Premessa, non ho ancora visto la serie di cui Ammaniti è showrunner uscita da poco su Sky. Ho letto però il libro molto tempo fa. L’ho trovato molto in linea con gli interessi di Niccolò Ammaniti, e non mi ha stupito il fatto che l’ispirazione sia venuta all’autore chiedendosi che cosa potrebbero fare dei bambini lasciati a loro stessi. Il libro conserva la stessa attitudine un po’ alla Jack London anche con gli animali – cioè con il cane Salame/Manson/Coccolone. Anna è un bel libro, poetico, originale, introspettivo, che recupera in maniera personale leggende come Colapesce… insomma vale la pena leggerlo. Profetico? Non credo.

Nella mitologia greca, il profeta parla per bocca di un dio o di una dea e vede il disegno del futuro con immagini talvolta poetiche, talvolta oscure, talvolta molto chiare – spesso non viene creduto. Nella tradizione giudaico-cristiana lo stesso: i profeti del Vecchio Testamento parlano dell’avvento di un Salvatore a rimediare ai danni del primo uomo mentre l’Evangelista Giovanni, senza il quale non esisterebbe il genere post-apocalittico, descrive la sistematica – e già comunque prevista – fine del mondo. Ecco, è questo concetto di vedere il disegno del futuro che mi fa un po’ storcere il naso di fronte al potenziale profetico laico di Anna. Lo stesso Ammaniti sembra confermare le mie sensazioni quando dichiara a un noto quotidiano che la scelta di una pandemia da parte sua è stata funzionale: per rispondere alla domanda che gli ha ispirato il racconto c’era bisogno di una catastrofe che risparmiasse solo i bambini. Né il terremoto né un olocausto nucleare andavano bene.

Certo, lo sviluppo della serie e la pre-produzione sono avvenuti in piena pandemia e l’idea di una malattia respiratoria che colpisce i grandi è diventata realtà: la narrazione si è contaminata con il presente. E le speculazioni, il “cosa potrebbe accadere se…” spesso nel genere post-apocalittico (che Niccolò Ammaniti non snobba e ciò gli fa onore) portano ad alcune visioni accurate: in questo caso corrispondono alla pandemia da covid la malattia respiratoria, la quarantena e l’attesa spasmodica del vaccino. Le ultime due sono deduzioni prevedibili, dato il nostro sistema sanitario e le aspettative ad esso connesse. Il virus peraltro, e nel libro è scritto quando il giovane Pietro cerca informazioni, forse è stato creato in laboratorio appositamente – nella realtà a quest’idea corrisponde la teoria complottista legata alla Cina.

I profeti e le Cassandre

La parola profeta (letteralmente, colui che dice prima) sembra certo adattarsi a un incubo nel quale gli adulti si ammalano e muoiono mentre i bambini e i pre-adolescenti devono cavarsela da soli. Il punto però è che, in Anna, Niccolò Ammaniti non racconta una pandemia per mettere in guardia contro una reale possibilità nel contesto delle dinamiche dell’Antropocene. Il libro non è una visione che rappresenta il disegno del futuro. L’unico riferimento alla crisi ambientale è una battuta di Patrizio verso fine libro: Dio, per lui, avrebbe causato l’Apocalisse pensando:

“Vi ho dato un pianeta bellissimo e lo avete ridotto una merda”.

L’autore ha scelto la pandemia come espediente narrativo e in seguito ha cercato di sviluppare più approfonditamente nella serie (quindi post-covid) alcuni temi come quello dell’eredità culturale e del conservare la memoria dopo la catastrofe, tipico del post-apocalittico. Rispetto alla realtà, Niccolò Ammaniti si è posto da intellettuale che riflette su qualcosa di già avvenuto – non da profeta.

La figura di Cassandra applicata ai cambiamenti climatici e all’Antropocene mi interessa molto, tanto che ho scritto un racconto per la raccolta di riscritture di miti Sei un mito 4.0 a cura di Massimo Villa (Erga) in cui la profetessa inascoltata è un’attivista che, dopo l’innalzarsi del livello marino, consapevole di un’impossibilità collettiva di affrontare razionalmente il problema oramai enorme, almeno salva se stessa ritirandosi con altri sull’Appennino e cambiando vita. Rivedo Cassandra in chi, sulla base di premesse scientifiche, vede il futuro, lo racconta e o non viene creduto o non viene interamente ascoltato dalla cultura mainstream. Quindi chiamerei profetico chiunque abbia scritto utopie, distopie o post-apocalittici scegliendo di rappresentare coscientemente possibili visioni di futuro. Bruno Arpaia, David Mitchell, autrici e autori per cui la catastrofe è anche un mezzo per ipotizzare le reazioni umane – ma questa non è la ragione primaria per cui la mettono in atto. Guido Morselli ad esempio non lo definirei profetico. Le ragioni del suo post-apocalittico, per quanto riflettano una realtà sociale, sono private, esistenziali. Questo non toglie che anche in Dissipatio H.G. ci siano scene profetiche, ad esempio quelle in cui gli animali si riappropriano degli spazi urbani di Crisopoli.

Sottolineo questo perché la pandemia di Anna non ha – almeno nel libro – un’origine chiara. La Rossa è arrivata dal Belgio e ha ucciso tutti. Peraltro non è che i bambini sono immuni, sono solo portatori sani. Non aiuta pensare che il covid abbia funzionato come la pandemia di Ammaniti. Il cambiamento climatico e la perdita degli habitat, di cui nella storia non si parla, notoriamente cambiano le interazioni fra esseri umani e altri animali – interazioni anche a livello di germi. E vari studi hanno dimostrato come la cattiva qualità dell’aria agevoli la cattiveria del virus. In questa intervista in inglese, il Dr. Aaron Bernstein di Harvard è molto chiaro riguardo al rapporto fra l’aumento del rischio di pandemie e l’Antropocene. Le Cassandre della ricerca scientifica paventano conseguenze simili da circa la metà degli anni Duemila. E quelle stesse Cassandre dicono che se non interveniamo in maniera veloce ed effettiva sul nostro sistema, di pandemie potrebbero venirne altre e peggiori. La nostra pandemia non è piovuta dal cielo perché uno scrittore divino voleva vedere come avremmo reagito, meno che meno è stata inaspettata.

Cassandra rappresenta la tipologia peggiore di profeta, il poeta disinserito e frustrato perché nessuno lo ascolta. Prima del covid, seppure certe previsioni fossero note, rendere la società più resiliente alle avversità del futuro non era una priorità. Mi chiedo seriamente se lo sia adesso.

Detto questo, Anna è un bel racconto, e il fatto che non abbia previsto la pandemia da covid-19 non ne scalfisce il potere narrativo o le speculazioni sul mondo pre-adolescenziale senza adulti. Il mio è più un fastidio per il claim della serie quando fa riferimento al libro: va a finire che, post-covid, è profetico perfino il mondo di soli bambini di Cittagazze in La lama sottile di Philip Pullman. Massima stima invece per Niccolò Ammaniti e per la sua mente aperta a generi poco frequentati e a media per cui la diffidenza generale è ancora alta come i videogiochi. Segnalo inoltre che anche Nicola Barin qua su Rewriters ha scritto su Anna (la serie) usando le parole “curiosa preveggenza” però poi ha sorvolato subito, centrando invece il focus dell’opera: il mondo pre-adolescenziale.

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