Arriva anche in Italia un’analisi sul costo della mascolinità tossica. A riprendere l’intuizione che nel 2021 aveva portato l’economista francese Lucile Peytavin a calcolare in soldoni quanto costava al Pil del suo Paese una cultura distorta della mascolinità arriva ora il libro dell’economista Ginevra Bersani Franceschetti, scritto insieme alla stessa Lucile Peytavin, dal titolo Il costo della virilità edito da Pensiero Scientifico, in cui si prova a fare gli stessi, avvilenti, calcoli, trasferendoli nel contesto italiano.

Come la precedente opera francese, anche la versione italiana va dritta al punto: se rivendicare diritti, sottolineare storture, denunciare discriminazioni quotidiane grandi e piccole non basta, forse andare ad analizzare quanto la virilità tossica sia un costo concreto per il Pil di un Paese e quindi per le tasche di ogni suo cittadino, di qualunque genere sia, forse funzionerà di più.

E allora vediamo cosa esce fuori da questa accurata analisi che dovrebbe interessare allo stesso modo donne e uomini, visto che tutti pagano (non solo in senso figurato), le conseguenze di questa situazione.

Il prezzo di una cultura stereotipata
e tossica

Il sottotitolo del libro di Ginevra Bersani Franceschetti recita: “Quello che l’Italia risparmierebbe se gli uomini si comportassero come le donne” e centra il punto. La virilità tossica è un peso non solo sociale ma anche economico per la comunità. E per dimostrarlo, niente di meglio dell’analisi dei numeri.

Innanzitutto c’è da capire cosa si intende per costo della virilità, o meglio, quale tipo di virilità viene presa in considerazione.

La virilità che fa danni anche materiali alla società è quella alimentata da una cultura che esalta ogni manifestazione di aggressività legata al maschile (condannandola invece quando è legata al femminile).

Secondo la cultura dominante, come tutti sappiamo, i maschi sarebbero più aggressivi, energici e, in buona sostanza, più violenti per natura.  Se a compierli è un maschio, sin dalla più tenera età, la prevaricazione, la prepotenza, il comportamento antisociale vengono giustificati dall’ambiente circostante come tratto ineludibile della natura.

Il punto, come sempre invece, non è biologico ma culturale. Non c’è nessuna evidenza scientifica che dimostri che i comportamenti violenti siano un tratto distintivo del genere maschile. Ciò che ha permesso per secoli lo sviluppo di tali credenze è una cultura della virilità tossica di cui fanno le spese ogni giorno non solo le donne, ma anche gli stessi uomini.

Ma tornando al concretissimo obiettivo degli studi di Bersani Franceschetti e Peytavin, quanto ci costa, in termini meramente economici questa cultura che incoraggia gli uomini, circa metà della popolazione, a coltivare comportamenti antisociali?

Come nel precedente lavoro francese, vengono presi in considerazione i costi materiali di abusi, stupri, omicidi, pornografia minorile, ma anche incidenti stradali mortali, evasione fiscale e altri reati. Tutte situazioni in cui gli uomini sono sovra rappresentati. Nel 2018 i maschi sono stati l’82,41% dei 500mila autori di reati per i quali è stata aperta una procedura penale nel corso di un anno, l’85,1% delle persone condannate dalla giustizia e via elencando.

Secondo l’autrice il costo di questi comportamenti alimentati dalla cultura della virilità tossica sull’economia italiana ammonta a quasi 99 miliardi di euro all’anno, ovvero circa il 5% del Pil italiano del 2019. E per scendere ancora più nel dettaglio e per far capire a tutti quale danno anche economico tali comportamenti rappresentino per le tasche di tutti ecco un altro dato: i comportamenti antisociali degli uomini costano ad ogni italiano almeno 1.700 euro all’anno.

Per porre rimedio a questa emorragia di risorse, ancora una volta, è necessario mettere mano all’educazione delle nuove generazioni e impegnarci a diffondere una cultura della mascolinità che rifugga stereotipi dannosi per uomini e donne.

Un lavoro fondamentale di divulgazione e discussione che porta avanti, per esempio, la rete Maschile Plurale, formata da attivisti che promuovono la riflessione sul ruolo della virilità nella società e sulle conseguenze che possono derivare da una cultura distorta della mascolinità. Conseguenze nefaste e, come si è visto, anche piuttosto costose per i contribuenti.

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