E’ passato un anno dall’invasione russa in Ucraina. Le vittime civili e militari di questa scellerata guerra sono molte decine di migliaia. Milioni gli sfollati. La distruzione e l’orrore hanno spezzato vite e storie e la minaccia dell’allargamento della guerra pesa su tutti.

La sospensione da parte della Russia del trattato New START che impegna(va) gli Stati Uniti e la Russia alla progressiva riduzione degli armamenti nucleari è l’ennesimo scivolone verso la mezzanotte dell’Orologio dell’Apocalisse, quell’iniziativa ideata nel 1947 dagli scienziati della rivista Bulletin of the Atomic Scientists per misurare quanto siamo vicini alla possibilità della guerra nucleare, che adesso viene posta a soli 90 secondi dallo scoccare della catastrofe.

“Che fare dunque? Da che punto incominciare?” scriveva Gramsci nel 1923 a proposito della situazione all’indomani della presa violenta del potere da parte del fascismo. Sono le stesse domande cui siamo davanti oggi, cittadini apparentemente impotenti, relegati al massimo o a lontani sostenitori del legittimo diritto alla difesa del popolo ucraino contro l’invasore russo e dunque del sostegno militare offerto dai nostri governi a quello ucraino, oppure, dall’altra parte della barricata, ad assertori delle concause passate e presenti che Stati Uniti e paesi NATO hanno messo in campo se non per innescare almeno per non evitare quanto è accaduto e sta accadendo.

Un’impasse che ogni giorno ci precipita sempre più vicini alla mezzanotte, sempre più esposti all’assurdità della politica della deterrenza nucleare, che ben lungi dall’averci protetto ha invece costantemente consentito, come in questo caso, l’esercizio delle guerre a varia scala, esponendo l’umanità al rischio di quella nucleare.

Per comprendere da dove iniziare è necessario trovare delle priorità: e la priorità oggi è nel costruire urgentemente un forte movimento popolare internazionale che richieda fermamente il disarmo nucleare totale. Gli strumenti ci sono.

Nel 2017 l’Assemblea delle Nazioni Unite ha adottato il Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) che vieta l’uso delle bombe atomiche, la loro detenzione, produzione, acquisizione e anche solo la minaccia di impiegarle. Il trattato vige dal 2021 dopo la ratifica da parte del 50° Stato, ma l’Italia, come tutti gli Stati che posseggono armi nucleari o ne sono alleati, ancora non ha ratificato il trattato.

Noi possiamo partire da qui, pretendendo che l’Italia firmi, e con questo che vengano contestualmente bandite le testate nucleari che sono presenti sul nostro suolo (illegalmente, visto che l’Italia non potrebbe ospitarne in quanto Paese non nucleare secondo l’art. 2 del Trattato di Non Proliferazione TNP, che recita “Each non-nuclear-weapon State Party to the Treaty undertakes not to receive the transfer from any transferor whatsoever of nuclear weapons or other nuclear explosive devices or of control over such weapons or explosive devices directly, or indirectly”) nelle basi NATO di Aviano e di Ghedi e che peraltro, ben lungi dal difenderci, ci identificano come potenziali bersagli di eventuali attacchi.

E bisogna subito premere per l’esercizio del buon senso. Daisaku Ikeda in un suo recentissimo e accorato appello alla comunità internazionale pubblicato l’11 gennaio sul quotidiano giapponese Seikyo Shimbun, chiede a gran voce che quel principio di non primo uso delle armi nucleari, fortunatamente sin oggi praticato de facto, sia adesso, come misura minima sulla strada del disarmo totale, esplicitamente adottato e sottoscritto dalle potenze nucleari in campo sotto la spinta della richiesta di noi cittadini del mondo, che per nessun motivo siamo disposti ad essere corresponsabili dell’inizio di una guerra nucleare, né a causare o ad essere tra i milioni e milioni di vittime che ne conseguirebbero, né ad avvelenare per tempo incalcolabile il nostro pianeta.

Spazzare via la minaccia nucleare

Non primo uso, significa togliere di mezzo la minaccia più o meno velata che le armi nucleari possano essere mai utilizzate e dunque depotenziare alla base il senso della presunta deterrenza, smantellando il senso di onnipotenza e impunità di chi aggredisce.

Da lì il passo verso la ratifica e la messa in atto del TPNW sarà più semplice. Ma dobbiamo rendercene conto, dobbiamo comprendere oggi che è possibile raggiungere questo risultato. Se ci muoviamo. Come è stato per la messa al bando delle armi chimiche e delle mine antipersona, è possibile. Solo così potremo onorare e dare un senso alle indicibili sofferenze del popolo ucraino. Solo se riusciremo insieme a spezzare la minaccia nucleare e spazzarla via dalla storia.

E’ ora di comprendere che le armi nucleari non ci difendono ma ci minacciano. E nessuno più o meno di altri, ma tutti allo stesso modo. Per cui è tempo di abbandonare le visioni nazionali e nazionalistiche e unirci tutte e tutti per la causa comune, tutte noi persone umane, di qualunque nazionalità, religione, educazione, posizione sociale, visione del mondo, nessuna esclusa!

L’imminente mostra Senzatomica

In autunno ci sarà a Roma per un mese e mezzo la mostra Senzatomica che proprio questi temi ha al centro e punta a ispirare un movimento di cittadine e cittadini attivi e consapevoli capaci di guidare i propri governi verso il disarmo totale ed il rispetto assoluto della vita umana e del pianeta. Ma per iniziare a mobilitarci non è necessario aspettare questo autunno. Anzi è urgente iniziare fin da adesso.

Sogno un movimento di studenti dalle scuole secondarie alle università, che si mobilita, con gli adulti, a sostenere la lotta, fino alla vittoria! Sogno risoluzioni contro le armi nucleari scritte, discusse, adottate e inviate ai governi da consigli di classe, di istituto, da atenei, da consigli di fabbrica e di quartiere. Un movimento che si espanda a macchia d’olio, che parta da qua e che si estenda all’Europa, alla Russia, agli Stati Uniti, al mondo intero. Soprattutto, citando Joseph Rotblat, Nobel per la Pace 1995, per ricordarci della nostra umanità.

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