End Fossil, la mobilitazione contro chi inquina: via dalle università
Chi sta dietro la sigla End Fossil, per cosa combatte e come si organizza per favorire il cambiamento: il caso dell'Università Sapienza di Roma.
Chi sta dietro la sigla End Fossil, per cosa combatte e come si organizza per favorire il cambiamento: il caso dell'Università Sapienza di Roma.
End Fossil è la mobilitazione internazionale di studenti e studentesse finalizzata a porre fine all’economia fossile e agli accordi di questa con le università e la ricerca. Tra il 24 maggio e il 7 giugno la mobilitazione è scattata anche a Roma, coinvolgendo varie realtà ambientali e sociali, studentesche e non, alla Sapienza.
Un periodo di due settimane di incontri, confronti e discussioni con gli studenti, gli attivisti e i docenti che hanno partecipato, mostrato solidarietà e consenso. Sono state organizzate delle assemblee pubbliche e un programma di eventi formativi alternativo che mostrasse cosa si intende per didattica alternativa.
La campagna si inserisce in una serie di occupazioni a livello internazionale in decine di città nel mondo con le richieste le più svariate, ma sempre volte ad attuare quei “punti di non ritorno sociale” per un’uscita rapida dalle fonti fossili.
Alla Sapienza sono state presentate le seguenti richieste:
Si è chiesto all’ateneo quindi, in particolare, di preparare il corpo studentesco ad affrontare la crisi climatica, proponendo delle alternative socioeconomiche radicali; e di prendere posizione sull’incompatibilità dei piani di certe aziende con gli obiettivi di decarbonizzazione. Richieste come queste sono state d’altronde approvate in vari atenei a livello europeo, come la Vrije Universiteit Amsterdam, un’università di ricerca nei Paesi Bassi.
Le attività attualmente in vigore alla Sapienza, come il corso facoltativo sulla sostenibilità, sono sostanzialmente insufficienti e criticate anche dal corpo docente, che ha manifestato molta solidarietà; sono più di 100 i professori che hanno aderito alle richieste.
Oggi all’università non si affrontano le cause complessive della crisi eco-sociale e chi ha le maggiori responsabilità della crisi può perpetuare la sua legittimazione sociale nell’ateneo addirittura attraverso progetti di ricerca, sponsorizzazioni, pareri di indirizzo della didattica.
Attraverso il finanziamento da soggetti terzi, infatti, ha luogo una selezione delle linee di ricerca, ma anche un conflitto d’interessi della didattica, essendo il 10% del finanziamento di ogni progetto di ricerca attribuito all’ateneo stesso.
In questo momento, più che la consapevolezza della crisi climatica, il problema sono piuttosto gli interessi economici e politici delle grandi aziende che ritardano la riconversione ecologica o ne attuano una di facciata e influenzano l’azione dei governi dettando la loro reale linea politica nei vari ambiti.
Anche altri atenei hanno iniziato a mobilitarsi a partire da questo maggio e presto lo faranno anche altri, ma si possono occupare molti spazi diversi e in modi diversi per manifestare. Dai licei alle fabbriche, dagli uffici alle piazze, è tempo di ricominciare a usare di più questa pratica sociale che è stata fondamentale e trasversale nelle lotte sociali del secolo scorso. Togliamo alle aziende fossili i loro spazi di riproduzione sociale e di continua legittimazione.
Per saperne di più consultate il sito ufficiale di End Fossil che racconta come è nata la mobilitazione, e spiega nei dettagli l’obiettivo comune: quello di distruggere l’industria dei combustibili fossili entro le scadenze della crisi climatica, occupando centinaia di scuole e università in tutto il mondo.
Ci vediamo in autunno.
Emanuele Genovese per conto di Valeria Belardelli