Marco Buemi, videomaker e blogger, accompagna progetti di sviluppo sostenibile sia in giro per il mondo che nelle città italiane, di cui si è occupato nel contesto del progetto europeo URBACT. In particolare, oggi ci parla di un approccio innovativo alla rigenerazione urbana che si sta sperimentando un po’ ovunque, ma del quale proprio l’Italia vanta qualche best practice di livello internazionale.

Rigenerazione urbana, amministrazione partecipata

Si tratta della cosiddetta amministrazione partecipata dei beni comuni, che si può riassumere così: dove l’amministrazione pubblica non può arrivare, arrivano i cittadin3 e le associazioni. Lo strumento per farlo si chiama patto di sussidiarietà e consiste nella creazione di un partenariato tra il Comune e tutti i soggetti civici disponibili a cooperare per intervenire sull’area critica individuata.

Rispetto agli interventi calati dall’alto il vantaggio è duplice, perché permette da una parte di avere risorse aggiuntive, con cui gestire quelle situazioni che altrimenti verrebbero sovrastate da altre priorità; dall’altra di mettere meglio a fuoco le esigenze delle persone che sul territorio vivono, perché le si ascolta e coinvolge nella fase di progettazione. L’elemento vincente perciò è l’empowerment delle persone, il passaggio da una cittadinanza passiva – quando c’è un problema si aspetta che sia l’istituzione ad accorgersene e metterci mano – a una cittadinanza attiva che monitora, fa rete, dibatte, propone. Bologna ha fatto scuola in questo senso, Milano e altre la stanno seguendo.

E non mancano le soluzioni in chiave collaborativa anche per quanto riguarda uno degli aspetti più delicati e cruciali, ovvero il finanziamento. Che rimane un punto delicato e controverso, visto che ci sono già le tasse locali, eppure le esperienze condotte fin qui dimostrano che il cofinanziamento civico – se è inserito in una strategia che sa fare leva sul senso di appartenenza e sull’interesse comune – è una formula che funziona.

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