Un anno fa ero su queste pagine di Rewriters a parlare delle donne afghane travolte improvvisamente dal delirio talebano che le aveva private dei loro sacrosanti diritti.

Sono passati dodici mesi di privazioni, torture, segregazioni, privazioni, uccisioni. Un anno violentissimo e duro, durante il quale i talebani hanno fatto sentire ben forte la violenza del loro dominio oscurantista.

Le donne e le bambine afghane da un anno non possono più studiare, lavorare o semplicemente uscire di casa senza la supervisione di un uomo.

E ciononostante hanno continuato a ribellarsi, a scendere in piazza, a protestare contro un regime di estrema sopraffazione. I talebani hanno risposto con intimidazioni, violenza, arresti arbitrari, sparizioni forzate e torture fisiche e psicologiche. Alcune donne afghane sono state arrestate soltanto perché apparse in pubblico senza un mahram, ovvero un tutore di sesso maschile.

C’è una giovane artista che da allora sta continuando a fare sentire la sua voce attraverso la sua arte: si chiama Shamsia Hassani, di cui abbiamo già parlato nelle pagine di Rewriters.

Nata nell’aprile del 1988, è la prima artista di graffiti donna dell’Afghanistan. La sua arte si esprime attraverso un personaggio femminile che manifesta tutto il suo orgoglio di essere donna e femmina, per indurre le altre donne ad acquisire consapevolezza di se stesse e del proprio potere.

E infatti le sue opere hanno ispirato ed ispirano migliaia di donne in tutto il mondo, dando una nuova speranza alle artiste afghane nel paese.

L’ultimo suo post pubblicato su Instagram è del 14 agosto, ed è lo splendido disegno che vedete nella copertina di questo articolo. Una donna che stringe una tastiera al petto cercando di fermare i tasti che cadono a terra. Nulla potrebbe essere più forte ed espressivo di questo disegno per raccontare la sofferenza di chi si sente privato della propria creatività.

Si perché le donne afghane non solo non possono uscire da sole, studiare, lavorare, ma non possono praticare alcuna attività artistica.

Le spietate politiche dei talebani stanno privando milioni di donne e bambine del diritto a vivere in modo sicuro, libero e prosperoso, costringendole a sposarsi anche da giovanissime.

Una repressione che aumenta ogni giorno. Bisogna fare qualcosa: solo insieme possiamo aiutarle!

E allora vogliamo dare spazio all’appello di Amnesty International Difendiamo i diritti umani in Afghanistan, perché non si abbassi il livello di attenzione verso l’Afghanistan, ma anzi si resti tutti vigili e attenti perché fin da subito la situazione possa cambiare. Per un futuro dignitoso e luminoso per ogni donna afgana.

Firmare gli appelli spesso funziona, ed io stessa mi sono trovata a partecipare a raccolte firme che hanno raggiunto il loro obiettivo. Crederci è il primo passo per cambiare le cose.

E dopo aver firmato per la campagna di Amnesty International, poi proviamo a fare altre due cose: la prima è seguire tutti il profilo Instagram di Shamsia Hassani, per continuare ad ammirare la sua creatività e la sua capacità di esprimere la sofferenza delle donne afgane, ma anche per farle sentire la nostra vicinanza.

E poi leggiamo il libro Il tappeto afgano, di Gholam Najafi: è una raccolta di sedici racconti declinati al femminile. Storie di donne, di infanzie, di amicizie, di difficoltà e di piccole gioie che, come fili intrecciati in un tappeto, tracciano la trama dell’Afghanistan, “terra aspra e un non sempre morbido tappeto”, come scrive Giampiero Bellingeri nell’introduzione.

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