ll 3 dicembre, sin dal 1981, l’Assemblea generale dell’ONU ha istituito la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, una giornata che deve ricordarci l’importanza di valorizzare ogni individuo e di abbattere le barriere che limitano diritti imprescindibili.

Nel 2019, in occasione di questa ricorrenza, è stato organizzato un convegno a Pisa per palare di Donne e disabilità. Essere donna e contemporaneamente disabile significa sommare nella propria persona due fattori, purtroppo, ancora discriminanti. La donna con disabilità è soggetta a minori opportunità cui sono soggette tutte le donne e, in quanto persona con disabilità, dovrà fare i conti con le numerose barriere che ancora precludono o limitano il godimento dei diritti e la partecipazione sociale.
Una discriminazione multipla, dunque, che interessa molti ambiti della loro vita, e che può essere contrastata efficacemente solo considerando insieme la variabile del genere e quella della disabilità.

I dati, attuali e non solo, ci dicono che le donne disabili trovano con più difficoltà lavoro, spesso devono rinunciare al desiderio di maternità e, in generale, subiscono più discriminazione rispetto agli uomini disabili. Le donne con disabilità sono invisibili perché le politiche di genere non influenzano la loro condizione e le politiche sulla disabilità non tengono conto del genere; non sono mai considerate in relazione alla femminilità, alla maternità, alla genitorialità, alla bellezza; detengono il più alto tasso di non impiego e sono più spesso escluse dai sistemi educativi; sono normalmente dissuase dall’avere figli; è loro il più alto tasso di violenze ed abusi subiti, in special modo le donne con malattie psichiatriche, intellettive e con disabilità sensoriali.

Eppure, quando ho avuto l’onore di condividere la premiazione a Bebe Vio come Rewriters 2020, insieme ad Eugenia Romanelli e Sabrina Alfonsi, vi posso assicurare che la disabilità stava negli occhi di ci guardava e non negli arti di quella ragazza fantastica che, a soli 23 anni, è una forza della natura, una fonte di ispirazione per tutte le bambine del mondo. Per noi è un’inventrice, non solo perché rappresenta una soluzione oggettiva a problemi tecnici, ma soprattutto una soluzione a problemi umani e sociali. Per noi è una ri-scrittrice dell’immagine di uno sport come la scherma, che insegna alle donne a combattere e agli uomini ad essere gentili. Frutto delle sue mani e dell’Associazione art4sport che rappresenta.

Una donna si rialza sempre, con o senza le sue gambe. Non a caso nel 1928 Catherine Cottman ha brevettato il primo sistema per migliorare il sollevamento e lo spostamento di una persona invalida, per intenderci il comune deambulatore o meglio conosciuto come girello. Ma se il livello di disabilità non permette neanche la possibilità di alzarsi dal letto, ci ha pensato Margaret Flatley, nel 1953, a brevettare un sistema per il sollevamento di una persona allettata, con lo scopo, ad esempio, di cambiare le lenzuola o per qualsivoglia motivo.

Cenerentola, la Sirenetta, Pocahontas… tutti conoscono le eroine del mondo Disney, modelli ideali di grazia, bellezza e leggiadria, le principesse dei sogni delle più piccole da generazioni. Che effetto vi farebbe vederle ritratte senza un braccio, in carrozzina o con una protesi alla gamba? Le adorereste ancora? O la loro disabilità vi creerebbe imbarazzo, disagio? È la stessa domanda che si è posto AleXandro Palombo prima di ritrarre con queste fattezze le celeberrime protagoniste di tanti libri e film di successo, nel suo blog Humor Chic.

La cooperativa sociale Stranaidea di Torino ha realizzato un progetto teatrale dal titolo Se Cenerentola arrivasse in carrozzina?, in cui Il cambiamento di prospettiva ha permesso alla persona disabile di vedersi riconosciuta come tecnico competente che mette a disposizione le proprie capacità, modificando la percezione del proprio ruolo sociale e aumentando la propria autostima.

Sicuramente a questa Cenerentola avrebbe fatto molto comodo il primo calzascarpe per disabili, brevettato nel 1980 da Marie Nelson, così forse sarebbe riuscita a fare le scarpe al Principe.

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