Barcellona, estadio Sarrià, lunedì 5 luglio 1982, ore 18.58: Dino Zoff, capitano e portiere della nazionale italiana di calcio, blocca sulla linea un pallone piovutogli come una saetta da un colpo di testa di Oscar, centrocampista della nazionale brasiliana, così suggellando il 3-2 con cui l’Italia vince e approda alle semifinali del XII Campionato del Mondo.

L’impresa fu enorme perché il Brasile era indicato da tutti come il sicuro vincitore del torneo, e venne festeggiata da increduli caroselli di tifosi su e giù per lo Stivale, ma travalicò – e di molto – il mero dato sportivo. Quel giorno, in quell’ora, la storia italiana cambiò.

Si parla oggi di game changer, a indicare il fatto imprevisto che dirotta il corso degli eventi. All’epoca non si usava questo linguaggio eppure ci trovammo tutti di fronte al cambiamento per antonomasia: quello di un popolo che improvvisamente si rese conto di… potere. Poter essere grande, apprezzato, artefice di un nuovo miracolo.

Chi ha la mia età lo ricorda bene: il mondiale, de facto, lo vincemmo quella sera. Fu chiaro che ormai non ci avrebbe fermato più nessuno. La coppa alzata al cielo accanto al re di Spagna e a un esultante Sandro Pertini ci penetrò nel DNA modificando il nostro atteggiamento verso il mondo, cambiando il corso della storia e consentendoci di ritagliarci un ruolo da protagonisti, dopo una guerra rovinosamente perduta, un boom vissuto comunque con l’aura dei nemici vinti, e anni di piombo da cui stavamo appena iniziando a uscire.

Quella vittoria, quell’epopea, ha compiuto quarant’anni e va ricordata. Con nostalgia e rammarico per la grandissima occasione sfruttata solo nell’immediato. In questo video, sulla scia del magnifico romanzo La partita di Piero Trellini, uscito nel 2019 e ripubblicato quest’anno in edizione celebrativa illustrata (da non perdere quanto l’originale), ve ne parlo diffusamente.

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