Tra le vittime dei conflitti dobbiamo sempre annoverare l’arte. All’inizio del conflitto Hamas-Israele, oltre le chiusure (temporanee) di alcune istituzioni (il Tel Aviv Museum of Art e l’Israel Museum di Gerusalemme) è stato annunciato il rinvio dell’apertura della nuova National Library of Israel, la sede della più importante biblioteca israeliana, che detiene la più grande collezione di materiale ebraico nel mondo, oltre a una delle più importanti collezioni islamiche della regione del Medio Oriente.

La geopolitica impatta anche il nostro mondo culturale. Recente è la notizia relativa alla Biennale d’Arte di Venezia 2024: il Padiglione Israele, dell’artista Ruth Patir e delle curatrici Mira Lapidot e Tamar Margalit, sarà allestito come previsto, mentre il Palestine Museum, non sarà presente a Venezia, mentre lo era stato nell’edizione 2022 con la mostra From Palestine with Art, inclusa nel programma ufficiale degli eventi collaterali. C’è da segnalare che, sempre a Venezia, è da poco conclusa la mostra sulla Nakba intitolata From Palestine: Our Past, Our Future nell’ambito della VI edizione di Time Space Existence, a cura dell’European Cultural Centre e che, nella Biennale 2024, la Palestina sarà presente con un progetto promosso dall’organizzazione Artists and Allies of Hebron, nell’ambito dei 30 eventi collaterali ufficialmente approvati.

I conflitti e l’arte. La guerra russo-ucraina e la Biennale

Queste notizie ci rimandano ad un altro conflitto, quello russo-ucraino. Alla Biennale Arte 2022 di Venezia, il Padiglione della Russia era rimasto chiuso, mentre andò in scena quello ucraino, con This is Ukraine: Defending Freedom, ospitato negli spazi della Scuola Grande della Misericordia, a Cannaregio. Un progetto collettivo realizzato in tempi fulminei (in meno di 4 settimane) per raccontare la guerra e i suoi devastanti effetti su intere città e comunità.

Alla Biennale Architettura 2023, dopo nove anni, l’Ucraina è stata presente con un proprio Padiglione all’Arsenale e un’installazione ai Giardini, Before the future, concepito come uno

“spazio claustrofobico, senza prese di luce, simbolo di luoghi abbandonati che possono diventare luoghi vitali per progettare piani di sopravvivenza e speranza per il futuro”.

Inoltre, è stata recentemente annunciata l’esposizione in Italia di cinquanta opere provenienti dalla collezione della Galleria Nazionale d’Arte di Kiev, Simbolismo e mistero nella pittura tra 800 e 900, che avrà come filo conduttore la notte, alludendo al buio in cui è precipitato il Paese in guerra con la Russia.

Durante il conflitto russo-ucraino sono state registrate alcune razzie di opere d’arte da parte dell’esercito russo nei musei di diverse città orientali, tra cui Kherson, Mariupol, Melitopol e Kakhovka.

I furti di opere d’arte compiuti dagli eserciti non hanno il solo obiettivo di impossessarsi di opere di valore, quanto la volontà di privare chi subisce un’invasione della propria cultura e identità nazionali.

La Convenzione dell’Aia del 1954 e la salvaguardia dei beni culturali

Ricordiamoci che la Convenzione dell’Aia del 1954, disciplina la salvaguardia dei beni culturali degli Stati parti in caso di conflitto armato, pertanto, prevede la protezione di una vastità di beni, che spaziano dai monumenti architettonici, ai siti archeologici, alle opere d’arte, ai libri, ma anche delle collezioni scientifiche di qualsiasi tipo.

Lo scorso anno, tra dicembre 2022 al 10 aprile 2023, la mostra alle Scuderie del Quirinale ARTE LIBERATA 1937-1947. Capolavori salvati dalla guerra, curata da Luigi Gallo e Raffaella Morselli, offriva una selezione di oltre cento capolavori salvati durante la Seconda Guerra Mondiale, oltre che un ampio panorama documentario, fotografico e sonoro per ricordarci un periodo drammatico per il nostro Paese e per omaggiare coloro che si sono adoperati per un bene comune, coscienti dell’universalità del patrimonio da salvare.

Oltre i numerosi capolavori in esposizione e nomi più o meno conosciuti (tra cui quello di Giulio Carlo Argan e Palma Bucarelli, storica direttrice e sovrintendente della Galleria Nazionale di Arte Moderna), a ricordarci il frutto di un’impresa di salvaguardia del patrimonio artistico-culturale c’era anche il ricordo dei Monuments Men.

Monuments Men, che dal 1943 al 1951 prestarono servizio nella MFAA (Monuments, fine arts and archives), la sezione Monumenti, belle arti e archivi dell’esercito anglo-americano, ritrovarono oltre 100 mila capolavori, trafugati dai nazisti in Europa, spesso collocati in luoghi inaccessibili (dai castelli sulle Alpi alle miniere in Turingia). La loro storia è stata raccontata, oltre che in un libro (Monuments Men di Robert Edsel), anche in un film (Monuments Mens di George Clooney) uscito in Italia nel 2014.

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