La decisione di sciogliere le Camere e di andare a elezioni anticipate ha sorpreso un po’ tuttə, incluse le persone appartenenti alla comunità LGBT+.

Sì, perché se è vero che durante uno degli ultimi governi di centro-sinistra, il governo Renzi, ha avuto la luce la legge sulle unioni civili che porta la firma della senatrice Cirinnà, è anche vero che la legge è nata su base non egualitaria, scegliendo di non equiparare l’unione civile al matrimonio in particolare per quanto si riferisce alla genitorialità.

Inoltre, sempre gli ultimi governi e legislature, non hanno brillato per apertura sui diritti civili: basti pensare alla bocciatura del #ddlzan avvenuta tra gli applausi e i festeggiamenti dei parlamentari del centro destra, e alle ipotesi di legge paventate da alcuni rappresentanti, sempre del centro destra, sull’upgrade a reato universale della gestazione per altri, ad oggi unica modalità a cui può accedere una coppia gay italiana che volesse prevedere la genitorialità all’interno del proprio percorso di coppia e famiglia.

L’Europa è divisa in due sui diritti LGBT+

L’Europa al momento è divisa tra paesi occidentali, dove in quasi la totalità esiste il matrimonio egualitario, l’adozione per le coppie LGBT+, l’accesso alla fecondazione assistita eterologa per le coppie lesbiche, e dove le battaglie per i diritti LGBT+ sono incluse nei programmi di moltissimi schieramenti politici e governi, e paesi orientali, dove spesso si strizza l’occhio alla demonizzazione delle persone e della cultura LGBT+ che proviene da oltre Urali e all’alimentare la fobia contro l’avanzata del gender.

Ma l’Italia dove sta? Esattamente in mezzo. Tra desiderio di non essere del tutto distaccata dai paesi occidentali e la tentazione di cavalcare i temi LGBT+ come spauracchio per agitare le folle conservatrici a fini elettorali.

Questo dilemma non riguarda solo, come potremmo aspettarci, i partiti di destra. Spesso contamina anche il mondo progressista che è sempre, tranne pochissime eccezioni, andato molto cauto nell’inserimento di programmi per lo sviluppo in ottica egualitaria dei diritti LGBT+.

Il risultato è che l’Italia, come emerge anche dagli scenari descritti nei report di ILGA Europe, è il fanalino di coda sui diritti LGBT+ non solo tra i paesi europei occidentali, ma spesso anche a confronto con alcuni di quelli dello schieramento orientale. E questo nonostante il successo degli oltre 50 pride 2022 sia sotto gli occhi di tuttə.

Ecco che, di conseguenza, la comunità LGBT+, con una inedita coesione forse mai vista prima in termini di numerosità delle realtà aderenti, firma un appello alla politica indicando La strada dei diritti, questo il nome della campagna lanciata il 4 agosto scorso.

A firmarla moltissime associazioni nazionali e locali, in un convergenza tra realtà politiche, rappresentanti realtà famigliari, cristiane: AGeDO Nazionale, ARC, Arcigay, ARCO, ALFI, Ass. Quore, Cammini di Speranza, Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli, CEST, Certi Diritti, Dì Gay Project, EDGE, Famiglie Arcobaleno, Gay Center, GAYNET, Gender x, Gruppo Trans APS, Globe MAE, MIT, NUDI, Omphalos LGBTI, Polis Aperta, Pride Vesuvio Rainbow, Rete Genitori Rainbow Rete Lenford, Tenda di Gionata, Tgenus, Ufficio Nuovi Diritti CGIL Nazionale.

Cosa chiede la campagna
‘La strada dei diritti’

Molte le richieste che vengono rivolte con decisione alla politica all’interno della campagna ‘La strada dei diritti’: matrimonio egualitario, riconoscimento di figli e figlie alla nascita, adozioni per tutte le coppie e single, accesso alla PMA per coppie di donne e donne single, completamento della legge sui crimini d’odio, educazione sessuale e affettiva nelle scuole, riconoscimento dell’identità di genere, diritti delle persone intersex, condanna delle cosiddette terapie riparative.

Perché, scrivono le realtà firmatarie dell’appello,

“non è più il tempo della timidezza, né dell’indecisione programmatica che strizza l’occhio al pregiudizi – dichiarano le associazioni. Ora ci troviamo qui, al bivio. Per non tornare indietro, come stanno facendo Stati Uniti in materia di aborto e Russia con l’inasprimento della legge ‘anti-lgbt’, serve una proposta chiara, che dia gli stessi diritti a chi non li ha!”.

Emerge un riferimento chiaro a realtà politiche che hanno nel corso degli ultimi anni utilizzato la leva della minaccia gender come cavallo di battaglia (ricordiamo il genitore 1, genitore 2 dei comizi di Giorgia Meloni?):

“Anche in Italia – proseguono le associazioni – c’è chi vuole riportare indietro l’orologio della storia, ignorando che la strada dei diritti, in tutta Europa, ormai si pone oltre gli schieramenti politici. Lo dimostrano anche i 50 Pride italiani di quest’anno con milioni di persone nelle strade, che oggi si chiedono chi potrà rappresentarli nel prossimo Parlamento”.

Qui siamo dentro Rewriters.it, un contenitore che si pone l’obiettivo di contribuire alla riscrittura dell’immaginario collettivo su tanti temi. Ma a volte mi sorge spontanea la considerazione che lo scenario spesso sia stato già riscritto nettamente.

Basta frequentare i social che segue la generazione Z per vedere un mondo che non è solo evocato ma già realtà, quello dell’abbattimento delle barriere culturali all’affermazione del diritto di ciascuno a esprimere il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere senza paura e senza dover temere il giudizio degli altri.

Questo mondo esiste, è qui tra noi. La comunità LGBT+ lo sa bene, come sa anche che la politica sembra essere stata, ed essere forse ancora, sorda e cieca e incapace di intravedere un futuro già presente.

Ci saranno partiti che vorranno raccogliere l’appello lanciato dalla campagna ‘La strada dei diritti’?

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