La chitarra è un salvagente a cui aggrapparmi, una ciambella che mi circonda i fianchi impedendomi il naufragio, un dispositivo di sicurezza. È un’estensione di me, un’arma anzi un’armatura dietro la quale mi sento più forte, abbracciandola nascondo una parte del mio corpo e non ho paura. So dove mettere le mani, sono in salvo in mezzo al mare.

Prima, ogni volta che la abbandonavo, soprattutto in studio di registrazione, mi sentivo annegare, tanto che alcune volte ho inciso le voci del disco tenendo la chitarra sulle gambe, così, senza nemmeno suonarla, solo per sentirla vicina e ritrovarmi compatta, tutta intera.

È perché quando togliamo i braccioli pretendiamo di saper nuotare, di intraprendere necessariamente una traiettoria in acqua tracciando noi il percorso, il movimento. E se ci stessimo perdendo così il bisogno di galleggiare, di stare, di adattare il corpo e il sentimento alla materia nella quale siamo immersi? Imparare ad essere flessibili, a stare nel vento, a diventare vento.

Cinque donne al centro della scena che prendono parola per l’ultima volta. E dicono di sé, senza diritto di replica.

In Un’ultima cosa – cinque invettive, sette donne e un funerale non ci sono strumenti, la regista (Teresa Ludovico) me l’ha detto da subito: abbandona. E io pensavo si riferisse al fatto, appunto, di abbandonare lei, la chitarra, mentre invece mi stava chiedendo di lasciare andare me stessa, di lasciarmi andare. Solo voce. Solo corpo. Solo questo.

Aver composto e interpretato le musiche per questo spettacolo di e con Concita De Gregorio mi dà libertà ad ogni replica, mi fa scoprire una sfumatura nuova di me per ogni volta in cui non so dove mettere le mani, senza il mio salvagente.

“L’unica cosa sensata sarebbe se ai funerali parlasse il morto: per dire a tutti un’ultima cosa. Ristabilire la verità, dirla ora che non c’è più niente da perdere e nessuno si sentirà offeso”.

E’ da questo pensiero che nasce lo spettacolo che racconta, in prima persona, la storia di cinque immense donne del secolo scorso (Dora Maar, Amelia Rosselli, Carol Rama, Maria Lai e Lisetta Carmi, scomparsa pochi mesi fa), che restituisce la voce al silenzio e che fa sentire tutte le pause tra le parole, senza sottofondo.

Il tour proseguirà per tutto l’inverno e la primavera prossima. Il 10 febbraio 2023 sarà al Teatro Mercadante di Napoli, il 7 – 8 marzo al Teatro Nazionale di Genova, il 4 – 6 aprile al Teatro Stabile di Torino, Venite a trovarci. Siamo disarmate.

Condividi: