua regione e il Veneto con una violenza inaudita. La narrazione di quello che è stato a tutti gli effetti un trauma collettivo mette in luce la sorpresa, le sofferenze della popolazione, ma anche le complesse – e problematiche – modalità di elaborazione del trauma. Un trauma che prende le sembianze del lutto: lutto per le persone colpite, per le abitazioni distrutte, ma anche per le esistenze non umane cancellate. Un evento percepito come straordinario ha abbattuto in un attimo alberi e alberi la cui presenza millenaria appariva scontata.

La copertina de "La tempesta e l'orso" di Claudia Boscolo

Gli eventi straordinari sono la nuova normalità

Ma, come ormai sappiamo, i cosiddetti eventi estremi sono ormai un fatto con cui fare i conti quotidianamente. Anche se le istituzioni e mezzi di comunicazione di massa sembrano insistere sul carattere straordinario di alluvioni, grandinate, siccità devastanti, i movimenti per la giustizia climatica ci hanno insegnato che si tratta di un fenomeno ormai strutturale, di una tendenza innescata dalle attività umane e dal modo di produzione capitalista.

E il caso Trentino, come mostra Claudia Boscolo, è paradigmatico: sfruttamento capillare del territorio, turismo intensivo, diffusione di una visione del mondo antropocentrica ed estrattivista, definanziamento delle attività di gestione della fauna e di educazione alla convivenza interspecie.

All’interno di questo quadro, l’autrice introduce la vicenda di M49 e della persecuzione degli orsi da parte della Giunta Provinciale leghista, una storia recente di politiche miopi e arroganti che affonda le sue radici in una più lunga tradizione cristiana di ostilità nei confronti di questa specie.

M49, un orso in fuga

La crescente politica di catture e uccisioni degli orsi introdotti oltre venti anni fa in Trentino con il Progetto Life Ursus è stata portata all’attenzione dell’opinione pubblica nazionale dalla campagna Stop Casteller, ma buona parte di questa visibilità è legata alla determinazione e alla disperazione di un orso, M49, fuggito più volte dalla prigione del Casteller, dove è tuttora detenuto.

volantino della campagna stop casteller. Un orso spezza una catena. Il testo recita: "Resistiamo a fianco di M49 e di tutti gli orsi per una liberazione totale".

Quello di Claudia Boscolo è il primo libro che riesce davvero a narrare le fughe, la latitanza, i desideri e l’angoscia di M49 dal suo stesso punto di vista, senza artifici retorici involuti o esperimenti letterari egocentrati. Il vissuto di M49 emerge in modo verosimile, innervato di solidarietà ed empatia, tracciando un quadro il più possibile vicino a quanto deve aver provato l’orso saltando recinzioni, abbattendo ostacoli, cercando la libertà nei boschi.

E, appunto, l’accanimento di un gruppo di potere decisamente xenofobo, governato dalla logica del capro espiatorio e della volontà di distrarre l’elettorato dai propri fallimenti politici, si inserisce in un quadro più ampio, in una storia più antica. L’autrice richiama infatti una millenaria storia di convivenza con questa specie tutt’altro che minacciosa per l’uomo, in cui l’orso è sempre stato un simbolo di forze ancestrali cui tributare il massimo rispetto.

Il conflitto viene agito, in aperta rottura con gli immaginari pagani di tutta Europa, dalla postura antropocentrica di un cristianesimo sciovinista e ostile al fascino antico di questo animale. Questa postura è in qualche modo il contesto in cui prende forma il progetto Life Ursus, pensato per favorire la biodiversità, almeno sulla carta, e poi degenerato in una sistematica disattenzione alle misure necessarie a gestire la convivenza uomo-orso, fino alla vera e propria persecuzione. Un percorso in cui la Giunta leghista fa leva sulle pulsioni più oscure e su quella parte di Trentino di cui Claudia Boscolo ci restituisce un’immagine quasi inquietante, quella di valli chiuse, intolleranti, atavicamente diffidenti verso lo straniero, verso l’alterità.

Il Drago di Vaia

Che la tempesta e l’orso siano collegati è dunque chiaro. Claudia Boscolo, in questo quadro asfittico, invoca un cambio di passo, una presa di coscienza dei danni della supremazia umana, dell’estrattivismo e del disprezzo per l’Altro. Intorno all’evento estremo, una delle reazioni, densa di implicazioni simboliche ed emotive, è stata quella dello scultore Marco Martalar, che ha creato diverse opere con il legname derivante dagli alberi distrutti dalla tempesta a cavallo fra Veneto e Trentino. Questa forma di riciclaggio artistico, che ha raggiunto una certa notorietà in particolare con il Drago di Vaia, rielabora il lutto facendo leva su una serie di elementi simbolici non banali, che l’autrice discute al di là dell’agiografia e dell’orgoglio regionale che ha investito le opere di Martalar. Come dice Boscolo, l’artista

con la sua fecondità creativa ha saputo trasformare lo sconforto in ispirazione.

E, tuttavia, questa ispirazione non è slegata da elementi economici che caratterizzano la retorica della rinascita che Veneto e Trentino hanno elaborato a partire dal disastro.

foto del drago di Vaia

La tempesta e l’orso si sofferma in particolare sulla vicenda della distruzione del drago incendiato da ignoti e della sua successiva ricostruzione. L’opera, che ci interroga sulla potenza della natura e sulla nostra arroganza, si trasforma in un prodotto da proteggere, irregimentato in un dispositivo securitario fatto di recinzioni e telecamere. Il passaggio dalla prima scultura alla sua versione ricostruita chiama in causa numerosi interrogativi sulla fruizione dell’arte nell’era dei social media, sul sovraffollamento turistico (overtourism), sul consumo di spazio da parte della specie umana.

Il ruolo dell’arte è qui pieno di ambiguità, come lo è il rapporto della popolazione trentina con il territorio, con i suoi abitanti di ogni specie e con un’economia di mercato che sembra saper produrre soltanto distruzione di habitat e relazioni. Non vi sono soluzioni semplicistiche, sembra dire il libro di Claudia Boscolo, una riflessione delicata e profonda che rifugge la tentazione di banalizzare i problemi. Ma in qualche modo sia la tempesta, Vaia, che l’orso, M49, ci dicono che la rotta deve cambiare, e deve cambiare radicalmente.

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