La Guerra è sempre stato l’evento più sbagliato possibile. La Seconda Guerra Mondiale, con l’aggiunta dell’Olocausto, ha raggiunto abissi così profondamente sbagliati che doverlo ribadire è quasi offensivo, ma utile, visto che la percezione della sua gravità rischia di sbiadire, rendendo necessari eventi come il Giorno della memoria ogni 27 gennaio. L’Olocausto ha un simbolo, una testimonial involontaria, ed è una ragazzina di nome Anna Frank che ha scritto il suo diario senza però avere il tempo di diventare una donna.

Nonostante sia appena trascorsa l’ennesima giornata di memoria, dovremmo ricordare una storia che è ancora a molti sconosciuta: la storia del campo di concentramento di Ravensbrück, un campo destinato alle donne con lo scopo di eliminare tutte quelle non conformi. In questo campo di prigionia dal 1939 al 1945 passarono 130mila donne provenienti da venti nazioni diverse (Italia, Austria, Polonia, Francia, Russia, ecc.); si stima che ci furono circa 92mila vittime, di cui solo il 10% ebree. Il campo di concentramento di Ravensbrück fu progettato con lo scopo di eliminare le donne giudicate inutili: lesbiche, rom, prostitute, prigioniere politiche, disabili e tutte le donne ritenute non conformi al regime di Hitler.

All’interno di questo campo di concentramento il Professor Clauberg inventò un metodo per sterilizzare le donne senza sottoporle ad intervento chirurgico o all’azione dei raggi X, ma con l’introduzione nell’utero, con l’uso di una siringa, di sostanze irritanti a base di nitrato d’argento misto a sostanze radiologiche. Per una sterilizzazione definitiva, però, il liquido doveva essere iniettato ben tre volte e questo provocava dolori intensissimi ed emorragie diffuse ai genitali, tanto che le detenute gridavano disperatamente. Una volta scese dal lettino, subito dopo il piccolo intervento sterilizzante, le donne, sotto la minaccia di venire uccise all’istante, dovevano camminare diritte, uscire cantando e non parlare di quanto accaduto con le compagne. Il giorno seguente, sempre perdendo sangue, queste donne erano costrette ad essere presenti agli appelli, ciascuno dei quali durava due/tre ore, all’alba e al tramonto, durante i quali erano obbligate a rimanere in piedi. Molte morivano e venivano subito cremate. Le più gravi prima di partire, presagendo il loro destino, cercavano di lasciare qualche messaggio o almeno il loro nome alle compagne anziane e a quelle che non dovevano essere sterilizzate.

Soltanto alcune voci di donne, colte fra testimonianza e trasmissione privata o pubblica della memoria, hanno espresso e sottolineato il significativo vissuto umano legato a questo aspetto della vita femminile spesso considerato irrilevante dalla ricerca storiografica. Forse è per questo motivo che a brevettare il registratore è stata proprio una donna, Marie Vergnolle, nel 1973: un sistema di memoria ottica, atto a memorizzare, cancellare e visualizzare dati sotto forma di tracce luminose visualizzate sullo schermo di un tubo a raggi catodici.

Se si tratta di ricordare meglio i dettagli riguardanti eventi personali infatti, le donne, rispetto agli uomini, sembrerebbero essere un passo avanti. A renderlo noto è uno studio condotto dai ricercatori del Karolinska Institutet, che ha messo a confronto la memoria episodica di maschi e femmine nel ricordare accadimenti relativi alla propria vita quotidiana. I risultati del lavoro, pubblicati sul Psychological Bulletin, evidenziano performance migliori nelle donne, soprattutto in alcune particolari circostanze. Secondo quanto osservato dai ricercatori, la maggiore capacità mostrata dalle donne riguarderebbe soprattutto le informazioni verbali, quindi specifici dettagli di una conversazione o una frase pronunciata in una certa circostanza, la posizione di un oggetto, i film, ma anche facce, odori, sapori e colori.

Forse lo sapeva già nel 1964 Hendrix Gertrude quando ha brevettato una variante del Domino (gioco di memoria, e non sarà un caso se ha scelto di chiamarlo proprio così) come metodo di insegnamento del concetto di numero naturale e, quindi, di ricordo.

Ricordare, per impedire che si ripeta.

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