In silenzio, calcolando altezze e bisettrici, tessendo le fila di una professione fino ad allora maschile.
Plautilla Bricci (1616-1705) è architettrice e pittrice, firma e realizza progetti nella capitale delle arti, com’è Roma nel Seicento, riscrittrice di linee e confini fino ad allora invalicati.

Dove puoi arrivare come donna, come professionista dell’arte e dell’architettura, dove ti puoi spingere in autonomia e dove hai bisogno invece della certezza del nome di un fratello, di un padre, di un marito che accompagni la tua opera?
Il mondo in cui Plautilla si muove è un tripudio di ingegno e cantieri, di geni e progresso. Un palcoscenico di intelligenze in cui Bernini e Borromini si contendono lo scettro dell’architettura e il consenso di papi e mecenati. Caravaggio ha da poco lasciato le scene, dopo una vita sregolata e avventurosa, che si conclude nel 1610, lontano da Roma.

Una città a tinte forti, dominata da artisti uomini ma che fa fiorire artiste come Caterina Ginnasi e Artemisia Gentileschi, pittrice che sconta la sua autonomia di pensiero e di azione pagando il prezzo con il suo buon nome, dopo il processo per stupro che affronta per chiedere giustizia contro Agostino Tassi.
É fondamentale per ognuno avere accanto qualcuno che creda in noi. Che riconosca propensioni, talenti, che intraveda percorsi e che ci lasci il tempo di scoprire quale strada percorrere nel mondo. E come, e con chi, con quale pelle, con quali occhi.

Plautilla Bricci e l’importanza di un padre
e un’amica che capiscono il suo talento

Plautilla Bricci è una bambina fortunata, nasce in un contesto in cui musica, arte, pittura sono l’essenza delle giornate della famiglia. Impara a disegnare, a progettare, ad architettare al fianco di un padre musicista e pittore che non diventerà mai celebre ma che legge in sua figlia genio e talento. E la aiuta a volare alto, più alto che può, mettendole a disposizione una rete di rapporti e di legami intellettuali che la aiuteranno a fiorire.
Niente ricamo ma pennelli, colori, scalpello e compasso per la piccola Plautilla, che cresce insieme al fratello Basilio nel mondo coinvolgente degli atelier degli artisti romani e stranieri, tra via Margutta e il Tridente, sotto Villa Medici.

Per cambiare la storia bisogna aprire un varco, passarci attraverso e donare il testimone a chi verrà dopo. Ma senza rete non è possibile. Perché solo costruendo una rete elastica di sorellanza e condivisione ci si può sostenere e lanciare in alto, senza paura di cadere.

È quello che accade a Plautilla Bricci: trova un’amica pronta a lanciarla in alto.
Tante sono le giovani costrette a prendere il velo, nonostante il desiderio di vivere fuori dal convento. Una di queste è Maria Eufrasia Benedetti, monaca carmelitana ma pittrice nell’animo, che interviene per aprire un varco alla giovane Bricci. È sorella di Elpidio Benedetti, segretario del cardinale Mazzarino a Parigi, tornato a Roma negli anni Trenta del Seicento con l’incarico di individuare artisti a cui commissionare opere per la corte francese.

Eufrasia segnala Plautilla a Elpidio, che torna da un contesto diverso dalla Roma seicentesca, in cui ancora ridonda lo scandalo del processo per stupro ad Artemisia. Parigi è in quegli anni il regno indiscusso di pensatrici come Marie De Gournay, filosofa che scrive di uguaglianza tra i sessi, e Madeleine de Scudéry, scrittrice che anima salotti intellettuali. É la città in cui le sovrane Maria de’ Medici, madre di Luigi XIII e poi Anna d’Austria, madre di Luigi XIV, esercitano – prima l’una e poi l’altra – la reggenza al posto del proprio figlio ancora bambino. Un mondo in cui le donne detengono potere.

Iniziano molte commissioni di opere pittoriche, Plautillla dipinge per la corte francese, per i Barberini, per Antonio Degli Effetti, il suo nome vola. Nel 1663 Elpidio Benedetti le commissiona un lavoro inaspettato. Non un dipinto ma una villa da costruire sull’Aurelia Antica, a ridosso di Porta San Pancrazio.
Così Plautilla Bricci realizza Villa Benedetta, detta del Vascello per la sua forma, insieme al fratello Basilio, la cui firma rafforza la sua – esattamente come avviene per il restauro del palazzo Testa Piccolomini a Montecavallo, anch’esso firmato da sorella e fratello.

É ormai architettrice di fama e firma progetti. Anni dopo, entra tra gli accademici della prestigiosa Accademia di San Luca per la classe della pittura, al fianco di Caterina Ginnasi, evento affatto scontato per artisti di chiara fama e ancora più inusuale per una artista donna. Vive una vita lunga, da artista poliedrica così come era stata cresciuta, tra colori, pennelli, scalpello e compasso. Non prende mai i voti, rimane donna libera, artista.

Le storie da raccontare e da disegnare saltano fuori nei modi più inaspettati, da una chiacchiera con le amiche, dalle letture, dalla radio, da un regalo. Mi sono appassionata così a Plautilla Bricci, leggendo il libro di Melania Mazzucco, l’Architettrice, che mia madre mi ha regalato un paio di anni fa. Oggi una bella mostra la racconta a Palazzo Barberini Corsini (Roma) fino al 19 aprile 2022.

Incrociare la vita di Plautilla ha fatto riflettere. Gae Aulenti, Zaha Hadid, Odile Decq, grandi architettrici contemporanee, hanno riplasmato i luoghi in cui ci muoviamo, dove respiriamo arte, dove cerchiamo ispirazione. Penso al Macro di Odile Decq, al Maxxi di Zaha Hadid, alle Scuderie del Quirinale restaurate da Gae Aulenti.
Plautilla Bricci è presente in ogni firma, in ogni progetto che si afferma dalle intelligenze di donne che non hanno ceduto a un ruolo di secondo piano, quando potevano essere stelle. Una stella del Seicento o un’Archistar di oggi.

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