“La tomba delle lucciole”: quando la guerra entra nei sogni dei bambini
È ancora in molte sale italiane, "La tomba delle lucciole", il capolavoro del 1988 firmato da Isao Takahata e prodotto dallo Studio Ghibli.

È ancora in molte sale italiane, "La tomba delle lucciole", il capolavoro del 1988 firmato da Isao Takahata e prodotto dallo Studio Ghibli.

È ancora in molte sale italiane, dopo l’evento speciale dal 18 al 24 settembre, La tomba delle lucciole, tra cui al Cinema Massimo di Torino, e in altre città, come Milano, Roma, Ragusa, il capolavoro del 1988 firmato da Isao Takahata e prodotto dallo Studio Ghibli. Un film che, nonostante il suo formato animato, si distacca radicalmente dalla leggerezza delle storie per bambini. Qui l’infanzia non è rifugio, ma teatro dell’orrore: innocenza e morte si sfiorano senza filtri, senza pietà.
Viviamo in un mondo in cui la disumanità continua a serpeggiare, sottile e persistente, anche quando crediamo di averla superata. L’orrore, ormai, sembra una consuetudine. E quando assume la forma di un film d’animazione, il paradosso si fa ancora più straziante: la tenerezza del disegno amplifica la crudeltà della realtà.
Ambientato durante la Seconda guerra mondiale, il racconto segue due fratelli, Seita e la piccola Setsuko, nel cuore di un Giappone devastato dai bombardamenti americani. Fin dalla prima scena conosciamo l’inevitabile destino dei protagonisti, eppure il film non vive di sorpresa, ma di percorso: un lungo, delicato flashback che trasforma la tragedia in poesia.
Attraverso la distruzione di Kobe, seguiamo la loro lenta lotta per la sopravvivenza, il loro tentativo disperato di difendere una briciola di vita e di amore. Anche nel buio più denso, Takahata ci mostra come un gesto di cura o un sorriso infantile possano brillare come le lucciole della notte: piccole, fragili, ma capaci di rischiarare l’oscurità dell’animo umano.
“La tomba delle lucciole” è, come il suo titolo, un faro malinconico che accompagna lo spettatore dall’inizio alla fine. Illumina la nostra empatia e, una volta spento, lascia dietro di sé il silenzio di ciò che è stato perduto.
Cosa resta, dopo la visione? Forse un esercizio di compassione, un richiamo al diritto essenziale alla vita. È un film che ci obbliga a ricordare che l’infanzia non è solo un tempo, ma uno spazio sacro da proteggere.
In tempi come i nostri, dove la guerra torna a bussare alle porte del presente, La tomba delle lucciole è più che mai necessaria: una ferita luminosa che ci ricorda come si resta umani. Con un nodo alla gola, e un piccolo stormo di lucciole a illuminare la distanza.
