Avete mai visto un leone grasso, una zebra o un qualsiasi altro animale selvatico in sovrappeso? Beh, ad eccezione degli uccelli migratori che devono fare il pieno per un lungo viaggio e quelli che in inverno vanno in ibernazione, è difficile trovare animali in sovrappeso nella giungla o nella savana.

Ci possono essere più ragioni per questo fenomeno. La prima è che un rapace in sovrappeso non avrà l’agilità per poter cacciare e allo stesso modo le loro prede, fossero obese, non avrebbero la possibilità di scappare.

Un’altra possibile spiegazione è che gli animali selvatici mangiano fintanto che hanno fame e smettono quando sono sazi. Questo meccanismo che regola l’introduzione di cibo è governato da complessi sistemi ormonali e nervosi che attivano il centro cerebrale della fame quando c’è bisogno di energia e quello della sazietà quando quello che si è mangiato, basta.

Analogo meccanismo è ovviamente presente anche nel sapiens, ma se si guardano gli ultimi dati si scopre che il 59% degli adulti europei e quasi 1 bambino su 3 è in sovrappeso o è affetto dall’obesità. Come mai questo accade se il sistema fame-sazietà è comunque attivo e presente? Beh, la risposta è semplice: non mangiamo solo per fame e non smettiamo quando abbiamo mangiato abbastanza. Infatti se è difficile che un leone, dopo mangiato, vada a rincorrere una zebra, è altrettanto improbabile che un umano alla fine del pasto resista a una fetta di torta.

Non ci addentriamo nei meccanismi che vogliono che noi sapiens confondiamo vuoti difficili da colmare con il vuoto allo stomaco più facile da riempire. Tuttavia, il problema sta diventando sempre meno sostenibile sia per la salute e il benessere personale, sia per i costi sociali e sanitari. Il paradosso è che si consumano più risorse del necessario per procurarsi una maggiore quantità di cibo e poi ci servono altrettante risorse per dimagrire. Sapiens? Mah!

È ampiamente dimostrato che, chiunque si metta un giorno a dieta, sicuramente dimagrisce, ma quando torna alle abitudini di sempre, riprenderà peso, a meno non continui ad aderire alla dieta, a seguire strategie di esercizio fisico e si sottoponga a continuo monitoraggio clinico.

Ma c’è un modo per ricalcare le orme degli animali selvatici, recuperare il nostro meccanismo fame sazietà e mangiare tutto quello che si vuole ma solo nelle quantità necessarie? Come facciamo a riscoprire questo cruciale sistema che comunque c’è, è dentro di noi da sempre e che continua a provare, inascoltato, a farsi sentire? Si, è possibile e nemmeno difficile riscoprirlo. Seguitemi in questa breve nota di fisiologia.

La fame ci viene quando sentiamo dei messaggi che arrivano dal nostro interno che richiedono energia. Alla fine del pasto ci sentiamo sazi e smettiamo di mangiare ma, pensateci, in quel momento il cibo è ancora tutto nello stomaco, non è ancora stato assorbito e quindi non ha ancora raggiunto quei siti che quell’energia l’hanno richiesta.

Quindi perché smettiamo di mangiare? Lo facciamo perché in quel momento si attiva un fenomeno detto della sazietà precoce o saziazione. Si tratta di quel meccanismo che misura quello che è entrato e, se lo giudica sufficiente, ci manda la sensazione di sazietà a fermare l’introduzione di altro cibo.

E la fame ci passa anche se il cibo, ripeto, non ha ancora soddisfatto le esigenze caloriche, cosa che succede solo 3-6 ore dopo. Ora, perché in tanti casi questa sazietà precoce non ci ferma in tempo?

Ancora due righe di fisiologia. La sazietà si attiva quando la distensione gastrica mette in azione certi ormoni che comunicano coi centri del cervello deputati a controllare queste attività. Ma perché tutto funzioni al meglio c’è bisogno di tempo. Già, tempo. E noi mangiamo più in fretta di quanto serve al cervello per misurare quello che abbiamo mangiato e fermarci. Solo questo? Beh, no, ma si parte proprio da qui, dal tempo e da un altro organo che ignoriamo completamente: la bocca.

La bocca non è solo la porta d’ingresso dell’apparato digerente ma è un luogo dove avvertiamo i sapori, dove giudichiamo se un cibo è buono o no, dove valutiamo la consistenza del boccone ma è anche un luogo di piacere. Il piacere sì, tutte le attività degli esseri viventi sono finalizzate alla ricerca del piacere.

Durante la masticazione condividiamo col cervello il piacere della degustazione. E il cervello è un po’ viziato. A lui piace la carbonara, un tiramisù e altri cibi gustosi ma, se non glieli facciamo sentire bene tramite la bocca deve aspettare che lo stomaco si riempia per far scattare la sazietà.

E quindi bisogna mangiare lentamente come dicevano i nostri nonni, tutto qui? Non tutto, ma è un passo cruciale senza il quale i fenomeni ormono-sensoriali responsabili del centro della sazietà non possono funzionare al meglio e non possono guidarci nella nostra alimentazione. Ed è stato dimostrato più volte da studi scientifici.  

Basterà solo questo a risolvere il problema dell’obesità nel mondo occidentale? Certo che no ma, in attesa che vengano adottate tutte le misure suggerite dal Tavolo di Lavoro del Piano Nazionale di Prevenzione Ministeriale (2020-25), perché non adottare accorgimenti facili, efficaci e del tutto naturali? Perché non sfruttare gli strumenti che il nostro cervello ha in dotazione fin dalla nascita?

Per i miei pazienti ho creato uno slogan: la metà nel doppio del tempo. Semplice, farsi una porzione piccola, magari metà di quella che loro ritengono normale e mangiarla lentamente nel doppio del tempo, nel tempo che avrebbero utilizzato per mangiarne una porzione intera. Voi direte copiamo i leoni? E perché no?

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