“Il Carcano, il teatro più antico della città dopo il Teatro alla Scala, volta pagina, rilanciando con convinzione il lavoro della scena, ponendosi in ascolto delle esigenze della comunità, rivendicando il ruolo centrale delle donne, puntando sulla necessità della condivisione sociale, immaginando una programmazione capace di coinvolgere nuovi pubblici e di formulare pensieri altri….”. Così recita il frontespizio della pagina introduttiva del teatro stesso, ne parliamo con un’artista eccellente, che al teatro ha dedicato la sua vita: Serena Sinigaglia.

La direzione del teatro Carcano sarà femminile e plurima: vorremmo sentircela raccontare da Serena Sinigaglia in persona!
La direzione sarà condivisa tra me, Lella Costa e Mariangela Piturru (che, nonostante il cognome, è milanese come me e Lella). Non ho mai amato il concetto dell’uno solo al potere. Ho sempre pensato che per fare meglio occorra essere più teste e più esperienze. Noi è di più che non io, diceva un partigiano. Quant’è vero!
Il potere, per quanto piccolo, per quanto marginale, è pur sempre potere. Non essere da soli nell’esercitarlo significa limitare i danni, ampliare le possibilità e superare i propri limiti.


In Italia il teatro sembra essere sempre più donna: come?
Davvero? A me non sembra. Ancora pochissimi teatri e luoghi di cultura in genere presentano dirigenti donna. La percentuale di impiego in ogni settore pubblico e privato pende nettamente a favore degli uomini. Forse se parliamo del pubblico, allora, beh, sì, lì le statistiche si ribaltano: più spettatrici, più lettrici, insomma le donne fanno uso quotidiano di cultura.
Detto questo, non insisterei sul dibattito di genere. Certo, è importante fintanto che esisteranno queste sproporzioni, però, per quanto mi riguarda io mi penso prima di tutto come persona. Maschio o femmina che sia, voglio essere una persona, una brava persona.


Tu in particolare hai accennato al desiderio di un teatro come vita e come casa? Spiegaci meglio.
Oggi lo spettacolo, a mio avviso, non ha più senso come evento in sé. Acquista senso se è parte di un viaggio cominciato altrove e finito sul palco. Lo spettacolo è la punta dell’iceberg del lavoro teatrale, ne è il momento magari più alto e rituale ma, ripeto, è la punta dell’iceberg.
Dal palco alla strada, dalla strada al palco, un dialogo serrato tra territori e palcoscenici.
Teatro come cura dell’anima e benessere sociale.
Teatro che è l’unica arte fatta dall’essere umano, sull’essere umano, con l’essere umano, per l’essere umano, attraverso l’essere umano. L’arte dell’umanesimo per eccellenza. Dunque tutto il lavoro di laboratori, incontri, feste, dibattiti, tutto il lavoro di utilizzo del teatro come strumento di conoscenza e di costruzione di comunità, è altrettanto importante della costruzione del singolo spettacolo.
Nell’800 non era così ma nella nostra società è così per forza.


Rewriters ama narrare le riscritture: come pensano Serena Sinigaglia e le sue condirettrici, di riscrivere la relazione con i giovani artisti, la formazione, i lavoratori…?
“Riscrivere”…credo che ogni nostro atto riscriva parole che qualcuno ha già tracciato prima di noi. Il problema è il come, più che il cosa.
Il mio “come” parte dal presupposto di ascolto: a cosa serve oggi un teatro da 1000 posti? Cosa chiede il territorio che lo circonda da vicino e poi più in generale la città di Milano? Cosa manca? Ci vorrà tempo e pazienza per comprendere la via migliore e attuarla, adesso siamo appena entrate.
Però credo nell’ascolto attento e tenace, nella mediazione tra le parti, nella trasversalità degli interventi. Credo nella “durata” e nel giusto tempo.


Quello che puoi dirci del cartellone in lavorazione…
Ci saranno recuperi degli spettacoli saltati causa COVID, alcune scelte suggerite dalla precedente gestione, e infine qualche grande novità.
Per noi questa sarà una stagione di passaggio dove prendere le dovute misure e sentirci a casa. Dove cominciare a sperimentare la nostra visione.
Ovviamente all’insegna del divertimento e della qualità della proposta.


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