Ho parafrasato ed espanso un’idea di Roberto “Freak” Antoni: “Non c’è gusto in Italia ad essere intelligenti”, titolo di un suo libro pubblicato anni fa da Feltrinelli. Parto da qui, ma non volevo parlare di questo nello specifico, tutt’altro.
Seguo Billie Eilish su Instagram: quando ho ascoltato il suo primo album, “When We All Fall Asleep, Where Do We Go?” pubblicato nel mese di marzo 2019, prodotto da Finneas (suo fratello), registrato in cameretta, ho percepito la differenza, fra lei e tutto il resto. Lei che ad appena 18 anni, nel 2020 ha vinto cinque Grammy Award (su 6 candidature totali, per quello che vale il Grammy al giorno d’oggi…), più tutti gli altri premi che ha vinto già nel 2019.

Allora c’è gusto nel mondo, ad essere intelligenti, originali e infine di successo: 55 miliardi di stream dei suoi brani. Quando Billie (perdonate la familiarità, ma la frequentazione via social la inducono un po’…) ha lanciato poco tempo fa su Instagram il suo film, The World’s A Little Blurry (ovvero Il mondo è un po’ sfocato), scritto e diretto da R. J. Cutler, diffuso da Apple TV+, oltre 140 minuti di racconto, dalla preparazione dell’album al botto mondiale, più materiali di repertorio familiare, mi sono attrezzato per vederlo.
E nel film ho trovato un elemento che in qualche maniera mi ha sorpreso, al di là dei suoni, e di come Billie, che non ama comporre, lavora insieme al fratello – “è bello avere un fratello lucido, presente e talentuoso come Finneas” – dice la star: la forte presenza dei genitori. Billie ha iniziato giovanissima e la sua popolarità è esplosa tra i 16 e i 17 anni. Genitori normali, presenti senza essere invadenti. La mamma a un certo punto, nel bel mezzo del ciclone del successo, dice: “Questo è un periodo terribile per essere adolescenti” e cita la pessima politica, le condizioni dell’ambiente in cui viviamo e del clima, fotografa lucidamente la situazione del pianeta Terra. In effetti dai testi di Billie questa situazione traspare, con chiarezza: ha sofferto di depressione, ansia, afferma di provare sentimenti oscuri, i suoi video (che spesso concepisce e dirige lei stessa) li rappresentano. Soffre per la sindrome di Tourette sin da quando era bambina. Insomma, non una vita facile, in discesa, a Los Angeles. A 13 anni però un suo brano viene trasmesso da una radio importante, KCRW, che trasmette dal Campus di Santa Monica, e da lì inizia l’ascesa.

La musica, soprattutto quando c’è talento, salva l’anima e la vita. A soli 17 anni Billie è andata al primo posto nelle classifiche di 37 Paesi. Ci sono voluti quattro anni, tutto sommato poco tempo. Pensate: si può arrivare sul tetto del mondo in soli quattro anni! Avviene anche grazie alla tecnologia, che permette di registrare un disco in una camera qualunque, cantato sdraiata sul divano, davanti a un computer, utilizzato creativamente da Finneas, e diffonderlo istantaneamente grazie alla rete, ai social, ecc., ecc.
Come si può ben capire da tutto ciò, non c’è mai stato nella storia dell’umanità un periodo migliore di questo per raggiungere la vetta, in diversi settori. Il sistema, le risorse a disposizione lo consentono ed è veloce, fantastico: tutto sta ad utilizzarli correttamente. C’è un grandissimo gusto, nel mondo, ad essere intelligenti, originali e di successo, nella musica come in altri settori. È verissimo quello che dice la mamma di Billie, ci riguarda tutti, lo sappiamo: la vita in questo mondo non è una pacchia, la famiglia conta, l’educazione conta, il talento conta, gli adolescenti non hanno certo vita facile, ma è pur vero che questo mondo di merda, che per molti versi è un disastro, per altri versi aiuta, come non mai. E uno che si distingue, può vincere, anche rapidamente, soprattutto nel mondo dell’arte.

Perché? Perché piace.
Poche pippe mentali: posso dire quali sono i motivi tecnici per cui apprezzo Billie Eilish ma, prima di tutto, mi piace, istintivamente. Non c’è tanto da discutere: ne hanno scritto recentemente anche Lorenzo Tiezzi e Carlo Massarini su ReWriters, dichiarando il loro apprezzamento per alcuni artisti. Accanto al giudizio, ci possono essere tanti ragionamenti, critici, estetici, storici… ma prima di tutto piace perché mi piace, e basta! Certe analisi vengono dopo e spesso sono anche inutili, superflue; aggiungono solo parole, che possono essere comprese dai coetanei, mentre restano lettera morta per altre generazioni. La velocità che ha preso il mondo non dovrebbe essere scambiata inevitabilmente per superficialità: si può essere veloci e profondi. Per limitarci alla musica: ce n’è tantissima in giro, più che mai, pure di grande qualità, solo che non viene diffusa; il mainstream è piatto, sono piatti i media. Basta però che una KCRW potente, che fa parte del circuito delle radio pubbliche americane, diffonda un brano diverso che acchiappa, ed ecco che il mondo può cambiare, s’interessa a un suono diverso. Succede! E credo sia bellissimo e ripetibile. Chi sarà il prossimo?

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