Cosa ha a che fare il dibattito politico sul Green Pass e quello sul DDL Zan e, più genericamente, sulla difesa dei diritti della comunità LGBTQ? Apparentemente nulla, ma invece no.
Questo pezzo nasce da una riflessione che prende spunto da uno spiacevole scambio di messaggi tra me e un amico che mi ha chiesto di supportare la sua battaglia sulla libertà di scelta di non vaccinarsi contro il Covid-19, perché, cito a memoria “in quanto non vaccinato, appartengo ad una minoranza, e come tale sono discriminato”; pertanto si rammaricava di come io, attiva nella difesa dei diritti lgbtq, non avessi la stessa sensibilità nei confronti di questa sua posizione.
Questo episodio mi ha colpito, tanto da farlo sedimentare nella mia mente prima di condividerlo su questo blog, perché diverse sono le riflessioni che mi sento di fare.
La prima, forse la più evidente, è l’obbligatorietà al sostegno reciproco. Non si combattono le battaglie degli altri e con gli altri per avere soldati al nostro fianco quando saremo noi a dover combattere. Questo può essere un augurio, una speranza di condivisione profonda con le persone che scegliamo per percorrere un pezzo di strada insieme, ma non una certezza. Se sposi la mia causa per l’allargamento del perimetro dei reati d’odio anche per motivi derivanti dal sesso o dal genere, io ti ringrazio ma non mi sento in debito.
L’identità non è una libera scelta
La seconda riflessione, forse la più profonda e quella che mi ha turbata maggiormente, è la mancata comprensione di una differenza netta tra i due casi. La scelta di non vaccinarsi, senza entrare neppure nel merito della questione, è, appunto, una scelta; e quindi di per se stessa implica la possibilità di individuare, in mezzo ad un ventaglio di opportunità, quella che in questo caso riteniamo più giusta per noi. Nessuno ti inserisce inoltre in una minoranza, visto che non si parla di obbligo vaccinale per ottenere il Green Pass necessario in alcune situazioni, al massimo scegli di stare in un gruppo numericamente meno numeroso, ma lo scegli tu, in totale libertà.
La mia identità, sia essa sessuale o di genere, invece non implica alcuna scelta, essa è essenza, immutabile.
E per quanto la vita ci metterà di fronte a miriadi di scelte, la nostra identità non rientrerà mai nel novero di queste. Ci sarà al massimo consentito di scegliere se vivere senza paura o di nascosto, se vergognarci o esporci, se combattere o arrenderci ma non certamente se essere o no ciò che siamo.
Posto quindi il piano diverso su cui si muovono le due libertà, mi sono chiesta come sia possibile anche solo averle messe a confronto e ho trovato un’unica spiegazione possibile, per quanto io la credessi ormai obsoleta. L’omosessualità è ancora considerata una scelta. Nell’inconscio, nel profondo di chi vede minata la propria libertà di scegliere questo piuttosto che quello, scatta un meccanismo di difesa per il quale “perché tu sì e io no”; perché tu puoi scegliere se essere gay e io non posso scegliere di non essere vaccinato. Eppure esistono altre condizioni che definiscono chi sei senza che la vita ti abbia concesso alcuna scelta. La mia libertà di essere vale davvero quanto la tua libertà di scegliere? Io credo di no. E lo credo non perché questo episodio ha coinvolto il mio essere parte della comunità LGBTQ, bensì perché i piani su cui si pongono le questioni sono molto diversi.
Il primo è un caso in sottrazione, vivere nella paura di essere se stessi toglie senso alla vita stessa, e i casi di cronaca purtroppo lo dimostrano ogni giorno.
Nel secondo caso invece essere liberi di scegliere se fare o non fare qualcosa, nello specifico il vaccino, aggiunge una possibilità alla tua vita, tanto che la tua scelta potrebbe persino influire in maniera piuttosto determinante sulla vita degli altri, magari di quelli che una scelta non ce l’hanno, vedi soggetti fragili o immunodepressi.
E questo è il terzo punto di riflessione. Ammesso e non concesso che quella dell’identità sessuale e di genere fosse una scelta, e ribadisco che non lo è, sarebbe comunque una scelta personale che non influenzerebbe in alcun modo la sopravvivenza del resto delle persone e soprattutto non potrebbe farlo a loro insaputa.
Le libertà non sono tutte uguali
Continuo a pensare che le libertà non siano tutte uguali e che, per quanto vadano tutelate il più possibile, occorre farlo con una gerarchia ben precisa. Lamentarsi di una discriminazione che nei fatti non c’è ma che, anche qualora ci fosse, sarebbe facilmente risolvibile modificando la propria scelta, dà un po’ il valore alla scelta stessa, tanto che dalla notizia dell’istituzione del Green Pass il numero di vaccini ha avuto una forte impennata.
Vi lascio, come di consueto, con uno spunto: una serie TV un po’ cupa per questo cielo agostano, The Handmaid’s Tale, ma anche una serie dove forse, paradossalmente, ogni tipo di differenza, sia essa ontologica o sia essa dovuta a una scelta, è parimenti punita, osteggiata, umiliata. Una serie dove tutte le libertà sono dunque parimenti messe a tacere, appunto perché non vi è nessuna libertà, nemmeno quella della legittima differenza fra una libertà ed un’altra.
Cara Barbara, ti rispondo sul tuo blog in quanto diretto interessato (l’amico critico, quello dello scambio di messaggi) e lo faccio affinché il dissenso porti un contributo alla riflessione, come è sano e giusto che sia in una società democratica. Ti ho scritto che, da non vaccinato, appartengo ad una minoranza e, come tale, mi sento discriminato. Ho aggiunto che mi sarebbe piaciuto che, come ho sempre combattuto contro le discriminazioni delle altre minoranze, qualcuno combattesse per la mia. Non mi sono rammaricato apertamente del fatto che tu, attiva nella difesa dei diritti lgbtq, non avessi la stessa sensibilità nei confronti della mia posizione, ma è vero: mi dispiace che tu non lo abbia fatto. Ora, come tu hai sviluppato le tue riflessioni, replico con le mie, e come tu hai messo in luce i presunti lati deboli del mio ragionamento, mi permetto di farlo con i tuoi.
In primo luogo, censuri quella che definisci l’obbligatorietà al sostegno reciproco, precisando che “Non si combattono le battaglie degli altri e con gli altri per avere soldati al nostro fianco quando saremo noi a dover combattere”. Hai ragione, ma io questo non l’ho fatto: mi attribuisci in modo strumentale un pensiero che non ho mai avuto, né potevo avere. Tutte le volte in cui, da quando ti conosco, ho difeso il tuo sacrosanto diritto a vivere liberamente tua vita da omosessuale, come io vivevo la mia da etero, l’ho fatto con sincera convinzione e non certo pensando al giorno in cui mi sono trovato a sperare che tu difendessi la mia causa di non dovermi munire di un documento per cenare all’interno di un ristorante. Logicamente e cronologicamente il pensiero opportunista di un do ut des, che mi attribuisci, non sta in piedi – non può stare in piedi – e questo è il primo rimarchevole errore del tuo argomentare.
Insomma, io non pretendevo che tu difendessi la mia causa (che prima neppure esisteva) e mai ho sperato in un ritorno quando difendevo la tua; piuttosto confidavo che avessimo la stessa sensibilità in termini di libertà e, invece, ho scoperto che non è così.
Continui la tua riflessione sostenendo che la scelta di non vaccinarsi (senza entrare nel merito della questione) “è, appunto, una scelta; e quindi di per se stessa implica la possibilità di individuare, in mezzo ad un ventaglio di opportunità, quella che in questo caso riteniamo più giusta per noi”. Sostieni che nessuno mi inserisce per questo in una minoranza, mentre la tua identità, sia essa sessuale o di genere, non implica alcuna scelta, “essa è essenza, immutabile”. Ora, come tu non vuoi entrare nel merito della questione circa la scelta di non vaccinarsi, io non voglio entrare nel merito della questione se l’omosessualità sia una necessità o una scelta. Non voglio scendere in questo terreno fangoso, trovando inutile la distinzione, laddove ritengo semplicemente che vivere la propria sessualità sia un diritto insindacabile. Mi pare che il tuo cavillare sui concetti di scelta e/o di necessità divenga una sterile battaglia di retroguardia, che può nuocere alla tua stessa causa: invece, affermerei semplicemente il tuo diritto ad amare chi vuoi, a prescindere da ogni scelta e/o necessità (perché potresti anche essere lesbica oggi ed etero domani, e sarebbero comunque solo fatti tuoi). Allo stesso modo, io ho il diritto di gestire come voglio la mia salute, almeno fin quando una legge non interviene a sancire un obbligo vaccinale.
Sul punto, l’aspetto debole del tuo ragionamento è reso palese dall’affermazione per cui le libertà non sono tutte uguali e, per quanto vadano tutelate il più possibile, occorre farlo con una gerarchia ben precisa. Scrivi che “Lamentarsi di una discriminazione che nei fatti non c’è ma che, anche qualora ci fosse, sarebbe facilmente risolvibile modificando la propria scelta, dà un po’ il valore alla scelta stessa”. Così, secondo te, mentre l’omosessuale non può “scegliere” ed è necessitato rispetto alla propria inclinazione, chi invece si sente discriminato per una convinzione, in fondo, basta che la cambi. Quindi, secondo te, un antifascista poteva facilmente diventare fascista, piegando il capo, o un cristiano in uno Stato islamico integralista potrebbe rinnegare la propria religione, per accettare quella imposta dal regime. Forse non hai soppesato bene le parole, quando hai scritto che tutto sarebbe risolvibile “modificando la propria scelta”, perché tanti uomini e donne si sono fatti uccidere proprio per non modificare le proprie scelte, e non è detto che tutte quelle “scelte” fossero meno importanti della tua “necessità” di essere chi sei. Certo, potesti ribattere che oggi difendere il diritto di rifiutare un vaccino valga assai meno di essere antifascisti oppure di professare una religione, ma ricorda che è pericolosissimo creare delle gerarchie tra le libertà: facendolo, ti arroghi il potere di classificare le idee in base alla loro presunta dignità e, di fatto, crei l’anticamera di quel mondo orwelliano in cui tutti sono uguali, ma alcuni sono più uguali degli altri.
Al contrario, credo che, per essere sicura di vivere domani nel mondo che vorresti, dovresti lottare non per le battaglie relative alla libertà tua e del tuo gruppo di appartenenza, ma per quelle relative alle libertà degli altri, anche di quelle libertà lontane, o in apparenza “minori”, in cui non ti riconosci immediatamente. Io ho sempre cercato di difendere i diritti che non mi riguardavano, partendo dall’intuizione che la nostra vera libertà può esprimersi solo in un mondo autenticamente libero per tutti.
Il tuo amico
A.