Godot, il mondo corre? Fermati e aspetta, dialogo con Fede ‘n’ Marlen
Dialogo con Fede 'n' Marlen, Federica Ottombrino e Marilena Vitale, due ragazze napoletane che creano canzoni per dare respiro alle emozioni.
Dialogo con Fede 'n' Marlen, Federica Ottombrino e Marilena Vitale, due ragazze napoletane che creano canzoni per dare respiro alle emozioni.
Napoli, Granada, Buenos Aires, Rione Sanità. Da questi luoghi nascono i suoni che nel 2013 danno vita al sodalizio tra le due cantautrici Fede ‘n’ Marlen, Federica Ottombrino e Marilena Vitale, due ragazze napoletane che si incontrano e scoprono un mondo in comune, che insieme possono creare canzoni e dare respiro alle loro emozioni.
Mi sono imbattuto per caso nelle loro sonorità in una piovosa sera di novembre tra i fumi delle caldarroste e il calore del vino novello nel piccolo borgo sannita di Vitulano. Ho trovato di nuovo la poesia abitare confini non suoi ed è stato magnifico lasciarmi affogare da parole e suoni.
Il tempo, o meglio il perderci nel tempo sembra essere da un lato un motore di scrittura per il vostro gruppo e dall’altro il confine sottile del burrone sul quale vi piace far passeggiare i vostri ascoltatori ! Dove è il tempo della vostra musica?
L’etimologia della parola tempo proviene dall’indo-europeo “dividere”, quando nasce il tempo viene evidenziata la caducità del corpo, nasce quindi la vita divisa dalla morte, mentre lo spirito é eterno. La creazione è infatti un’azione divina che risiede aldilà del tempo, quindi la musica non ne ha uno, é immanente.
La sensualità del ventre dionisiaco che è madre del mondo pervade i vostri testi, un sguardo alla tempesta interiore nel naufragio esteriore, sono a mio avviso tra i fulcri della vostra esibizione. Come nasce Fede ‘n’ Marlen, questo duo, quali sono gli impulsi elettrici che danno ritmo ai vostri battiti portati in note?
Ciò che da ritmo ai nostri battiti e quindi alla nostra musica credo sia il nostro istinto. Quello che ad un certo punto ci ha fatto “mollare” e ci ha guidate senza paura di rischiare.
Poi la voglia di viaggiare, osservare, creare magie tutte le sere e divertirci ha creato questo sodalizio che questo dicembre compie 10 anni.
La lingua è più del sangue. Questa frase di un noto filosofo tedesco rappresenta a pieno la viscerale importanza del nostro patrimonio linguistico. La vostra è un lingua romanza in qualche modo , un napoletano intimo e apolide, quanto conta nel vostro percorso la necessità di sentire,di dover comunicare e urlare chi siete attraverso la parola?
M: i cantautori sono poeti a cui piaceva cantare da piccoli! Io non scrivo perché sento la necessità di esibire chi sono, quanto più di indicare qualcosa che ho visto, per far volgere lo sguardo su qualcosa che mi sembra incredibile. A volte, ancora, uso la scrittura come una lettera che consegnerò sotto forma di canzone a qualcuno a cui tengo e per cui cerco le parole migliori.
F: Conta tantissimo. Ho iniziato a suonare quando ho spostato la telecamera da me agli altri. È chiaramente una cosa difficilissima e spesso la perdo, ma l’idea che qualcuno, vedendo noi, riesca a risvegliare il proprio desiderio, il proprio talento, ci restituisce il senso di quello che facciamo. Ogni live continua ad essere un’occasione per scambiare cose.. “chiudere il cerchio”. Se non ci fosse un ascolto reciproco tra noi e il pubblico resterebbe un’esperienza vuota. Dover comunicare a tutti i costi diventa anche una trappola, e spesso per noi lo è… perché non sempre ti senti così predisposto verso l’apertura. É uno sforzo di verità che però alla fine ti fa sentire che hai fatto un passetto in avanti.
Ritmi blues e voci che graffiano il soffitto, dove affondano le radici Fede’n’ Marlen? Quale è la vostra madonna pagana a cui è votata la vostra musica?
M: chiaramente abbiamo due vissuti musicali diversi e ancora guardiamo ad ispirazioni diverse. In questo momento non ho un artista idolo di riferimento, il momento delle grandi passioni è passato. Sono alla ricerca di qualcosa che dal vivo mi faccia rimanere a bocca aperta, che mi distrugga. Ma in macchina sento Mahmood.
F: Non ho avuto tantissimo tempo, né la fortuna di avere genitori troppo ispirati dalla musica… mi ritrovo a 36 anni a scoprire Joan Beaz,Joni Mitchell, Bob Dylan… ecc ecc
Se riuscissi ad usare la musica solo un po’ come hanno fatto loro sarebbe un traguardo enorme: riuscire a leggere la realtà a me contemporanea per farla diventare poesia e rivolta insieme.
Ci vediamo on the road viandanti del Verso.