Sono positiva. E sono in quarantena forzata. Non parlo mai di me nei miei articoli, ma questo isolamento obbligato mi ha messo di fronte ad uno specchio, o meglio ad una finestra. Dalla mia finestra vedo le camere di un albergo e sguardi di persone che non rivedrò mai più, dalla mia finestra vedo un cancello pitturato, dalla mia finestra vedo crepes al cioccolato, dalla mia finestra vedo una lotta disperata contro la pandemia.

In un contesto che richiede sempre maggiore cooperazione internazionale e solidarietà globale, insieme a responsabilità e buon senso individuali. E mentre guardo i dati, le analisi e le previsioni, qual è il dono preferito nell’oroscopo del nuovo anno? Salute, amore o lavoro? Quale cambiamento e trasformazione ci attende, per un diverso e migliore approccio alla vita? Una silente malinconia sembra aver raffreddato un po’ tutto, in questi ultimi due anni. Progetti, desideri e relazioni.

Mentre ci lasciamo alle spalle un apatico 2021, non escludiamo la speranza di vedere, nel 2022, una donna capo dello Stato. Tra un vaccino e l’altro abbiamo, almeno, maturato una consapevolezza critica per una necessaria maggiore presenza femminile nei temi strategici della ripresa nel mondo che ci attende.

Nel 2021 le donne, certamente, non sono passate inosservate: dal mondo del lavoro ai diritti umani, dalla politica alla letteratura, dall’ambiente allo sport, dall’economia alla scienza, soprattutto. In questi giorni, anzi in questi mesi ormai, non sentiamo parlare d’altro che di vaccini. E allora perché non parliamo anche di chi c’è dietro a questi vaccini? Così magari ribilanciamo queste dosi eccessive di testosterone globale. Basta iniziare col citare Ilaria Capua, la straordinaria scienziata che ha reso pubblica la sequenza genica del virus dell’aviaria, e a cui è stato dedicato un film di cui parla Eugenia Romanelli in un suo recente articolo.

Ma l’elenco è lungo: da Nita Patel (responsabile per i vaccini di Novavax), passando per Özlem Türeci (scienziata cofondatrice della Biontech, la società tedesca che ha sviluppato il primo vaccino autorizzato per il Covid), sono decine le donne che hanno segnato le scoperte dei vaccini nel mondo.

Katalin Kariko (che per prima ha sviluppato la tecnologia alla base dei vaccini di maggior successo, quelli a mRNA e che ora è vicepresidente di Biontech), Lisa Jackson (che ha guidato i test del vaccino di Moderna), Melissa Moore (che ha guidato lo sviluppo della tecnologia a mRNA per Moderna), Michelle Lynn All (che ha messo a punto un algoritmo decisivo per costruire il vaccino di Moderna), Sarah Gilbert (che ha sviluppato il vaccino Astrazeneca), Chen Wei (la generalessa cinese che ha sperimentato il vaccino Cansino), June Raine (che ha dato il via libera alla distribuzione del vaccino Pfizer), fino a Heba Wali (direttrice di Vacsera, la società egiziana che sta sperimentando i vaccini cinesi). Udite, udite uomini e ringraziate queste donne!

Non è facile definire con precisione quando siano iniziate le vaccinazioni nella storia, che esistono da circa trecento anni. L’invenzione del vaccino è, però, da sempre attribuita a Edward Jenner, medico britannico considerato padre dell’immunizzazione.

Tuttavia, a introdurre la prima immunizzazione dal vaiolo fu Lady Mary Wortley Montagu, una donna modernissima per la sua epoca, ricordata per una vita avventurosa, in cui intrecciò amicizie con figure di primo piano come Mary Astell (una delle prime paladine dei diritti delle donne in Inghilterra) e prese decisioni difficili come quella di fuggire con il futuro marito, Edward Wortley Montagu, in seguito al rifiuto paterno di concedere il suo benestare al loro matrimonio.

Il suo contributo alla diffusione delle vaccinazioni arrivò intorno al 1717, un periodo in cui risiedeva ad Istanbul, dove ebbe modo di vedere con i propri occhi una procedura medica sviluppata in oriente, e ancora poco conosciuta in Europa: la variolizzazione, ovvero l’inoculazione di materiale prelevato dalle pustole di un paziente in fase di guarigione dal vaiolo, per rendere il soggetto inoculato più resistente a future infezioni.

Una pratica concettualmente simile alla vaccinazione, ma ben più pericolosa perché basata sull’utilizzo di un virus umano non attenuato, per indurre l’immunizzazione. Nonostante qualche pericolo, però, la variolizzazione funzionava realmente e Lady Wortley Montagu ne comprese immediatamente le potenzialità, in un periodo in cui il vaiolo uccideva decine di migliaia di persone ogni anno nella sola Inghilterra.

E dopo secoli di vaccini, nel 1986 sempre una donna, di nome Joanne Pizzino, ha brevettato una siringa doppia, per l’iniezione di due o più liquidi in un paziente in sequenza predeterminata. Velocità, velocità, velocità. Altro che belonefobia! Pare infatti che gli uomini ne siano più colpiti delle donne, nonostante queste ultime siano statisticamente più fobiche.

Ed è sempre stata una donna (Anna, una messinese di 31 anni) la prima cavia europea della somministrazione di vaccino Covid con una siringa senza ago, che funziona per velocità (non a caso) e garantisce di potersi vaccinare senza dolore. Ma forse le donne hanno più paura degli uomini che di un ago, alla fine.

Siamo ancora in piena tempesta e la casa è un rifugio dalle tempeste, da qualsiasi tipo di tempesta. Vi dirò, questa quarantena in solitaria non è poi così male. Ha il sapore assurdo della libertà, dell’indipendenza e della consapevolezza. La pazienza otterrà più della forza. E si sa, la pazienza è madre. Torneremo a vaccinarci, ma soprattutto torneremo ad amarci e a toccarci senza paura. Fino ad allora, nulla ci vieta di pensarci fortissimo (e magari di farcelo sapere).

Condividi: