È stato un crocevia di incontri, workshop, reading e spettacoli. Fino al 18 settembre, il Friuli Venezia Giulia – con Pordenone, Polcenigo, San Giorgio della Richinvelda e Fontanafredda – è andato alla scoperta della creatività sommersa delle protofemministe.

Lo storico festival La Scena delle donne che da sempre esplora l’universo femminile attraverso il teatro, organizzato dalla Compagnia di Arti e Mestieri e diretto da Bruna Braidotti, è appena volto al termine, con la sua XVIII edizione.

Non solo una manifestazione: ma anche il titolo di un libro: dopo trent’anni, una storia delle donne in teatro torna sugli scaffali delle librerie. La nuova edizione del volume  La scena delle donne di Emilia Costantini e Mario Moretti, con la prefazione di Dacia Maraini, è stata presentata il 15 settembre, nell’ambito di pordenonelegge e in collaborazione con la Compagnia di Arti e Mestieri.

Bruna Braidotti, attrice, regista e direttrice artistica del festival, promotrice della nuova edizione del volume, ancora una volta, accende i riflettori sul ruolo delle donne nella cultura teatrale e nell’arte, riconoscendone la forza creativa – spesso dimenticata, perfino ignorata – del genere femminile.

Qual è la scena delle donne oggi secondo Bruna Braidotti?
Se la domanda è in generale, per me le donne dovrebbero essere in tutti i luoghi dell’agire umano. Ovunque. E non lo sono. Se invece la domanda si riferisce al festival, “La Scena delle donne” oggi è quella che riconosce a tutte le artiste del passato il loro valore, la loro grandezza, il motivo per cui è necessario studiarle, riproporle, e rendersi conto che abbiamo un passato di valore al femminile che è sempre stato misconosciuto. Sto parlando in pratica dell’edizione di quest’anno, che ha questa particolarità, e si intitola “Connessioni generazionali”. 

Come nasce l’idea del festival?
Il festival “La Scena delle donne” è nato nel 2006, da un incontro tra me e Alina Narciso, che aveva organizzato a Napoli “La escritura de la diferencia”, un altro festival dedicato alla drammaturgia femminile. E in particolare da una e-mail in cui io scrivevo in oggetto ad Alina «Pordenone chiama Napoli». Ad Alina chiedevo di incontrarci, perché stavo cercando collaborazioni internazionali e partner per poter iniziare un percorso teatrale al femminile. L’idea primaria nasce però anche da questo testo che è stato appena presentato, aggiornato: “La scena delle donne” di Emilia Costantini e Mario Moretti, una summa che racchiude tutto l’impegno teatrale femminile dall’antichità ad oggi. È stato lo spunto per me, lo stimolo, per fare qualcosa di più concreto per le donne. Quando ho iniziato a realizzare il festival, partecipò alla sua prima edizione anche Judith Malina, che ai tempi compiva ottant’anni. Venne a Pordenone a fare i primi spettacoli e diede anche un bel lancio alla rete nazionale di operatrici teatrali, che oggi si chiama “Rete per la parità di genere nelle arti performative”. In sintesi, è tutto nato grazie al libro di Costantini e Moretti, da cui proviene il titolo del festival quasi come una sorta di omaggio, e grazie alla collaborazione con un’altra capocomica, Alina Narciso appunto, che lanciava similmente qualche anno prima un festival a Napoli, poi spostatosi a Cuba

Qual è stata la novità di questa edizione?
La novità di questa edizione è stata il tributo che si vuole fare alle drammaturghe e autrici del passato. Stiamo lavorando su questo. Abbiamo approfondito in un laboratorio per attrici Inés de la Cruz, una drammaturga messicana molto importante ma qui misconosciuta ai più; Christine de Pizan, italiana del Quattrocento che ha vissuto in Francia, ritenuta la prima scrittrice di Francia; Gertrudis Gómez de Avellaneda, grande scrittrice ispano-cubana; Arcangela Tarabotti e Moderata Fonte, entrambe veneziane del Seicento. Abbiamo poi inserito Olympe de Gouges, rivoluzionaria francese che è stata ghigliottinata per il suo impegno rivoluzionario, ma che era anche un’autrice, oltre al fatto che si occupasse di politica. Queste sono le autrici su cui ci siamo concentrate in questa sessione de “La Scena delle donne”, perché riteniamo che sia necessario recuperare la grandezza delle donne del passato, che sono alla base anche del nostro stesso impegno; ci ricordano che se abbiamo avuto condizioni migliori per le donne è stato grazie a loro, alle donne che hanno già calcato le scene con il proprio contributo. Siamo loro ancora debitrici, tutta la società lo è, anche se sono state dimenticate. Ecco, questa vuole essere l’occasione per riportarle alla luce.

Il contributo femminile al teatro è stato molto ricco, solo che quasi nessuno lo sa, perché come anche in altri campi del sapere ciò che le donne hanno fatto, scritto, detto, anche nelle situazioni più avverse, è stato omesso o rimosso. E se tutt’ora perdura questa grande carenza di donne nella storia del teatro, ciò è dovuto alla mancanza di una tradizione e trasmissione del contributo culturale femminile – ha dichiarato. Che cosa si può fare per colmare, o recuperare queste lacune?
Per recuperare le lacune che la nostra cultura ha creato e lasciato nel contributo femminile al teatro bisogna fare quello che io stessa sto cercando di fare, e cioè far conoscere prima di tutto queste autrici, diffondendo il più possibile il loro sapere. È un passo necessario estenderne la conoscenza, trasmettere questo sapere alle giovani generazioni di attori e attrici che sono qui presenti affinché loro stessi se ne facciano volano rispetto ad altri.

Da questo punto di vista, attraverso il libro “La Scena delle donne” abbiamo fatto una conferenza-spettacolo, che divulgo ogni tanto, perché credo sia necessario dare voce a queste donne e, soprattutto, metterle in scena. È importante che sia donne di teatro sia uomini di teatro incomincino a valorizzare queste autrici e a metterle in scena. Ci sono testi molto interessanti e attuali. Ciò darebbe magari più forza, aumenterebbe l’autostima delle attrici di oggi che grazie a questa forza potrebbero, finalmente, assurgere alla parità in questo campo.

Quello che queste donne hanno fatto, tanti secoli fa, è incredibile, eppure non ne sappiamo niente, non abbiamo potuto storicamente basarci su questa forza e questa autodeterminazione per continuare ad avere autostima verso noi stesse e andare avanti. Perciò è importante che vengano divulgati i pensieri di queste autrici. I loro testi veicolano qualcosa di talmente sconvolgente, ed è sconvolgente perché quello che loro dicevano secoli fa lo diciamo noi oggi.

Noi donne di oggi avremmo più possibilità di lottare a differenza delle donne del passato e possiamo farlo attraverso le arti tutte, e la cultura in generale, per finalmente essere pari in tutti i campi, e invece stiamo zitte. Non c’è un movimento, una vera forza delle donne, a dire “rendiamo onore a queste donne del passato”. Cosa dobbiamo fare, allora? Muoverci e andare in piazza, tanto per cominciare, fare coalizione fra noi donne e dire “basta”. Pensiamo, per esempio, ai femminicidi. Abbiamo fatto un incontro su Arcangela Tarabotti e la monacazione forzata, con Marta Cuscunà e la studiosa Francesca Romana Medioli, che ha messo in luce come sì, è vero che non siamo più costrette ad andare in convento, ma la situazione dei femminicidi in Italia ci equipara all’India. Abbiamo la stessa emergenza su scala mondiale e l’Italia ha all’incirca lo stesso numero di femminicidi dell’India. Un numero altissimo, si ammazza in media una donna ogni due giorni e mezzo. E non si vede una manifestazione. Iniziative come la nostra sono uno sprone alle donne per dire la loro. 

All’interno del Festival è stato presentato il libro La scena delle donne di Emilia Costantini e Mario Moretti con la prefazione di Dacia Maraini, nella nuova edizione pubblicata da BeaT (2022). A proposito di Dacia Maraini: è stata una delle principali protagoniste del Teatro delle Donne: qual è il ruolo della donna all’interno del teatro, della letteratura e delle arti, da sempre dominato dagli uomini?
A “pordenonelegge” abbiamo presentato la riedizione del libro (la prima è uscita nel 1992). È stato ripubblicato con l’aggiornamento di Maria Letizia Compatangelo, Patrizia Monaco e un contributo mio con Alina Narciso attraverso un’intervista di Renata Savo. La riedizione si è resa necessaria, io l’ho voluta e l’ho promossa proprio perché è un po’ una base per tutte le donne che vogliono sapere come le altre donne hanno fatto teatro. Un excursus ammirevole, che parte dall’antichità per arrivare fino ai giorni nostri.

Lo scopo della riedizione è divulgare questo testo meraviglioso, che vede la prefazione di Dacia Maraini non a caso, in quanto lei soprattutto è stata fondamentale nella storia del teatro delle donne, e il teatro è stato ed è tuttora uno dei suoi più grandi amori. Oltre a essere un’autrice teatrale ha fondato il collettivo de La Maddalena a Roma negli anni ’70. Ha vissuto il teatro dall’interno anche se non ha mai fatto l’attrice. La sua prefazione è molto preziosa, perché Dacia Maraini è una donna che, scrivendo di teatro, sa benissimo quale è stata l’omissione delle donne. Alle donne, oggi, il ruolo di cambiare le cose, dato che sono state messe nei secoli in cantina, oscurate dalla drammaturgia maschile.

Il ruolo che hanno avuto nei secoli nei testi teatrali scritti da uomini un po’ lo sappiamo, visto che sono stati messi in scena molte volte, e sono personaggi femminili aderenti agli stereotipi. Adesso alle donne il ruolo di prendersi la scena, per recuperare anche il tempo perduto in tutti questi secoli, in cui non è stato visibile grande apporto femminile alla scena. Stiamo facendo tutto questo per questo motivo. E con noi abbiamo Dacia Maraini e le autrici del passato e contemporanee che sentono questa grande esigenza.

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