Pietro Bartolo, il medico coraggio di Lampedusa che per oltre 25 anni ha curato le ferite dei migranti nell’isola siciliana, oggi è un europarlamentare del Pd. Lampedusa invece rimane sempre al suo posto, la più avvezza tra le Pelagie ad accogliere migliaia di uomini, donne e bambini che fuggono da guerre, da violenze inimmaginabili, dalla povertà.

Se la buona narrativa non scade mai e i saggi vengono spesso sopraffatti dal tempo che muta i punti di vista,  ci sono alcune narrazioni della realtà che con gli anni acquistano valore.

Lacrime di sale, di Pietro Bartolo e della giornalista Rai Lidia Tilotta, è uno di questi; pubblicato nel 2016 da Mondadori, è ancora attuale come lo è il ripetersi degli sbarchi dei migranti nel Mediterraneo e l’ incapacità dei governi di gestire le politiche dei flussi extra europei. 

Cronache dei corpi violati

Come nei migliori reportage narrativi, il libro è scritto in prima persona. La voce narrante è quella di Bartolo che apre la porta della sua memoria al lettore, regalandogli spezzoni della sua infanzia a piedi nudi, semplice ma felice, nell’isola. Il futuro medico è il figlio timido di un pescatore, poi è studente con la vocazione per la cura e per l’ascolto, poi professionista, marito e padre, infine cittadino-testimone

Lacrime di sale raccoglie decine di storie importanti, soprattutto incontri con sopravvissuti, sinceri faccia a faccia con i loro corpi e le loro anime violate. 

È anche la cronaca di decine d’ ispezioni cadaveriche. Quei corpi toccati per ultimo raccontano, forse meglio di quelli vivi, le storie degli abusi, dei dolori inimmaginabili, delle vite cancellate.

Niente accordi facili con i lettori 

In questo rimanere a tu per tu con il corpo dell’altro, Bartolo rompe l’accordo facile con il lettore: nel libro non esistono posizioni comode. Se c’è da descrivere il tanfo della morte, o il giovane poco più che ventenne sopravvissuto alla traversata ma che non vuol farsi visitare perché è stato evirato in patria, o la ragazzina stuprata che finge di non esserlo stata per la vergogna, o ancora le giovani che portano in grembo i figli della violenza, o gli occhi spenti delle madri senza figli o dei figli senza più nessuno al mondo, o dei padri che in mare hanno dovuto scegliere quale figlio salvare, ecco, quando tutto questo serve, Pietro Bartolo e Lidia Tilotta lo raccontano e basta. 

L’indomani mattina arrivò a Lampedusa una motovedetta della guardia di finanza. In banchina, stavolta, non avevano portato i superstiti ma ventuno corpi, che furono allineati, come sempre, nei sacchi verdi sul molo Favaloro. E come sempre, prima di aprirli, feci un giro attorno a ognuno di loro per farmi coraggio. Tra le ventuno vittime c’erano quattro bambini, maschi e femmine. Erano bellissimi, sembrava dormissero. Non smetterò mai di ripetere che fare le ispezioni cadaveriche è drammatico, ma farle sui bambini è straziante. Tornai a casa ancora più devastato del giorno precedente. 

La copertina del libro
Lacrime di sale

Altri numeri, altre storie 

Bartolo racconta che più di vent’anni fa, quando a Lampedusa iniziarono i primi sbarchi, gli isolani chiamavano i migranti i turchi. Nella primissima fase arrivarono le poche barche dei nordafricani, e si trattava di casi sporadici.

Poi i numeri e le storie si sono moltiplicati ed è per questo che curare i migranti approdati a Lampedusa ha significato coinvolgere gli abitanti dell’Isola. Non è stato difficile appellarsi al buon cuore di un popolo che deve tutto al mare; nel libro c’è spazio anche per quegli eroi mai cantati che non entreranno mai nei nuovi libri di storia. 

Ma non c’è buonismo in Lacrime di sale. Come quando viene citata Hannah Arendt per descrivere gli uomini banali che oggi vogliono erigere muri e respingere i profughi e che non si comportano tanto diversamente dai collaboratori di Hitler.

Parole organizzate 

Non è solo una questione di memoria e di comprensione. Lacrime di sale è molto più di un diario grazie anche al lavoro della giornalista della TgRai Sicilia,  Lidia Tilotta, che si è occupata a lungo di migranti e di Lampedusa.

L’unione tra narrazione autobiografica e organizzazione puntuale e verificata dei fatti, rendono questo libro un evergreen al pari dei grandi reportage. Una preziosa riscrittura della realtà che unisce valore e bellezza. 

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