Fino a circa 10.000 anni fa l’uomo era organizzato in tribù nomadi, all’interno delle quali dominavano le donne, con la loro forza creatrice e la crescita della prole. L’uomo si dedicava alla raccolta delle erbe, dei frutti naturali e alla caccia.

Possiamo definire quelle tribù rette dal matriarcato rivolto principalmente alla sopravvivenza e alla crescita di nuovi membri, che davano forza e importanza alla tribù stesse. Ma con il tempo, la società organizzata in Stati produce lotte e guerre di supremazia e l’uomo con la sua forza assume il dominio anche nei confronti della donna.

Il Medioevo rappresenta il periodo più buio sotto questo aspetto: le continue invenzioni (ad opera principalmente dell’uomo) segnano un solco sempre più profondo tra l’uomo e la donna. Poi la svolta: alla fine dell’800 arriva la macchina da scrivere che ribalta la situazione offrendo spazio alle donne, desiderose di dimostrare le proprie capacità, anche fuori dalla vita domestica.

Il ruolo della donna all’interno degli uffici ad affiancare l’uomo, è stato capito solo dalla fine del diciottesimo secolo. Il primo a farlo fu il giornalista e poi senatore degli USA, Christopher Lathan Sholes. Contrariamente alle sue aspettative l’operazione fu molto laboriosa e richiese la produzione e la registrazione di oltre trenta modelli, prima di ottenere intorno al 1880 un buon risultato con la sperimentazione di una macchina a battuta non visibile da parte dell’operatore, chiamata The Calligraph e prodotta a New York.

Ma chi era in grado di testare i suoi modelli, considerato che non esistevano ancora i dattilografi? Il signor Sholes aveva una giovane figlia di circa diciotto anni di nome Lilly che, chiamata a usare i prototipi ideati dal papà, dimostrò subito una spiccata manualità e grande capacità di attenzione.

Lilly fu la prima dattilografa della storia e fu anche la donna che introdusse l’elemento femminile negli uffici. Nasce così negli Stati Uniti il nuovo mestiere di dattilografa e si diffonde rapidamente con la stessa rapidità dell’affermazione della macchina da scrivere, divenuta attrezzo indispensabile nella comunicazione scritta e nella contrattualistica. Pare che nel 1890, prima di morire, Sholes abbia affermato:

Sento di aver fatto qualcosa per le donne che hanno sempre dovuto lavorare così duramente. La macchina da scrivere permetterà loro di guadagnarsi da vivere più facilmente“.

Se per noi oggi le macchine da scrivere non sono altro che pezzi d’antiquariato che fanno vibrare i cuori ai nostalgici di un’epoca ormai andata, non si può negare che la loro invenzione portò al rinnovamento in diversi campi della vita delle donne, iniziando una rivoluzione che in qualche modo fa sentire ancora i suoi effetti.

Basti pensare che il primo concorso con cui le donne furono ammesse nelle ferrovie fu con la qualifica di «aiuto applicato stenodattilografe» nel 1961 (vi parteciparono quasi tutte donne). Prima di allora le donne presenti erano state assunte durante la guerra, soprattutto perché orfane o vedove di ferrovieri. 

Nel 2012 è uscito nei cinema il film francese Tutti pazzi per Rose. Ambientato nel 1958, racconta le vicende di Rose Pamphyle, una graziosa ragazza con ambizioni da segretaria e con il talento innato di saper battere sulla macchina da scrivere ad una velocità tale da farla diventare campionessa nazionale di dattilografia.

Rose è un personaggio di fantasia, ma il contesto delle sfide di battitura è del tutto realistico. Queste gare iniziarono ad essere organizzate negli ultimi decenni dell’Ottocento in America, dal 1900 anche in Italia, e avevano tutti i crismi delle competizioni sportive più tradizionali.

Dato che il lavoro di segreteria era solitamente affibbiato al genere femminile, le concorrenti erano soprattutto donne. Gli uomini non mancavano ma, forse intontiti dai troppi estrogeni che li circondavano, venivano stracciati senza pietà dalle loro colleghe in gonnella e cappellino.

Torino ha avuto la sua Rose: Piera Bollito, classe 1905. Era in grado di far volare le sue dita sulla tastiera alla velocità di ben 600 battute al minuto. La competizione si svolse il 3 ottobre 1936 presso il cinema Ambrosio di Torino: si richiedeva di ricopiare in sei minuti la prefazione scritta da Mussolini al libro del maresciallo Emilio De Bono sulla guerra d’Etiopia. Piera Bollito, la «testina bionda che filava come un fulmine», come la descrisse un cronista, vi partecipò e arrivò prima su ben 135 partecipanti. Il premio fu una macchina da scrivere portatile Olivetti nuova fiammante.

Ma alle donne non basta essere più veloci degli uomini a scrivere con la tastiera. Le donne cercano metodi per diventare ancora più veloci anche tra di loro. Così nel 1969 una donna di nome Irvine Dodds brevetta una tastiera per macchina da scrivere che include una pluralità di file di tasti, con due barre di azionamento del meccanismo allungato della macchina da scrivere posizionate anteriormente ai tasti della tastiera. La prima barra si estendeva almeno in parte per metà della larghezza della tastiera e la seconda per l’altra metà. Una barra azionava un meccanismo di spazio e l’altra azionava un ritorno a capo.

«Le dita (come le donne) hanno una memoria portentosa, l’importante è consentirgli di svilupparla». La ragazza con la macchina da scrivere, Desy Icardi, 2020.

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