È la luce la prima fonte di energia per i corpi piantati sulla scena di Manifesto Cannibale, nuova produzione del CollettivO CineticO guidato da Francesca Pennini. La ricerca sul tempo, sul gioco, sull’insieme di codici e convenzioni che alimentano l’atto performativo, da sempre caratteristica del percorso della compagnia, fa qui spazio ad una nuova dimensione vegetale e vegetativa. Incontriamo Francesca Pennini, anima del progetto il 6 e 7 Novembre al Teatro Vascello di Roma per Roma Europa Festival.

Stillness is the new sexy è il messaggio di questo lavoro: dettagliatelo per noi.
“Botanica – Stillness is the new sexy” era lo strillo della primissima performance nata dal progetto: l’esito finale della mia docenza al Corso di Teatro e Arti Performative dello IUAV di Venezia. Era il Gennaio 2019 e l’immobilità, la lentezza e quella carica eroica-erotica dell’atto di resistenza silenziosa erano la nostra risposta al paradigma di accelerazione di “How to destroy your dance”, debuttato pochi mesi prima. Due facce del rapporto con il tempo: il caricare di una fionda contro il cristallizzare di una stalattite, il mondo dello sport e il mondo vegetale. The new sexy… Mi piace l’idea di una prospettiva pop e futura in cui gli ideali del fighissimo passano per prestazioni minime, periferiche, mute, gentili, silenziose, segrete… Un ribaltamento improbabile ma filologico, come il carattere di sessualità dirompente di tutto ciò che riguarda i fiori. La differenza tra impollinazione e copula.

CollettivO cineticO raccoglie e organizza circa 50 artisti provenienti da diverse discipline: come si coordina una piattaforma così ampia nello scendere in campo in ogni progetto? CollettivO CineticO funziona per accumulazione, proliferazione, collezione e connessione. Non ha una struttura di compagnia tipica ma è un organismo che muta costantemente. Agli artisti coinvolti – o meglio contagiati – appartiene il collettivo ma nessuno appartiene al CollettivO: non c’è logica di possesso ed esclusività. E’ gruppo, piattaforma di ricerca, di supporto, é squadra e nuova forma di famiglia. Certo, ci sono artisti con cui lavoro quotidianamente, decine che sono più frequentemente in scena nei progetti e alcuni che sono apparsi solo velocemente nel passato, ma tutti sono parte della tribù ed amo alimentare questo sentire trasformandolo in pratica quanto possibile. Amo la grande diversità degli artisti coinvolti, generalmente incontrati per vie accidentali all’insegna della condivisione di qualcosa tanto delicato quanto pericoloso. Siamo tutti un po’ abusivi, tutti sconfinanti in ruoli improbabili. Si coordina così: maneggiando senza briglie una selva sformattata di identità.

La luce e la musica sono energie primarie per questo manifesto cannibale: Schubert come secrezione corporea ed altre interessanti processi sinestitici…cosa se ne può dire a parole?
Luce e suono sono a tutti gli effetti i protagonisti della piéce. Sono soggetti, segni, simboli ma anche reagenti e organi di senso sulla scena. Si scambiano i connotati: lo spettro sonoro si fa luce e viceversa. Si parlano mantenendo costante la dialettica con il loro lato oscuro: la notte, l’ombra, il silenzio. Dal punto di vista tecnologico ci sono molti sistemi “responsive” (ad esempio le luci che reagiscono ai suoni degli spettatori e della scena), onde luminose particolari (infrarossi, stroboscopiche, flash fotografici…) ma il tutto avviene in una dimensione di grande semplicità. I passi e la voce sono il grado zero del suono dei corpi e un sole nero di pannelli fonoassorbenti incombe sulla scena. Un piccolo bestiario domestico di lampadine e registratori. Un eserciziario di attenzione per pupille e timpani. Un invito alla pelle per una nuova fotosintesi umana.

Il cannibalismo del titolo quante valenze include?
Almeno sette. Eccone una: il cannibalismo è una delle più grandi eresie, ovvero “mangiare il proprio simile”. E perché dovrebbe essere peggio mangiare il simile rispetto al diverso? Cosa succede nel momento in cui si discute il confine tra sé e Altro, se non ci si separa, se i principi stessi di differenza e appartenenza si rimescolano? Ecco che con un piccolo contorsionismo del pensiero tutto diventa potenzialmente cannibalismo. Se l’Altro è sempre anche me e io sono grazie all’Altro e sono parte dell’Altro, allora qualsiasi atto – dalla respirazione al sesso, dall’alimentazione alla visione – è cannibale. E, ancora, chi è l’Altro in quel mondo che ridisegniamo costantemente e chiamiamo Teatro? Lo spettatore, forse. È l’altro per eccellenza. È lo sguardo a cui ci offriamo, lo sguardo che gli restituiamo su di sé, lo sguardo che ci restituisce su di noi. Due specie separate dal boccascena, che da quella cornice di fauci si cibano l’una dell’altra. Bocca a due direzioni. Scena a due pance. Manifestarsi al corpo dell’altro, questo è il Teatro. Manifesto. Cannibale.

Il lavoro di Francesca Pennini vanta numerosi premi e riconoscimenti internazionali: quali condizioni migliorative apporterebbe alla nostra organizzazione locale in base ai confronti di cui gode la sua esperienza? Non credo che queste opinioni siano in alcun modo legate a premi o riconoscimenti… Ho solo qualche desiderio da condividere. Ho un sentire che non ha grosse soluzioni tecniche da impartire ma invita ad alcuni sradicamenti. Vorrei che il sistema italiano uscisse dalla logica della massificazione numerica, della valutazione quantitativa, della pesa al chilo, del possesso del primato, dell’esclusività, del nuovo assoluto, della prima (e dell’unica). Lo dico proprio ora sul ciglio di un debutto stagionato per tre anni, di un lavoro che mi è invecchiato nel ventre come un neonato anziano e che ora voglio più che presentare “presentificare”. Un  reperto fatto reagire con l’adesso, da confessare senza alcun paracadute. Gli spettacoli andrebbero rifatti, rivisti, condivisi.

L’esclusiva dovrebbe trasformarsi in Inclusiva. Le griglie parametriche sono stampi che incanalano la creazione fin dalle premesse. Resistere a quei bordi ortogonali è faticoso, compromettente… per quanto alle volte anche fertile, come ogni scomodità. Il sistema dovrebbe reagire alla selva, non recintare la semina.
Invito tutti a tornare a vedere questo Manifesto fra un mese, fra un anno. Non sarà lo stesso, come non lo sarete voi, come non lo saremo noi.

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