Come ogni anno, anche questo febbraio si è celebrato la Giornata Mondiale delle donne e ragazze nella scienza. All’apparenza solo una delle miriadi di giornate mondiali dedicate dall’ONU a un tema di interesse comune, ma che in realtà è una data che richiama la nostra attenzione su una questione chiave che non può essere affrontata solo l’11 febbraio, ma che va sollevata sempre più spesso, in direzione dell’equità, della giustizia e dell’emancipazione delle donne.

Tutti sappiamo che la scienza e la tecnologia in questi ultimi anni hanno conosciuto uno sviluppo enorme, ad una velocità tale che non ha forse eguali nella ormai lunga storia dell’umanità. Una velocità e una crescita che non fa che aumentare di giorno in giorno.

Se le nostre vite sono state già rivoluzionate nel breve giro di un decennio dal digitale, dall’intelligenza artificiale, dal 3d, quello che ci aspetta in un futuro molto prossimo è un ampliamento di tale rivoluzione. E ogni rivoluzione tecnologica nella storia ha portato con sé criticità e crisi dovute alla difficoltà dei sistemi più stabili di adattarsi, ma anche un enorme numero di nuove opportunità che si spalancano davanti a chi ha gli strumenti per contribuire a gestire ed accrescere questo sviluppo.

Donne in STEM, i numeri dell’esclusione

Cosa c’entra tutto questo con l’iniziativa dell’ONU che ogni anno ci ricorda l’importanza di incentivare l’interesse delle donne e delle ragazze alla scienza e a tutte le discipline tecnologiche, matematiche e ingegneristiche? C’entra, perché i dati ci dicono che siamo davanti ad una rivoluzione che rischia di inasprire e ampliare le diseguaglianze di genere, tagliando sempre più fuori le donne dai processi produttivi.

Insomma, nonostante tutti gli sforzi per superare il gender gap e arrivare alla parità salariale, il nuovo e promettente mercato del lavoro, a traino digitale e tecnologico è un mondo, al momento, quasi esclusivamente maschile.

I numeri parlano chiaro. Secondo il report 2021 dell’Istituto Europeo per la Gender Equality, un programma UE nato nel 2007 che si occupa di studiare misure per perseguire l’obiettivo della parità di genere nell’Unione Europea, su dieci posti di lavoro nel digitale in Europa, solo due sono ricoperti da donne.

Inoltre, nonostante gli sforzi anche istituzionali, la segregazione che vede alcuni settori già negli anni della formazione, a netta predominanza maschile, lungi dal diminuire, a partire dal 2010 è addirittura aumentata.

Questo vuol dire che le donne sono escluse oggi, e se non si inverte la tendenza lo saranno ancor di più in un prossimo domani, dalle opportunità di occupazione, crescita e inserimento in uno dei settori traino dello sviluppo.

Ecco dunque che, alla luce dei dati, la Giornata mondiale delle donne e delle ragazze nella scienza non è una ricorrenza da far passare sotto silenzio: serve a rilanciare l’allarme contro, perché di allarme si tratta. Non è possibile che la rivoluzione che stiamo vivendo lasci indietro, ancora una volta, le donne. Per questo ne parliamo anche dopo la data dell’11 febbraio. Per mantenere alto il livello di preoccupazione.

Come per tutta l’enorme questione del gender gap, anche su questo gap più specifico che tiene ancora troppo lontane le ragazze e le donne dalle materie STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica) aleggia un pregiudizio culturale che si trasforma in barriere visibili e invisibili, incontrate sin dai primi anni di formazione.

Quante volte avete sentito donne adulte dire ‘la matematica la odio’, oppure, ‘i numeri proprio non fanno per me’? Sono sentimenti che probabilmente hanno sviluppato sin dai primi anni del percorso scolastico.

Cambiamento culturale e incentivi concreti

Ancora oggi si ritiene che le costruzioni, il piccolo chimico, il modellismo, la playstation siano giochi da maschio. E sono tutti giochi che li avvicinano al mondo della scienza e della tecnologia, mentre la maggior parte delle coetanee vengono lasciate a giocare con le bambole o con le cucine giocattolo.

E’ già qui che si costruisce una prima barriera, è già qui che si mette il primo mattone del muro che diventerà poi una vera e propria segregazione delle carriere, come la chiamano gli analisti, al momento di scegliere gli studi superiori e la facoltà universitaria.

Non solo. Per appassionarsi a una materia, i giovanissimi hanno bisogno anche di role model. Modelli di persone che, prima di loro, hanno compiuto imprese memorabili. E anche qui, i maschi sono avvantaggiati perché di inventori, scienziati, fisici, geni del computer supereroi sui libri di storia, da Archimede in poi, ne trovano a decine. Le ragazze invece non trovano molti modelli di donne in STEM nei loro libri.

Un po’ perché delle scienziate, mediche, inventrici della storia non si trova traccia nei libri scolastici. (Chi ha studiato di Ada Lovelace o Tortula De Ruggiero o di Marie Curie negli anni della scuola?) Oggi c’è AstroSamantha, ci sono le virologhe che ci hanno spiegato come difenderci dalla pandemia, ci sono donne premi Nobel per la fisica, ma ancora non c’è un pantheon così forte e numeroso da far sognare le bambine di potervi, un giorno, entrare.

E questo perché le donne in STEM sono ancora troppo poche. Ma quello che bisognerebbe far capire alle ragazze, anche con azioni molto concrete, come la decisione del governo italiano di allocare delle risorse del PNRR per creare borse di studio incentivare le giovani a scegliere percorsi universitari nell’area scientifico tecnologica, è che, in gioco c’è il loro futuro.

E allora ecco un libro che colma le lacune dei libri di storia e ispira le ragazze a seguire le orme di grandi donne: Ragazze con i numeri di Vichi de Marchi e Roberto Fulci. Quindici storie femminili di coraggio, fatica, entusiasmo e sogni che si realizzano.

Perchè il futuro delle ragazze è il futuro di tutti noi, della nostra società e del nostro sviluppo, che non può essere lasciato solo al talento e al punto di vista maschile, riproducendo una divisione del lavoro, già subita in passato in settori più tradizionali, penalizzante o addirittura escludente per le donne, e dunque profondamente ingiusta e anche controproducente per la crescita economica mondiale.

Questa rivoluzione in cui siamo tutti immersi e che non sappiamo dove ci porterà, deve trovare nelle donne, nel loro talento e nel loro punto di vista risorse preparate e competenti, che sappiano anche guidare questo processo su una strada virtuosa, verso quell’equità che oggi sembra ancora troppo lontana.

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