Cominciamo da un episodio piuttosto famoso. Nella vecchia e ruggente Hollywood – quella di Louis B. Mayer, Darryl Zanuck, Howard Hughes e Irving Thalberg – e al contrario di ciò che avviene oggi, erano le Major e i produttori a commissionare le sceneggiature, costruendo poi le pellicole in base ai contratti (spesso ferrei) che stipulavano con registi, sceneggiatori e attori, obbligati a restare nei rispettivi recinti: MGM, RKO, Paramount, Warner. Poteva capitare che allo sceneggiatore di Quarto Potere (o Citizane Kane, se volete) venisse assegnata la sceneggiatura di un episodio de Le Avventure di Rin Tin Tin. All’epoca, il mitico pastore tedesco era una star (di più, era La Star), ma lo script dell’episodio, assegnato a Herman J. Mankiewicz, fu per lui una punizione, in quanto non era, diciamo, avvezzo alle regole e al buoncostume. Per Mank (cominciamo a chiamarlo così) l’affronto era indigesto tanto quanto l’alcol che non mollava mai, e allora di tutta risposta scrisse l’episodio capovolgendo la situazione: il cane eroe diventa codardo e trascina un bambino in un palazzo in fiamme.

L’aneddoto, probabilmente enfatizzato, venne raccontato da Nunnally Johnson (lo sceneggiatore di Furore) a Pauline Kael, una delle più grandi critiche cinematografiche del Novecento. Proprio Pauline, nel 1971, mise in risalto la vicenda in un pezzo storico del New Yorker, Raising Kane, nel quale (di)mostrava che la paternità della sceneggiatura di Quarto Potere non fosse (solo) di Orson Welles ma (soprattutto) di Herman J. Mankiewicz. Questa leggenda, che dura da decenni, è sempre stata nella mente di uno dei più influenti registi contemporanei, David Fincher, che l’ha voluta protagonista del suo nuovo film, intitolato giustappunto Mank e disponibile su Netflix dal 4 dicembre. Inutile sottolineare che è già uno dei film dell’anno, anche grazie all’interpretazione di Gary Oldman che veste i panni di Mankiewicz, quel newyorkese geniale e vizioso in grado di scombussolare le sorti della Settima Arte nel dinamitardo momento che vide irrompere il sonoro.

E insomma, chi era Herman J. Mankiewicz? Fu l’unico autore oppure vi collaborò davvero il gigantesco Welles? Da dove arrivarono le ispirazioni per la figura di Charles Foster Kane? Andiamo con ordine: Mank è, essenzialmente, un’icona, oltre ad essere scrittore, giornalista e regista che, prima di tutti, capì l’importanza nevralgica del racconto e della storia. Nato in una fumosa New York di fine Novecento (e dove, se non nella città in cui tutto può accadere?), studiò alla Columbia e finì a Berlino come inviato del Chicago Tribune, tornando poi in USA come critico teatrale per il New York Times e per il New Yorker. Manhattan, per lui, era fonte di ispirazione e di soggetti (ci torneremo), pronti per diventare cinema nella Hollywood degli Anni Trenta. Mank sapeva usare molto bene le parole, e il suo stile raffinato e brillante era perfetto per le prime pellicole arrivate dopo Il Cantante di Jazz, film di Alan Crosland che segnò l’arrivo del sonoro.

Nel 1928 firmò le didascalie de I Signori Preferiscono le Bionde, poi la sceneggiatura di Crepuscolo di Gloria, ancora Rosa d’Irlanda, Honey e Pranzo alle Otto, giusto per citarne alcuni titoli. In breve, la carriera hollywoodiana di Mank era ormai lanciata, tanto da diventare uno degli scrittori più pagati al mondo e, probabilmente, l’unico sceneggiatore dell’epoca capace di accompagnare il cinema da una dimensione all’altra. Intorno a Mank, però, aleggiavano quei demoni che spesso accompagnano l’innata genialità: era ossessionato dal gioco e, in particolar modo, era costantemente attaccato alla bottiglia. Anzi, era oltre gli standard degli alcolizzati di Hollywood. Una condizione drammatica che gli costò l’ostracismo delle Major (vedi alla voce Rin Tin Tin) e specialmente la prematura morte nel 1953, in seguito da avvelenamento uremico.

Lacrime a parte, entriamo nel fulcro dell’affaire Citiziane Kane: Mankiewicz e Orson Welles, prima di Quarto Potere, lavorarono nel radiodramma The Campbell Playhouse, e insieme avanzarono l’idea di realizzare una sorta di biopic non autorizzato ispirato alla figura di William Randolph Hearst, editore del tabloid scandalistico New York Daily Mirror, giornale inzuppato di scandali, gossip gratuito e notizie inventate eppure capaci di alterare la realtà delle cose (vi ricorda qualcosa?). Ecco, la figura di Hearst (che voleva distruggere tutte le copie del film prima dell’uscita datata 1 maggio 1941) era una delle tante assimilate da Mank e portate a Los Angeles, e successivamente utilizzate per la sceneggiatura di Quarto Potere. Questo punto, fondamentale, ha aperto la discussione su chi tra Welles e Mankiewicz sia a tutti gli effetti il creatore di Charles Foster Kane e della sua Rosabella. La leggenda urbana su come siano andate effettivamente le cose è, tutt’ora, nebulosa.

Però è innegabile che Quarto Potere durante la promozione era affibbiato totalmente a Welles, causando una certa rabbia in Mank che andò alla Screen Writers Guild dichiarando di essere l’autore originale. Welles rispose che tra i due c’era un accordo, Mankiewicz invece non era della stessa opinione e senza far torto, la Screen Writers Guild decretò un credito congiunto ma con una particolarità: il nome di Herman J. Mankiewicz venne messo prima di quello di Welles. L’articolo di Pauline Kael negli Anni Settanta diede il via ad un vero e proprio dibattito aprendo diversi schieramenti opposti. Una leggenda cinematografica che, nonostante il parere ufficiale della Screen Writer Guild è ancora ampiamente discussa, arrivando, appunto, a David Fincher e al suo Mank che, invece, ha uno sceneggiatore riconosciuto, ovvero Jack Fincher, scomparso nel 2003 lasciando in eredità al figlio David una vicenda incredibile.
Ah, quasi dimenticavamo: Herman J. Mankiewicz ha attivamente collaborato alla sceneggiatura di un altro capolavoro, Il Mago di Oz, senza però venire accreditato. Ma questa è un’altra storia.

Condividi: