Cosa accade ad un bravo fotografo che decide di fare un reportage sulla vita intima di un gruppo di persone trans, tutte sconosciute? Come gestisce un lavoro a cavallo tra l’immagine, il suo linguaggio d’elezione, e la scrittura in prima persona, nello stile dei migliori reportage narrativi? Forse la risposta è già nella copertina  de La crisalide e le lantane: diario di un uomo cisgender (PM edizioni), l’ultimo lavoro del bravo Avarino Caracò, reporter di Palazzolo Acreide, in provincia di Siracusa. È nello sguardo di Santina che indossa la sua lunga collana di perle su una blusa aggraziata, che si può già intuire quale chiave abbia usato Caracò: si tratta di incontri, intensi e sinceri, di prime volte tra persone che non si conoscono ma che sanno stringere un patto di verità, come accade quando si lavora insieme per raccontare storie autentiche. 

Caracò ha fatto un pieno di premi internazionali e già nell’introduzione mette le carte in tavola:

 “Ero consapevole sin da quando ho iniziato la mia ricerca che mi sarei imbattuto col mio specchio, perché non si può entrare nella vita degli altri senza mettere in gioco la propria”.

La struttura de La crisalide e le lantane è ordinata: ogni capitolo racconta la storia di cinque transgender MtF, cinque transgender FtM e una persona non-binaria. Con altrettanto ordine e semplicità, viene finalmente annullato lo stereotipo trans=droga= prostituzione=botulino deformante. 

Le foto di Caracò parlerebbero già da sole, ma alle immagini  l’autore abbina una parola limpida, curata, esatta. Ne nascono storie di grande umanità, di famiglie che hanno lottato compatte, di amori vissuti bene. L’ incontro tra le protagoniste e i protagonisti del diario con l’autore diventa esso stesso storia e lo svelamento fotografico del corpo senza malizia, senza morbo, è esso stesso trasmissione di un messaggio senza tempo. Un dono inestimabile.

Il ritratto di Gabriel dopo l’asportazione chirurgica del seno si è aggiudicato molti premi internazionali tra cui All about photo portraits 2020. È un’immagine potente.

Foto Rino Caracò

Ma più forte di ogni sacrificio del corpo, di ogni aggiustamento necessario per attuare la metamorfosi, (“meglio parlare di incongruenza che di disforia”, sottolinea la stessa Santina)  sono gli sguardi che Caracò coglie nelle undici persone che sceglie di raccontare, accomunate solo dal fatto di appartenere ad una terra contraddittoria come la Sicilia: grande madre di tutti, crisalidi e farfalle, migranti e distillati di razze che millenni di invasioni hanno sedimentato. Ma anche l’Isola dei grandi patriarcati e di un’idea di virilità che non lascia spiragli. La Sicilia di Giorgio e Toni del “delitto di Giarre” per intenderci. 

Benvenuti dunque nelle case e nelle vite di Naomi che vive nelle campagne di Torretta, bellissima con i suoi colori da siciliana-araba verace e i capelli riccissimi, che fa la sua personale rivoluzione nella vita familiare del compagno.

Anche se Alessio mi ha rimproverata per questo, io ho fatto una cosa che avrebbe risolto definitivamente tutti i problemi con la sua famiglia, mi sono spogliata e ho mostrato la mia vagina a mia suocera. Lei ha risposto: ‘ma è come la nostra!’. No signora, la mia è meglio, è fatta in modo artigianale da professionisti”. 

Gabriel, una volta Clara, racconta della sua vita di adolescente ma anche del suo attivismo in Arci Gay. Forse il verde cangiante dei suoi occhi tranquilli riescono a raccontare più di quanto lui stesso immagini. Rahsmi ci porta per mano nel quartiere di Borgo nuovo a Palermo, e ipnotizza con i suoi dread, e i suoi bellissimi orecchini indiani. Giorgia e Fed sono giovanissimi e scaltri.

Foto Rino Caracò

Alex e Ana hanno messo su famiglia, mentre Alessia, siciliana che vive a Parma, è una futura infermiera che racconta la costruzione del suo corpo e che vuole laurearsi “col nome che ho scelto per la mia vita”. E ancora il catanese Lorenzo, la bella Elena di Pozzallo, la ragusana Genny che ce l’ha fatta nei difficili anni ’70-’80 , o Nat che può vantare con orgoglio:

 “mio padre mi portava in giro per i negozi di abbigliamento maschile. Considera che veniva da una cultura musulmana, immagina quanto importante è stato il suo percorso. Non mi hanno mai imposto nulla che io non volessi, mai vista una gonna, e devo ringraziare la mia famiglia per non aver subito grandi traumi in tal senso”. 

Foto Rino Caracò

La crisalide e le lantane di Rino Caracò conferma che il miracolo del reportage esiste e che prima di tutto avviene in chi lo realizza:

“sono partito con l’idea di scrutare un mondo in transizione, ma dal primo incontro la vera transizione che ho affrontato è la mia. Ho incontrato un gruppo di Lantane che mi hanno confuso, mi hanno travolto, mi hanno accecato con i loro colori e mi hanno permesso di diventare un essere umano più consapevole”.

Il reporter Rino Caracò

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