Occhio per occhio, dente per dente: questo è quello che è stato richiesto da qualcuno e deciso dal Presidente del Trentino Fugatti ad aprile scorso, dopo la tragica morte del ragazzo Andrea Papi che ha avuto la sfortuna di imbattersi, sembra correndo, in un’orsa con cuccioli.

La plantigrada Jj4 è ancora viva grazie ai nostri ricorsi amministrativi e ancora attende il pronunciamento finale del TAR per poter essere salvata definitivamente, portandola in un sicuro rifugio in Romania. Mentre pende ancora la forca per altri due orsi in libertà, MJ5 e F36, rei solamente di aver incontrato umani sul loro cammino.

E più recentemente, il decreto di abbattimento, un edulcorato termine per dire uccisione, primo caso in Italia dopo oltre mezzo secolo di protezione integrale – per due lupi a caso fra quelli di un branco che, sempre in Trentino, sono entrati in una malga, non difesa nemmeno da una seria recinzione, e razziato altri animali tenuti sempre – lo ricordo ai non vedenti la realtà – per essere a loro volta uccisi.

Il Consiglio di Stato ha ora sospeso almeno fino al 14 settembre, giorno del nuovo pronunciamento del TAR, l’esecuzione dei due canidi.

Nella storia dell’umanità gli animali erano sottoposti a processi

Ma non è assolutamente nuova l’idea che gli animali possano essere condannati per aver causato direttamente indirettamente la morte di un essere umano o un grave danno. Una volta però, almeno, gli si faceva un processo – anche con avvocati difensori, ruolo che oggi hanno le associazioni animaliste – con tanto di requisitorie e giurie.

Nel 1992, Flavio Pagano Editore ha ristampato un prezioso libro datato 1892 (che poi ha avuto anche altre versioni) intitolato Bestie e delinquenti, scritto dall’avvocato napoletano Carlo D’Addosio, con una ricca raccolta di casi di processi agli animali, 144 per la precisione: gli imputati vanno dai maiali alle api ai vermi, in procedimenti giudiziari intentati dal Medioevo in poi in varie parti del mondo, con tanto di riflessioni sociali, storiche e giuridiche a cura del dotto autore. 

Riconoscere i doveri dell’animale ma non i diritti

Nel lato positivo della questione, di fatto, processare un animale significava comprenderlo nell’idea di umanità. Se non fosse che nei restanti 364 giorni dell’anno precedente, quell’essere vivente era comunque utilizzato, sfruttato, torturato, piuttosto che sopportato, oppure libero e braccato in natura se selvatico.

Questo testo è, tanto più per l’epoca in cui è stato scritto, molto ben documentato, e anche un vero e proprio viaggio nella considerazione giuridica degli animali con in appendice sentenze “di processi penali e di bestalità” e un elenco cronologico.

A ritroso nel tempo, per rimanere solo all’Italia, si legge di cani processati nel XVIII secolo, bruchi a Torino nel 1678, un asino a Napoli nel 1604, locuste a L’Aquila nel XVI secolo e di talpe in Val d’Aosta nell’824…

Aspetti, questi, poi ripresi anche dal libro Processo agli animali del giudice Gennaro Francione per Gangemi Editore, mentre nel 1989 Edwards P. Evans pubblicò, per Editori Riuniti Albatros, Animali al rogo con una presentazione dell’etologo Giorgio Celli. Qui si legge anche di condanne all’esilio forzato o all’impiccagione. 

Di fatto, a pensarci bene, niente di diverso rispetto a oggi.

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