Il regista Carlo Fineschi ci racconta la sua idea del teatro immersivo. Torna in scena il suo teatro itinerante dal 29 aprile al 29 maggio 2022.

Maria Stuart di Friedrich Schiller – una produzione L’ Albatro in collaborazione con Nutrimenti Terrestri e con il contributo di NUOVO IMAIE – è un’esperienza immersiva che conduce il pubblico in luoghi non convenzionali come antichi palazzi nobiliari e castelli nel territorio del Lazio. Il debutto è atteso il 29 aprile 2022 nella cornice di Palazzo Forani a Casperia (RI).

Carlo Fineschi, il suo spettacolo ci racconta di una fondamentale antitesi amore-politica, in che termini il tema viene approfondito?
Nel testo di Schiller ho trovato da subito interessante questo confronto scontro tra la ragione politica e la passione istintiva e fisica. Un conflitto che risulta già evidente nelle due protagoniste. Un donna, la regina Elisabetta, che per poter governare ha rinunciato ad ogni emozione e l’altra, Maria Stuart, che invece vive solo di passioni e sentimenti.

Non a caso la corte dove si muove Elisabetta è un luogo all’apparenza elegante e raffinato, ricco di esteriorità e popolato di personaggi che vivono di assoluta razionalità. Le loro menti sono sempre pronte a elaborare stratagemmi e piani, molto spesso cruenti, pur di mantenere il loro potere e la loro poltrona. Si odiano tutti tra di loro, ma cordialmente.

Ognuno può servire all’altro, tutti fanno parte di un ingranaggio perfetto. Nessuna emozione è consentita e tutto ciò che può sembrare in apparenza sentimento in realtà è finzione per ottenere qualcosa dall’altro. In una battuta dello spettacolo Elisabetta dice a Mortimer, “in questo mondo tutti sono giudicati da come appaiono”, le apparenze sono la cosa più importante. La parte invece della passione e del sentimento, rappresentata da Maria e dalla governante è relegata in una prigione ed è destinata a soccombere per permettere alla corte di poter vivere in pace, senza disturbo.

In questo lavoro Carlo Fineschi affronta la dialettica maschile-femminile nelle ragioni di potere, come ha connotato i suoi protagonisti in questo senso?
Due regine in un mondo di uomini. Gli uomini in questo spettacolo sono come spettri che circondano le due sovrane, provano a manovrarle, ad attaccarle, provano a sedurle o a schiacciarle. Nella corte, nonostante sia una donna a regnare, prevale un fortissimo maschilismo disturbante, che paradossalmente Elisabetta accetta e non fa nulla per contrastare.

La femmina secondo gli uomini di corte è debole e vile, le sue lacrime sono pericolose, è un essere quasi da eliminare perché pericoloso, può sedurre gli uomini e indebolirli redendoli ebeti. Maria rappresenta tutto questo per loro: è libera, non li teme, è orgogliosa di essere donna e li contrasta. Deve quindi morire. Elisabetta invece si è adeguata per poter mantenere il trono, fino a perdere totalmente la propria femminilità e anche la propria umanità, snaturandosi a tal punto da rimanere sola per sempre.

Mi piacerebbe raccontare in termini essenziali la sua visione di teatro itinerante ed immersivo, con speciale riferimento a questa messa in scena.
Ho sempre considerato il teatro come spettacolo dal vivo. Un’ esperienza condivisa tra personaggi e pubblico, un qualcosa che accade in quel momento e che è irripetibile. Lo spettacolo itinerante è un viaggio sensoriale. Lo spettatore sfonda la famosa quarta parete per trovarsi in una nuova dimensione in cui si immerge totalmente.

Può essere come un sogno o come un incubo o semplicemente una realtà diversa. Il tentativo è quello di far vivere un’esperienza a 360 gradi, perdendo totalmente l’idea della divisione tra attore e spettatore. Nello spettacolo Maria Stuart entreremo nel 1587, questi palazzi storici e castelli si popoleranno di fantasmi che andranno a dar vita alla loro storia.

L’ambientazione proposta ha una parte essenziale nel racconto di questo dramma, ce ne descriva i tratti essenziali…
E’ stato scelto di fare questo spettacolo in palazzi storici e castelli per dare ancora più senso di verità alla rappresentazione. L’atmosfera di questi luoghi già da sola fa volare le menti in altre epoche e in altre dimensioni. Far apparire improvvisamente i  personaggi come fantasmi che si muovono a pochi centimetri dagli spettatori renderà tutto ancora più avvolgente. Le mura di queste dimore ci racconteranno la loro storia, tutto il loro passato, tutte le loro emozioni. Il luogo diventerà parte stessa della narrazione.

Oggi coordinare undici attori appare un vero sogno produttivo, quali sono stati, secondo Carlo Fineschi, gli elementi determinanti di questa operazione e a che pubblico pensa di rivolgersi?
Dopo due anni di pandemia, teatri chiusi e spettacoli bloccati, fare uno spettacolo in costume con undici attori poteva sembrare solo una follia. Se in più consideriamo che il numero degli spettatori per esigenze degli spazi è limitato, ancor di più fa credere che i produttori e il regista, visto il momento storico, siano da ricovero in un istituto psichiatrico.

Devo dire però che l’appoggio fondamentale del Nuovo IMAIE che sostiene l’operazione e la voglia di poter fare qualcosa in cui si crede ciecamente, fa dimenticare tutte le difficoltà burocratiche e amministrative che uno spettacolo come questo ha. Anzi proprio per il periodo, passato da pochissimo, poter far lavorare tante persone del settore è una spinta forte alla ripartenza.

Il pubblico a cui si rivolge è formato da persone che dopo due anni passati in isolamento, seduti su delle poltrone a fissare uno schermo e a confrontarsi con gli altri tramite tastiere e messaggi audio e telefonate, ha voglia di immergersi e vivere come un vero e proprio incontro questa storia.   

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