L’aborto è ancora una delle grandi questioni di questo Paese. Ma solo con la trasparenza e la limpidezza sui dati, si può parlare di libertà di scelta. Lontana da ogni tipo di misoginia antiabortista.

E allora parliamo di Verona, che si è bollata come una città pro-vita ospitando il controverso congresso ultra-conservatore delle famiglie nel 2019, con tanto di mozione contro l’aborto nello stesso comune presentata dall’assessore comunale e leghista Alberto Zelger, e di Maurizio Marrone, assessore regionale alle Politiche sociali, che quest’anno spinge affinché la regione dedichi 400mila euro alle associazioni anti-aborto, che a loro volta metterebbero a disposizione di 100 donne i soldi per invogliarle a non abortire. Due esempi per dire che questo paese ha un enorme problema con l’accesso all’aborto e alla libertà di scelta. Ma anche all’accesso dei dati che raccontano la storia dell’aborto sul suolo italiano.

L’aborto è stato legalizzato in Italia nel 1978 con la Legge 194. Tuttavia, le donne faticano ad accedere ad aborti sicuri a causa dell’alto numero di ginecologi che si rifiutano di interrompere la gravidanza per motivi morali, spesso di natura religiosa.

Sette ginecologi su 10 in Italia sono obiettori di coscienza. Inoltre, attivist* anti-aborto si infiltrano negli ospedali per cercare di impedire che si verifichino aborti.

Dal 2009 anche nel nostro paese è possibile interrompere volontariamente una gravidanza con il metodo farmacologico, grazie all’immissione in commercio per una procedura di mutuo riconoscimento, del mifepristone, o RU486.

La legge 194 prevede che tutti gli ospedali debbano fornire aborti presso le proprie strutture, ma dà anche ai medici – oltre a infermieri, anestesisti e altro personale medico di supporto – la possibilità di opporsi coscienziosamente a praticarli, ad esempio, se ciò dovesse andare contro le proprie convinzioni religiose o personali.

Fonte: Ministero della Salute 2017, Database OMS Global 
Abortion Policies, 2018
Grafico: Henrik Pettersson, CNN. 
Fonte mappa: Maps4news

Secondo il Global Abortion Policies Database 2018 dell’OMS, 22 Stati membri su 28, tra cui l’Italia, attualmente prevedono il diritto all’obiezione di coscienza sull’aborto.

In tutta Italia, il 68,4% dei ginecologi si identifica come obiettori di coscienza, secondo i dati del Ministero della Salute del 2017.

In alcune parti del Paese, accedere all’aborto può essere quasi impossibile. Un esempio? In alcune aree meridionali del Molise l’unico medico a praticare aborti è già andato in pensione, ma, per non far rimanere la regione molisana sprovvista, rimane in attività. E poi c’è la Basilicata, dove il tasso di obiezione di coscienza è pari all’88,1%.

Il ministero della Salute Speranza afferma che anche nei luoghi in cui i tassi di obiezione di coscienza sono superiori alla media nazionale, non ci sono punti critici particolari nei servizi per l’aborto.

Federica di Martino, fondatrice di IVG Ho abortito e sto benissimo e Alice Merlo, testimonial della campagna sull’aborto promossa dall’Unione Atei Agnostici Razionalisti.

Ma le esperienze di molte donne, raccolte dal progetto IVG Ho abortito e sto benissimo, gestito da Federica di Martino, psicologa e psicoterapeuta, e di testimonianze come quella di Alice Merlo, testimonial di UAAR, ​​raccontano una storia completamente diversa di questo paese.

Edito da Fandango Libri, 2022.

A tal proposito è di questi giorni la pubblicazione del libro (dal primo giugno) Mai dati. Dati aperti sulla 194 (Edito da Fandango Libri) in cui le ricercatrici Chiara Lalli e Sonia Montegiove denunciano in modo netto e chiaro la mancanza di dati reali e concreti, che rispecchiano la realtà dei fatti.

La necessità di questo libro è quella di scoperchiare ogni pregiudizio e segretezza su ciò che non si vuole raccontare, ovvero che da quando esiste la Legge 194 sull’aborto si è sempre voluta boicottarla in ogni dove, anche non pubblicando i dati certificati.

Aggiungo inoltre un appello: vogliamo lo scioglimento dell’Associazione Medici Cattolici Italiani e di tutte le associazioni pro-vita, l’abolizione dell’obiezione di coscienza in tutta Italia, garantendo sempre l’accesso ad abortire con la Ru486 e chirurgicamente a seconda della necessità attraverso la piena applicazione della Legge 194.

Vogliamo più consultori.

Vogliamo dati limpidi e chiari su tutto, dati reali e non vecchi.

Lo esigono tutti i progetti femministi, le associazioni che dedicano anima e corpo ogni giorno per i diritti all’aborto come IVG, Obiezione Respinta, Non è un veleno, Libera di Abortire, Laiga 194, Rica Pro-Choice, l’Associazione Luca Coscioni, l’UAAR (Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) e molte altre.

Lo esigono tutte le donne che vogliono vivere liberamente la propria vita, prima che sia troppo tardi e che si faccia la fine degli Stati Uniti d’America.

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