Avevo avuto modo di scriverlo in passato, qui su rewriters.it: la Chiesa Cattolica Istituzione, quasi volesse competere con gli autori di DARK, la serie che ha sdoganato la relatività del tempo, ci sta coinvolgendo in un entusiasmante viaggio all’interno di un vortice spazio temporale.

Siete stanch* della modernità, della vita digitale, esasperat* dal covid? La Chiesa Cattolica vi viene incontro, mettendo in campo delle iniziative decisamente sorprendenti. Pochi mesi fa il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede che, in una cartella scarna, liquidava anni di percorso di ricerca teologica tedesca sulle benedizioni per le coppie gay. Oggi, invece, apprendiamo che, con una mossa inedita, il 17 giugno scorso si è deciso di sfoderare le armi diplomatiche per impedire la trasformazione del #ddlzan in legge dello Stato.

La notizia è rimbalzata sulle cronache mondiali a partire da uno scoop del corriere della Sera che ha rivelato che il Segretario per i rapporti con gli Stati, monsignor Paul Richard Gallagher, avrebbe consegnato una cosiddetta nota verbale, ovvero una comunicazione scritta in terza persona e non firmata, all’Ambasciatore italiano presso la Santa Sede.

La prima volta della diplomazia

Lo scalpore è generato dal fatto che sarebbe una inedita prima volta in cui lo Stato Vaticano sfoggia il ricorso alla diplomazia per influire sulle sorti di una legge di uno Stato sovrano, in questo caso l’Italia.

Nella nota verrebbero rappresentate le preoccupazioni dell’Istituzione cattolica per i contenuti del DDL ZAN e, in particolare, per alcuni passaggi che sembrano minacciare l’accordo tra Stato Italiano e Santa Sede del 1984. L’articolo dell’accordo che sembra sotto attacco sarebbe il secondo, laddove si garantisce alla Chiesa Cattolica la “libertà di organizzazione e ai cattolici” “la piena libertà di riunione e di manifestazione del pensiero”.

Chiuso questo lungo preambolo, cerchiamo di capire da dove si generi questo invito alla pugna.

Un atto della Chiesa
può scatenare ilarità

Consentitemi una nota di aggancio emotivo personale. Ho pensato a quali emozioni mi avesse scatenato apprendere questa notizia. Si potrebbe pensare, essendo io un cattolico gay, a sconforto, rabbia, senso di tradimento, rassegnazione, voglia di fuga… Nulla di tutto questo. Credetemi, a me è venuto spontaneo un moto di ilarità. Nel 2021, anno che dista quasi 50 anni dalle prime leggi comparse in Occidente (in Canada) per punire l’odio transfobico, e da quasi 20 anni dalla emanazione delle stesse nella maggior parte dei nostri vicini europei, ci troviamo a vivere questo scenario distopico, tipo “Il racconto dell’ancella” , in cui frange fondamentaliste destrorse e neocattoliche, unite in una clamorosa quanto improbabile alleanza con il femminismo radicale e un certo mondo radical chic di sinistra, vogliono convincerci che, dietro la lotta all’odio omotransfobico si celi una sinistra rivoluzione sotterranea che vuole colpire, udite udite, i diritti delle donne, la famiglia, la libertà di pensiero.

Ma basta leggere il DDL ZAN per rendersi conto di quanto artefatta sia questa narrazione terroristica.

Il disegno di legge, infatti, benché non ce ne sarebbe alcun bisogno vista la gerarchia delle fonti del diritto italiano che mette al primo posto la Costituzione, prevede, all’articolo 4, che “sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime ri­conducibili al pluralismo delle idee o alla li­bertà delle scelte”.

Quindi, anche al lettore più distratto, balza all’occhio con immediatezza che non esista alcuna minaccia a quella “libertà di organizzazione” prevista all’interno dell’Accordo Stato-Chiesa.

Ma allora, a cosa attribuire questa sortita? Al caldo afoso che sta colpendo il Bel Paese in questi giorni?

Le ragioni della Chiesa

No, la ragione esiste ed è molto profonda. Va compresa per intercettare bene le manovre che, da varie parti, stanno procedendo a un progressivo smantellamento del disegno di legge. Sta tutto nell’articolo 2, comma d) laddove si specifica che “per identità di genere si intende l’i­dentificazione percepita e manifestata di sé
in relazione al genere, anche se non corri­spondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione
“.

E’ questo che spaventa il Vaticano e le femministe radicali, il voler/dover ammettere che il mondo non è solo bianco o nero e, pensate un po’, neanche fatto solo di sfumature di grigio. Il mondo è rivestito da milioni di varietà cromatiche, dalle più tenui a quelle più decise. Potrebbero dire “facciamocene una ragione! Rivestiamoci di colori!”, e invece no. Vogliono convincerci che esistono solo due colori.

E, quindi, inutile sollevare gli scudi al grido di “è donna solo chi nasce con la vagina”, frase che abbiamo avuto il dispiacere di leggere in queste settimane; inutile spacciare in dibattiti pubblici che esiste il rischio che un uomo possa voler diventare donna per opportunismo, ad esempio per accaparrarsi un posto come quota rosa in un CdA o per vincere con il suo corpo maschile in una competizione sportiva femminile.

Bisogna arrendersi, accettare che la realtà, la vita prevede che ci siano persone nate in un corpo che non sentono appartenere loro e che sentono di dover evolvere da quel corpo e migrare verso una espressione di sé aderente alla identità di genere sentita nel profondo.

L’uomo e la donna: due monoliti

Entrando nello specifico delle paure “vaticane”, bisogna rammentare che l’intero impianto della teologia morale cattolica è basato sulla complementarietà tra due monoliti inscalfibili: l’uomo e la donna a cui vengono attribuiti ruoli non solo biologici ma anche sociali e famigliari. Tra uomo e donna non può esserci null’altro. Fanno paura le persone omosessuali che sono sì uomini e donne ma desiderano altri uomini, altre donne; fanno paura le persone transessuali che nascono uomini, o donne, ma vogliono affermare il loro sentirsi donne, o uomini. Fanno ancora più paura la fluidità e il crossplay della generazione Z, perché imprevedibili, incontrollabili, proprio come lo è paradossalmente la natura.

Tornando alla sortita diplomatica della Santa Sede, il mio pensiero è che sia una mossa che manifesta una strana incoerenza con l’idea di Chiesa verso cui ci sta traghettando Papa Francesco: una chiesa contemporanea, che guarda alla persona, alle persone, che apre i confini e rifiuta i ghetti.

Proprio Papa Francesco, nel primo Angelus successivo al Responsum sulle benedizioni per le coppie omosessuali, pronunciò questa frase: “Si tratta di seminare semi di amore non con parole che volano via, ma con esempi concreti, semplici e coraggiosi, non con condanne teoriche, ma con gesti di amore.”

La soluzione c’é: aprirsi alla vita

E allora, perché non affrontare il tema dell’omotransfobia cercando di approfondire il tema con le persone e a partire delle persone? Perché, volendo parlare di identità di genere, non riconoscere la competenza esistenziale delle persone transessuali, dei genitori degli adolescenti transessuali che accompagnano i loro figli in un cammino di rinascita a cui loro stessi devono farsi nuovi? Perché non parlare con le persone? Perché usare i canali diplomatici, le alleanze lobbistiche per contrastarsi tra fazioni avverse nella Chiesa Istituzione?

La risposta sarebbe semplice. A me la ha svelata Alberto Maggi, frate servo di Maria, biblista, fondatore del centro studi biblici Giuseppe Vannucci di Montefano.

Alberto Maggi

La possiamo trovare in uno dei suoi tanti libri, come Versetti Pericolosi . Il messaggio del Vangelo è pericoloso perché un messaggio di vita, di libertà, che mette in discussione il concetto stesso di religione organizzata. “Se Dio è amore, e non potere, non può essere comunicato attraverso la Legge o la Dottrina, ma solo mediante gesti che trasmettono vita.”.

E, quindi, il mio insensato appello alla Chiesa Cattolica è di portare avanti l’intuizione, la profezia di papa Francesco: aprirsi alla vita che scorre, sempre diversa, sempre nuova, sempre unica, sempre bella! Non rinchiudersi in gabbie asfittiche, perché di stagnazione si muore. Le cose accadono se ci si concede all’incontro con le persone, con la vita, se si è in movimento, in ricerca continua.

“Ah, insensatez
Que você fez
Coração mais sem cuidado”

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