Nell’aridità della quarantena nascono e crescono, come fiori nel deserto, iniziative vitali come il progetto #VICINIDACASA, un’iniziativa che creativamente ricostruisce il setting dello stare con per rispondere al bisogno di socialità dell’essere umano.

#VICINIDACASA è una piattaforma dove poter condividere il proprio tempo, le proprie competenze, la propria professionalità, le proprie passioni. Qui ognuno, proponendo i propri eventi o partecipando a quelli altrui, può dare spazio all’altro, trascorrere il proprio tempo con gli altri, anche imparando cose che non avrebbe avuto il tempo o la fantasia di imparare. L’iniziativa ha uno scopo solidale ed è pertanto gratuita sia per i conduttori che per i partecipanti. La formula è semplice: ognuno può proporre un evento che lui stesso condurrà attraverso la creazione di stanze virtuali, sul modello della videoconferenza. Anche se gli eventi vengono valutati e selezionati con cura dallo staff, il focus di questo progetto non sono i contenuti specifici degli eventi e l’intento non è quello di erogare contenuti formativi, di cui si può già facilmente fruire ovunque sul web. Al contrario l’idea è innanzitutto quella di condividere e interagire, prima ancora di trasmettere un contenuto. 

Al contrario delle dirette, ormai classiche, che pullulano sui social media o dei tutorial di cui il web è ricco, Vicini da Casa è una piattaforma di aggregazione, e punta sull’interazione in diretta tra partecipanti e conduttori, e permette uno scambio reciproco e non unidirezionale. Ogni evento è un’occasione di condivisione, si possono fare domande, si possono creare rapporti di amicizia e di lavoro.

L’iniziativa sembra cogliere un aspetto fondamentale dell’essere umano e fornisce un valido spunto di riflessione su un tema più ampio. L’essere umano è un animale sociale. Da Aristotele a Darwin, dalla filosofia all’evoluzionismo, tutte le discipline che si sono interrogate sull’essere umano e sulla sua natura hanno riconosciuto all’essere umano una natura sociale. La sua natura sociale, o meglio relazionale, non è però una semplice propensione, quanto piuttosto un bisogno essenziale intrinseco, così come a molti dei mammiferi più evoluti, funzionale alla preservazione e alla continuazione della specie. 

Lo psicologo Maslow nella sua celebre piramide colloca la socialità, intesa come amicizia, affetto familiare e intimità sessuale, tra i bisogni dell’Essere umano, gerarchicamente secondi solo a quelli fisiologici e della sicurezza. Fioriscono studi e osservazioni che avvalorano quanto postulato da Maslow. Spitz, psicoanalista allievo di Freud, osserva come i neonati ospedalizzati, pur ricevendo nutrimento e cure igieniche, deprivati della relazione materna andavano incontro al marasma, ovvero ad un lasciarsi andare per inedia: i bambini si lasciavano morire, non potendo vivere senza le cure e l’amore materno. Un ulteriore prezioso contributo giunge dal medico e psicoanalista John Bowlby, padre della teoria dell’attaccamento, e dal florido filone di studi che ne consegue.

L’attaccamento è uno dei sistemi motivazionali fondamentali dell’Essere umano, come individuo e come specie, guida la creazione del legame con il conspecifico e, prima di tutto, con la madre o le figure di accudimento in genere. La relazione con la madre non poggia infatti sulla soddisfazione di bisogni omeostatici primari, come il nutrimento, ma il bambino cerca e necessita di un legame centrato sulla protezione e sul calore affettivo. Tra gli assunti di base della Teoria dell’Attaccamento, la relazione con la figura di accudimento è necessaria al bambino per il suo sviluppo sociale e emozionale. Particolarmente emblematico per comprenderne l’importanza è il noto esperimento di Harlow: i piccoli di macaco, tra una sagoma materna di metallo in grado di provvedere al loro nutrimento e una semplicemente ricoperta da un panno morbido e caldo, scelgono quest’ultima.

Ognuno di noi, almeno nei paesi industrializzati, ha creduto da sempre che il soddisfacimento dei bisogni essenziali fosse un nostro diritto fondamentale. La pandemia di COVID-19 ci ha restituito tutta la nostra fragilità, ricordandoci bruscamente che prima che alle leggi dell’essere umano, siamo soggetti a quelle della natura. La pandemia ci ha imposto di compiere una scelta tra bisogni che credevamo scontati e garantiti, tra la sicurezza e la salute e il bisogno relazionale.
La decisione è caduta pragmaticamente sulla tutela della salute, individuale e di specie. I bisogni relazionali sono stati considerati sacrificabili e il loro soddisfacimento è stato affidato alla ben nota italica capacità di arrangiarsi. 

Cosa ne è allora del bisogno di contatto, del bisogno di relazioni che ha portato alcuni tra i più illustri studiosi di tutti i secoli a definirci animali sociali?
Tra le tante sfide che oggi corrono sul web allora forse vale la pena accettarne un’altra. Ovvero provare a salvare capra e cavolo, ovvero sia il bisogno di preservare la nostra incolumità sia quello relazionale. Ebbene, ognuno di noi senza conoscere Aristotele, Darwin, Maslow, Spitz e molti altri, nell’isolamento della quarantena, si è da subito dato da fare alla ricerca di un nuovo modo per preservare il proprio bisogno di socialità. 

Il web è così oggi diventato il luogo del contatto per eccellenza, il focolare domestico del XXI secolo. Le piattaforme online sono diventate il luogo dei pranzi della domenica in famiglia. Ognuno ha dovuto riorganizzare un proprio setting. Non soltanto setting di lavoro ma anche setting di vita quotidiana. Il bisogno di stare con l’altro e di essere in contatto con l’altro ha portato a ri-scrivere la quotidianità dello stare con
Ma per soddisfare i nostri bisogni sociali e relazionali, è sufficiente sostituire l’altro con l’altro del web?

Sito: www.vicinidacasa.com 

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