Nella storia del percorso di affermazione delle donne, inteso come elaborazione della propria identità e rilevanza sociale sfociata nel pensiero del femminismo, esiste un vuoto apparentemente inspiegabile, che è quello della dimenticanza delle donne con disabilità.

Come mondi distinti, per decenni, quello delle donne e delle donne con disabilità sono andati avanti lungo strade parallele, focalizzati su temi diversi che solo di recente, grazie ai Feminist Disability Studies (FDS), hanno trovato punti di contatto.

I Feminist Disability Studies

I Feminist Disability Studies sono una raccolta di saggi, curati in modo trasversale da una quindicina di esperti, scritti per colmare il divario tra teoria femminista e attivismo contro le discriminazioni.

Il pensiero femminista cosiddetto della prima ondata, che va dalla prima metà del XIX all’inizio del XX secolo, ha concentrato infatti la sua rivendicazione sulla differenza, l’emancipazione dall’oppressione del patriarcato e la liberazione dei corpi, riferendosi però quasi unicamente a quelli delle donne bianche, del ceto medio, eterosessuali e con corpi abili.

La performatività di quei corpi era il presupposto per l’autodeterminazione, con un rifiuto per l’idea di debolezza e dipendenza a cui erano storicamente relegate.

Le donne con disabilità, per decenni, hanno percepito la loro invisibilità all’interno dei percorsi di riflessione femminista perché storicamente considerate esseri asessuati, privi di una corporeità, prive di una identificazione come soggetti sessuati, ritenute incapaci di ricoprire il ruolo di mogli e madri, viste unicamente come soggetti bisognosi di cure.

Gli stessi movimenti delle persone con disabilità, per molti anni, hanno omesso ogni tipo di riflessione sulle prospettive di genere legate alla disabilità, focalizzandosi unicamente sull’aspetto prima medico e poi sociale e le conseguenze dell’esclusione. Le stesse donne con disabilità hanno faticato ad elaborare una coscienza di genere, maturata solo da pochi anni all’interno delle principali associazioni.

Esiste invece una terra di mezzo che è quella dell’intersezionalità, grazie alla quale, a partire proprio dal lavoro di elaborazione dei Feminist disability studies, è stato possibile riflettere sull’identità delle donne con disabilità sia all’interno della galassia femminista che in quella della disabilità.

È stato il femminismo intersezionale a dare voce alle soggettività marginalizzate includendo più identità sociali e più discriminazioni e oppressioni derivanti, come quelle legate a cultura, classe, orientamento sessuale, colore della pelle, disabilità.

Il Primo rapporto sulla convenzione ONU

Ciò che appare ormai irrinunciabile e necessario è quindi considerare la variabile del genere nell’approccio alla disabilità e la disabilità nell’approccio alle politiche di genere. Lo stesso Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità, nel 2016, nelle osservazioni conclusive al Primo rapporto sull’applicazione della Convenzione ONU, ha rivolto all’Italia l’invito a rileggere attraverso la prospettiva del genere tutte le azioni finalizzate alla non discriminazione e all’uguaglianza delle persone con disabilità

La sfida che noi donne con disabilità poniamo a noi stesse e a tutte le altre donne è quella di incontrarci in un territorio comune di identità e riconoscimento reciproco, in quello spazio dell’intersezionalità che ci può unire, rafforzandoci. 

Rebekah Taussig, autrice e attivista che affronta in modo brillante l'intersezione tra femminismo e disabilità.
Rebekah Taussig, autrice e attivista che attraverso il profilo Instagram @sittingpretty e con il libro Felicemente seduta (le plurali editrice, 2022) affronta in modo brillante l’intersezione tra femminismo e disabilità.

Articolo a firma di Francesca Arcadu, classe 1975. Laureata in Giurisprudenza, lavora alla Camera di Commercio di Sassari. Collabora con Nemesis Magazine in qualità di redattrice con articoli su cultura, libri, comunicazione, arte e spettacolo. Da sempre impegnata nel sociale, ha fondato il Gruppo donne Uildm. Si occupa di temi come le politiche di genere, il linguaggio e la disabilità. E’ socia di “Uniche ma plurali”.

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