Giorni fa, prendendo spunto dagli episodi misogini e discriminatori accaduti durante una puntata del Maurizio Costanzo Show, ho presentato un’interrogazione parlamentare per cercare di cambiare approccio nei confronti di chi, ancora oggi, utilizza il mezzo televisivo senza preoccuparsi di chi c’è dall’altra parte dello schermo.

Non si tratta di politicamente corretto o di voler inibire la libertà di espressione, si tratta di dare nuovamente alla televisione e ai nuovi media, quel ruolo formativo ed educativo che hanno ricoperto per lungo tempo ma che ormai hanno completamente smarrito.

La televisione italiana è lontana anni luce dagli standard che richiedono le direttive europee e internazionali sulla parità di genere, contro le discriminazioni e il linguaggio d’odio, e questo è, senza dubbio, uno dei motivi per cui il nostro Paese è negli ultimi posti per ciò che riguarda l’educazione sentimentale.

Da anni si moltiplicano le campagne di sensibilizzazione nelle scuole per limitare questi fenomeni, per educare i nostri ragazzi all’uguaglianza e al rispetto e poi assistiamo a dei siparietti televisivi che vanificano tutto, scenette in cui le donne vengono oggettivate e spersonalizzate e i gay derisi come nella più becere delle commedie comiche anni ’80.

A questa mia presa di posizione il Dott. Costanzo ha risposto stupendosi e ironizzando sul fatto che il Parlamento abbia tempo di occuparsi dei suoi programmi televisivi perché, probabilmente, non ha altro da fare. Ma il punto non è questo.

Il punto è che invece ci sarebbe da stupirsi e da indignarsi se il Parlamento, e più in generale la politica, non si occupasse di salvaguardare le diversità, il rispetto della parità di genere, l’educazione.

Non è in discussione la libertà di espressione ma l’uso dei media

La questione è molto più complessa e merita maggiore approfondimento e minore ironia e banalità. Non si discute la libertà di fare una battuta, per quanto infelice, si discute dell’utilizzo del mezzo televisivo come strumento di formazione delle nuove generazioni.

E di questo, il dott. Costanzo mi scuserà, mi auguro che il Parlamento trovi il tempo di discutere. Non per fare un piacere a me o un torto a lui, ma perché è fondamentale che la televisione non sia più fonte di discriminazione e di episodi offensivi verso una o l’altra categoria. Non possiamo più nasconderci dietro il velo della libertà a tutti i costi, perché questo tipo di libertà, che ledono la dignità altrui, non liberano ma ingabbiano e condannano ad una estrema pochezza culturale.

A questo proposito mi sento di consigliare il nuovo libro di Carlo Calenda La libertà che non libera. Riscoprire il valore del limite (ed. La Nave di Teseo) che indaga proprio questi aspetti della società moderna.

La libertà che non libera. Riscoprire il valore del limite (ed. La Nave di Teseo)

Cito dalla quarta di copertina:

“L’assenza di moderazione in tanti campi dell’agire pubblico e privato; il rifiuto dei valori della competenza, dell’autorità e dell’educazione formale; la difficoltà ad accettare le categorie morali di obbligo, dovere e gerarchia. Si è diffusa una cultura che nega il valore del limite. Abbiamo bisogno di ristabilire dei limiti, anche per essere felici come individui”.

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