“C’era una volta… – un Re! – diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno”.

Così incomincia la storia di un piccolo grande personaggio, che tutti conoscono ma in cui pochi si ritrovano. Si tratta di Pinocchio: burattino, aspirante bambino, desideroso di libertà e poco incline alla fatica. Una cosa bisogna ricordarla subito: Carlo Collodi, il suo creatore, è un genio, e noi italiani dobbiamo essere fieri di lui. Ha saputo raccontare tramite un unico personaggio, per di più di legno, la storia di ogni essere umano. 

Una rapida analisi vede in Pinocchio un burattino che odia la scuola e disubbidisce continuamente al padre, finendo per questo più volte nei pasticci. A un certo punto, dopo una serie di vicende, capisce e trova la forza di maturare. Come la trova questa forza? E soprattutto, per chi la trova? Già solo queste due domande implicano una lettura molto più intensa, che mostra quanto questa storia sia ricca, ricchissima di vita. Troppo grande per essere ridotta a meri scopi didattici. Perché non c’è scopo in Collodi: è racconto puro e, per questo, eterno. Se in un’opera si pone uno scopo e i mezzi per raggiungerlo, la si rende compiuta, finita. Non più immortale. Non si tratta, dunque, di trovare uno scopo, ma un senso. È tramite esso che l’opera rimane immortale: l’essere umano nei secoli continua a domandarla, a cercarne il perché tra i mille che cela, nell’attesa che qualcuno li colga. 

Il senso rivelatosi a me personalmente, dietro questa storia, è proprio nel momento in cui quella testa di legno di Pinocchio decide di voler crescere. Ad un certo punto non è più forzato, non si sente più costretto nella sua realtà: sceglie di accettarla e crescerci dentro. Com’è possibile ciò? Cosa lo ha spinto a cambiare, o meglio, chi l’ha spinto? Suo padre: colui che l’ha creato e da cui è inizialmente fuggito per cercare una vita migliore. 

Pinocchio nasce dalle mani abili di Geppetto che, desideroso di voler avere un burattino con cui girare il mondo per guadagnarsi qualche soldo, va dal suo amico mastro Ciliegia chiedendogli un pezzo di legno. Geppetto non poteva immaginare che il semplice burattino da lui fabbricato, potesse diventare la sua occasione di essere padre

Pinocchio, da quando viene al mondo, ha da subito una fame insaziabile. Niente però di quello che Geppetto gli offre è abbastanza: lui ha più fame. Fame di vita. Così tanta da non poter stare fermo, da non poter aspettare, da dover andare a cercare da sé il cibo che più gli vada a genio, la vita che più gli si addica. Questa vita che tanto desidera deve avere due caratteristiche: che sia libera e priva di fatica. In nome di questa libertà tanto bramata, finisce sempre per diventare prigioniero di qualcuno, rischiando ogni volta la morte. Prima con Mangiafuoco, poi con il Gatto e la Volpe, da ultimo finendo veramente in prigione e, dulcis in fundo, nello stomaco di un pescecane. Tutte queste disavventure hanno in comune l’illusione con cui Pinocchio le affronta: quella di poter vivere una vita ricca e bella, senza faticare un solo giorno. In nome di questa libertà utopica, finisce per diventare schiavo di coloro che gliela promettono. 

C’è una cosa, però, che da sempre lo contraddistingue: il suo cuore immenso. Pinocchio ha in sé un desiderio grande di compiere il bene per far felice sia suo padre che la fatina dai capelli turchini, che tanto profuma di mamma. Ci riesce spesso, diventando addirittura il più bravo della classe, ma ogni volta c’è qualcosa dentro di lui che manca, che non lo fa sentire completamente libero. Alla prima occasione scappa di nuovo, continuando a cercare qualcosa che lo colmi per renderlo finalmente sazio. Alla fine, l’occasione che gli si presenta davanti è il massimo della libertà a cui un bambino possa aspirare: un luogo in cui non esistono doveri ma soltanto piaceri, in cui la scuola è abolita e il divertimento l’unica scelta possibile. Il famoso Paese dei Balocchi

Dopo quest’avventura, come sappiamo, Pinocchio tocca proprio il fondo: diventa un asino e viene venduto. Il desiderio di una vita da bambino libero lascia il posto alla realtà di una vita da animale, utile solo per il lavoro. Tutto quello da cui Pinocchio ha sempre cercato di fuggire, ovvero la fatica e il duro sforzo, è diventato all’improvviso la sua pelle: una pelle d’asino. Appena, infatti, rimane zoppo, diventa inutile e il suo padrone decide di sbarazzarsene. Ma una volta buttato in mare, i pesci iniziano a morderne il pelo, lasciando solo lo scheletro… cioè il legno! Pinocchio, tornato burattino, inizia a nuotare, finché un enorme pescecane non lo divora. 

È proprio lì che Pinocchio incontra l’unica persona capace di sfamare finalmente il suo cuore: il padre. Quando lo rivede, capisce che per tutto quel tempo è stato combattuto tra due grandi desideri che lo dividevano dentro, impedendogli di essere pienamente felice: essere libero e ritrovare suo padre. Mai avrebbe pensato che l’uno fosse la conseguenza dell’altro. Eppure, da quel momento, Pinocchio smette davvero di cercare altro cibo, altra felicità. Porta il padre, ormai anziano, fuori dalla bocca del pescecane e inizia a nuotare per condurlo a riva. Quella sera il mare è finalmente calmo e il cielo sopra di loro stracolmo di stelle… Pinocchio è in pace. Torna ad essere figlio, poichè capisce che è l’unica maniera per essere libero. Decide di crescere per suo padre, per occuparsi di lui – e tutto questo lo fa in completa gratitudine, senza che nessuno venga a chiederglielo. Capisce che il padre gli ha offerto in dono la libertà, dandogli la possibilità di essere figlio, e lui vuole ringraziarlo, ridandogli la possibilità di essere padre. Da quel giorno, infatti, i due sono inseparabili: Pinocchio sceglie di trovare un lavoro, di studiare, di occuparsi del babbo… tutti quei buoni propositi che tanto voleva realizzare, ma di cui non trovava mai la ragione per compierli pienamente nella gioia. Il compimento massimo lo raggiunge nel momento in cui si sveglia una mattina e trova, in un angolo, il corpo inerme di un burattino. Lì capisce di essere diventato figlio di un padre talmente grande da esser stato capace di tirar fuori, da un pezzo di legno che nessuno voleva, la vita che tutti desiderano. 

(Illustrazione di Hermine de Clauzade)

Edizione del libro consigliata: C. Collodi, Le avventure di Pinocchio, con intr. di B. Masini, Fanucci Editore, Roma 2013.

Film consigliato: Pinocchio (2019), di M. Garrone.

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