“Un ponte da costruire”: il Sinodo, le persone LGTB+, un libro e una pastorale nuova
Cosa bolle in pentola sulla questione delle persone omosessuali e transessuali nel Sinodo in corso? Un libro, una nuova pastorale
Cosa bolle in pentola sulla questione delle persone omosessuali e transessuali nel Sinodo in corso? Un libro, una nuova pastorale
Il 4 ottobre 2023 è ufficialmente iniziato il Sinodo della Chiesa Cattolica che durerà fino al 29 ottobre. In realtà questa sarà solo la prima fase perché una analoga avrà a luogo nell’autunno 2024.
Sinodo è una parola antica composta dalla preposizione con (σύν), e dal sostantivo via (ὁδός) proprio per indicare il cammino fatto insieme dal Popolo di Dio.
Molto spesso, in realtà, è stato un cammino riservato alla gerarchia che, di fatto, ha preso nel recente passato, praticamente tutte le decisioni riguardo all’evoluzione della Chiesa Cattolica.
Questa volta, invece, Papa Francesco ha voluto un vero e proprio percorso che coinvolgesse tutta la Chiesa intesa nella accezione più vasta e, infatti, questo Sinodo si chiama Sinodo 2021-2024 proprio per esaltare la dimensione di cammino che è appunto iniziata nel 2021 con un’imponente attività di ascolto dal basso, con contributi delle parrocchie, dei movimenti, di singoli e di aggregazioni spontanee (Fase Diocesana). I contributi sono stati poi aggregati a livello di nazione (Fase delle conferenze episcopali), poi di continente (Tappa continentale) e, infine, globale (Fase universale).
Uno spazio particolare è stato individuato anche per il Sesto continente quello digitale, il cui ascolto è stato affidato a padre Lucio Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione, con volontà di dare la parola a tutte e tutti, anche alle persone in qualche modo lontane dalle questioni ecclesiastiche.
L’obiettivo di questo lungo percorso è stato proprio quello di afferrare il sentire più intimo, le urgenze delle periferie più remoto, per evitare il, rischio di una riflessione geograficamente o socialmente indirizzata.
Il frutto della fase di ascolto è stato, infine, sintetizzato nell’Instrumentum Laboris, il documento affidato ai delegati al Sinodo come strumento di riflessione e punto di partenza per il lavoro sinodale stesso che, alla fine, produrrà la relazione finale che orienterà il cammino futuro della Chiesa.
Tra i tanti temi evocati dall’Instrumentum Laboris, che si sviluppa in tre direttrici: Comunione, Partecipazione, Missione, alcuni hanno attirato maggiormente l’attenzione dei media e dei cattolici in genere: la richiesta di maggiore collegialità nelle decisioni, il ruolo delle donne nella Chiesa, l’accoglienza e l’inclusione delle persone LGBTQ+ e delle persone separate e divorziate.
Sui primi due punti l’Instrumentum Labori sviluppa un discorso molto articolato, sugli ultimi due offre dei primi spunti.
Puntando il cannocchiale sulla questione LGBT+, vediamo, infatti che i punti in cui essa viene citata sono praticamente solo due, nella direttrice Partecipazione. Tra gli spunti di riflessione si ricorda che
“I documenti finali delle Assemblee continentali menzionano spesso coloro che non si sentono accettati nella Chiesa, come i divorziati e risposati, le persone in matrimonio poligamico o le persone LGBT+”
e, invece, tra gli spunti di discernimento, si propone il quesito
“Come possiamo creare spazi in cui coloro che si sentono feriti dalla Chiesa e sgraditi dalla comunità possano sentirsi riconosciuti, accolti, non giudicati e liberi di fare domande? Alla luce dell’Esortazione Apostolica Post-Sinodale Amoris Laetitia, quali passi concreti sono necessari per andare incontro alle persone che si sentono escluse dalla Chiesa in ragione della loro affettività e sessualità (ad esempio divorziati risposati, persone in matrimonio poligamico, persone LGBT+, ecc.)?”.
La questione LGBT, benché citata solo in questi due punti nel documento può considerarsi centrale. Vediamo perché. Negli ultimi anni, soprattutto con l’avanzare della società occidentale sull’inclusione delle persone LGBT+ nella società con l’istituzione, in molti paesi, del matrimonio egualitario con equiparazione anche dei percorsi di genitorialità con adozione o fecondazione assistita, si è palesata una polarizzazione molto evidente, in un mondo che diventa sempre più globale e vicino, tra parti del mondo in cui essere persone omosessuali e transessuali è addirittura un crimine e altre in cui il diritto di cittadinanza è pieno e assicurato.
Questa polarizzazione si riscontra anche nella Chiesa Cattolica, su due direttrici: la prima geografica tra diocesi europee occidentali e sudamericane che sembrano aperte all’inclusione delle persone e delle famiglie LGBT+ (inclusa la possibilità di avere delle benedizioni per le coppie gay e lesbiche) e le diocesi nordamericane, europee dell’est e africane che rifiutano di considerare il tema “omosessualità” e “identità di genere” se non alla luce di quanto stabilito dal Catechismo della Chiesa Cattolica, in particolare al punto 2357 in cui si liquida la questione con:
“L’omosessualità designa le relazioni tra uomini o donne che provano un’attrattiva sessuale, esclusiva o predominante, verso persone del medesimo sesso. Si manifesta in forme molto varie lungo i secoli e nelle differenti culture. La sua genesi psichica rimane in gran parte inspiegabile. Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all’atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati”.
La seconda direttrice, invece, riguarda la contrapposizione tra fondamentalismo e progressismo, con stessa dinamica contenutistica.
Per far parlare questi mondi, apparentemente non accordabili, il percorso di papa Francesco sulla questione Lgbt sin dall’inizio è stato peculiare: smorzare l’attenzione sulla dottrina e accendere i riflettori sulle persone. Se da un lato, infatti, non ha mai, infatti, dato l’impressione né dichiarato di voler cambiare la dottrina, dall’altra è stato il primo Papa a utilizzare la parola gay nei sui discorsi, a farla inserire nei documenti ufficiali e, quindi, a far passare il dibattito dall’astrazione alla realtà, riconoscendo l’esistenza delle persone e delle loro identità ed esistenze.
Ha iniziato ad incontrare le persone LGBT+, le loro famiglie, a rinsaldare la narrazione cattolica su questi temi, anche attraverso i mezzi di comunicazione ufficiali.
Benché non esplicita, si può ipotizzare che la sua (e di chi è vicino a lui) strategia sia di favorire l’incontro delle comunità e della gerarchia con le persone LGBT+ per far sì che si passi dall’ideologia alla relazione e che i pregiudizi e le credenze profonde si smussino a favore dell’incontro con le persone. Da qui la possibilità di una possibile, in un futuro che non è facile prevedere, cambiamento della dottrina.
Come la questione LGBT+ sia un nodo centrale delle discussioni del Sinodo 2021-2024 si evice anche dalle risposte date da Papa Francesco a 5 domande (Dubia) poste dai cardinali Brandmüller, Burke, Sandoval Íñiguez, Sarah e Zen Ze-kiun con la richiesta di un chiarimento su alcune questioni relative alla interpretazione della Divina Rivelazione, sulla benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso, sulla sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa, sulla ordinazione sacerdotale delle donne e sul pentimento come condizione necessaria per l’assoluzione sacramentale.
Le risposte del Papa rimarcano il suo approccio di cui ho parlato sopra: apriamo alle possibilità a partire dal considerare la persona mettendoci in prospettiva di considerare la riflessione sui mutamenti sociali e antropologici come una possibile strada di comprensione della Rivelazione.
Intanto a Roma, il 15 ottobre scorso una delegazione di rappresentanti (incluso il sottocritto) di gruppi di cristiani LGBT+ di vari paesi del mondo si sono incontrati per riflettere sulle aspettative da questo Sinodo.
La principale quanto ovvia considerazione fatta durante l’incontro, avvenuto al Caffé Letterario, è che, vista nell’ottica della competenza esistenziale, la risposta alla domanda dell’Instrumentum Labori
“Come possiamo creare spazi in cui coloro che si sentono feriti dalla Chiesa e sgraditi dalla comunità possano sentirsi riconosciuti, accolti, non giudicati e liberi di fare domande?“
appare quanto mai semplice:
Già lo scorso anno moltissime associazioni e gruppi informali appartenenti a varie realtà della Chiesa Italiana, anche di cristiani LGBT+, si erano riunite per condividere degli spunti riflessione, a partire dalla competenza esistenziale delle persone che hanno collaborato da offrire ai delegati al Sinodo un documento di proposte al Sinodo per elaborare una pastorale inclusiva per le persone LGBT+. Ne era nato un documento che è stato inviato il 22 febbraio 2022 alla Segreteria Generale del Sinododei Vescovi e alla Conferenza Episcopale Italiana.
Ecco il documento.
I principali spunti offerti riassumono in maniera precisa le vere sfide per una piena e reale inclusione delle persone LGBT+ nella vita comunitaria cattolica:
Formazione: degli operatori pastorali e di tutta la comunità dei credenti.
Benedizioni per le coppie omosessuali: già in essere, in modalità più o meno esplicita in molte diocesi e di cui molti teologi sacramentali hanno indicato la fattibilità.
Cambiamento della dottrina: rimuovendo una volta per tutte i riferimenti a
“atti di omosessualità intrinsecamente disordinati“
perché non esistono gli atti ma le persone che vivono la loro realtà identitaria, affettiva, di coppia e di famiglia.
Intanto trapelano dal Sinodo alcuni dettagli della discussione sui temi LGBT+. Christopher White, dalle colonne del National Catholic Reporter, riporta una dichiarazione del celebre teologo domenicano padre Timothy Radcliffe a proposito della discussione sulle storie di suicidi di giovani cristiani LGBT+:
“Molti di noi hanno pianto quando hanno saputo di quella giovane donna che si è suicidata perché bisessuale e non si sentiva accolta. Ho pianto.Spero che ci abbia cambiato”.
Sappiamo anche che, su volontà di papa Francesco, al Sinodo tra i delegati è stato chiamato padre James Martin, grande protagonista della pastorale inclusiva per le persone LGBT+, nonché autore di un libro culto su questi temi Un ponte da costruire.
E sappiamo inoltre che papa Francesco ha incontrato, il 17 ottobre, l’americana suor Jeannine Gramick e una delegazione di New Ways Ministry, l’associazione da lei fondata nel 1977 insieme a padre Robert Nugent. Suor Jeannine da sempre si è impegnata fortemente per richiedere inclusione delle persone LGBT+ nella chiesa e, in questo percorso, è stata spesso osteggiata e messa ai margini. Ma nonostante ciò è andata avanti con decisione. L’incontro con papa Francesco si suppone sancisca la sua riabilitazione e rende giustizia al suo lavoro.
Non sappiamo, invece, ancora quale sarà il contenuto della Relazione Finale del Sinodo su questi temi. Probabilmente prevarrà una soluzione di compromesso per non inquinare il percorso, che durerà ancora un anno, verso la fase finale e la conclusione nel 2024.
Sicuramente uno spunto di riflessione può darcelo la constatazione di come al Sinodo mentre a parlare del ruolo delle donne ci siano diverse donne, a parlare della questione LGBT+ non sia stata chiamata neanche una persona apertamente LGBT+ preferendo, ancora una volta, l’intermediazione piuttosto che l’ascolto dalla viva voce di chi vive giorno per giorno nella verità e bellezza della propria condizione esistenziale.