Si chiama Diritto allo studio o meglio diritto all’istruzione, e in Italia è scritto nero su bianco in una manciata di frasi racchiuse all’interno dell’articolo 34 della nostra giovane Costituzione nata nel 1948.  

Un diritto planetario, quello dell’istruzione, sancito dall’Onu nello stesso anno con l’articolo 26 nella dichiarazione universale dei diritti umani

E un diritto universale non fa mai, per sua natura, alcuna discriminazione per sesso, età o etnia di appartenenza. Eppure, a distanza di quasi un secolo (73 anni per la precisione) dalla sua approvazione, il diritto allo studio, oggi così reclamato da studenti e genitori nelle piazze italiane assediate da Covid e Dad (didattica a distanza), esclude ancora 57 milioni di bambini e bambine nel mondo. Il pensiero corre subito a quella parte di mondo più svantaggiata dove la democrazia fatica a germogliare e i diritti umani sono simili agli imprevisti delle carte del Monopoli.   

Eppure 1.2 milioni di bambini estromessi dall’istruzione primaria risiedono proprio fra Europa Occidentale e Nord America. Già perché se il 25 Gennaio 1 milione di studenti avranno la fortuna di tornare sui banchi di scuola dopo nove interminabili, alienanti mesi di Dad e Did (Didattica integrata digitale), per moltissimi altri (4.8 milioni nei paesi arabi; 2.7 milioni in Sud America; 17.8 milioni in Asia, 29.8 milioni nell’Africa Sub-sahariana)  imparare a leggere, a scrivere, conoscere la storia e il mondo rimarrà comunque una chimera. Un sogno proibito da inseguire per tutta la vita affrontando se necessario viaggi rischiosi, spesso mortali. Prendi i dadi e li lanci sperando che almeno questa volta, in quella partita a Monopoli che va avanti da quando sei nato, avrai la fortuna di prendere almeno una carta dal mazzo delle probabilità.

E’ strano come una pandemia riporti a galla in così poco tempo l’importanza di un diritto come quello dell’istruzione in un Paese che da anni fa i conti con un tasso di dispersione scolastica del 17,6% (la media Ue è di 12,8%) e in cui un ragazzo su tre è analfabeta. A pensarci bene è strano che sia un virus a ricordarci che la scuola è un diritto di tutti. Di chi economicamente svantaggiato nasce in un Paese in cui l’istruzione è privata e l’obbligo scolastico non è garantito. Di chi risiede in paesi in cui per andare a scuola un bambino di 6 anni deve camminare per chilometri e chilometri attraversando la campagna all’andata e al ritorno. E di chi, 850 mila ragazzi fra i 6 e i 17 anni (il 12,3% del totale), pur essendo nato in un Paese come l’Italia, non ha mezzi economici per potersi comprare un tablet, un pc e permettersi in casa una linea internet.

“Nella vita bisogna provare la tristezza cosicché quando la felicità arriva ne godiamo tanto”. Regab viene dall’Egitto. E’ uno dei tanti minori non accompagnati che giunto a Roma si è ritrovato a Civico Zero Onlus e ha deciso di affidare pensieri e sogni ad un foglio chiamato Griot. Come Regab, dal 2011 a Civico Zero sono passati 11.147 fra ragazzi e ragazze che attraverso i laboratori espressivo – creativi (rap, percussioni, teatro, scrittura creativa, video, fotografia) hanno dato forma nel tempo ai propri sogni e parole ai propri pensieri. Per tutti la certezza di un diritto universale, da cui partire o ricominciare, che neanche la pandemia è riuscita a cancellare. Una scuola aperta 12 mesi all’anno per imparare l’italiano e riprendere a studiare. E una domanda. La stessa che in questi mesi unisce il mondo: “Quando torniamo a scuola?.

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