Il primo romanzo di Aurora Tamigio: “Il cognome delle donne”
Il romanzo della scrittrice esordiente Aurora Tamigio, palermitana di origine e milanese di adozione, ci svela perché è importante il nome delle donne.
Il romanzo della scrittrice esordiente Aurora Tamigio, palermitana di origine e milanese di adozione, ci svela perché è importante il nome delle donne.
Edito da Feltrinelli, Il cognome delle donne è il romanzo d’esordio di Aurora Tamigio, scrittrice che, non senza coraggio, si è misurata con uno dei generi letterari più inflazionati e pieni di insidie: il romanzo familiare.
Senza andare troppo indietro nel tempo, il romanzo parte dal dopoguerra per arrivare fino ai giorni nostri. Nelle vicende dei personaggi non si perdono i riferimenti al passato, in usi, costumi, tradizioni culinarie di una terra povera e legata essenzialmente al modello produttivo contadino e patriarcale.
Lentamente però ci si emancipa, al costo di sacrifici piccoli e grandi.
Il filo conduttore del racconto sono le donne, descritte e raccontate con tenerezza, ma senza nasconderne i difetti. A ognuna viene dedicato un capitolo che ha la dignità di una parte del libro.
La semplice scelta di questo punto di vista rivoluziona la lettura delle vicende narrate. Siano esse la scuola, le prime fantasie erotiche o le prime molestie sessuali. I matrimoni, i funerali, le discussioni per un’eredità. La prima casa dove abitare lontano dalla famiglia di origine.
La bellezza, i modi di vestire fino ai gusti musicali che sapientemente l’autrice attribuisce secondo un inattaccabile criterio cronologico: a Patrizia, la più grande e combattiva, i cantautori tristi, a Lavinia Julio Iglesias mentre Bob Dylan, Kate Bush e David Bowie sono appannaggio di Marinella.
Ma nella storia di queste donne c’è dell’altro, c’è tutto: la politica, il lavoro, la retribuzione, le prime suggestioni degli eventi musicali, Sanremo e il Cantagiro.
La scrittura è agile e priva di riserve e di remore. Molto efficace e originale è la prima parte in cui il lettore si immerge in una vicenda apparentemente come tante e si ritrova dentro la ricostruzione feroce e spietata delle dinamiche del patriarcato.
Non solo il padre autoritario e spesso violento ma anche gli altri maschi che frequentano la casa portano in dono alla narrazione la percezione chiara e distinta di cosa fosse (e per certi versi sia ancora) il governo patriarcale delle relazioni uomo donna.
La violenza è il tratto distintivo delle pagine che compongono la prima metà del libro. Nessuna deroga, nessuna indulgenza da parte di Aurora Tamigio che sembra aver scelto di rinunciare a costruire una scala di episodi che potrebbero giustificare una linea più blanda di comportamento.
No. Tutto è chiaro e tutto è finalizzato a quell’obiettivo, la mancanza di diritti di fronte al potere maschile. Di quel potere cioè che è legge come ci fa capire Rosa, la mamma, fin dal primo capitolo che ci colloca all’interno di un paesino siciliano dell’entroterra.
Rosa non cede e si assume anche la responsabilità di un vero salto culturale decidendo di sposare Sebastiano, un uomo mite con cui gestirà un’osteria.
Dalla coppia nasceranno tre ragazzi di cui uno si farà prete e l’unica femmina, Selma, docile e delicata, sposa un uomo contro il parere di sua madre.
Da questa relazione le tre ragazze che hanno la parte principale nel libro Patrizia, Lavinia e Marinella.
Quello che accade fino al termine del romanzo è che passo dopo passo, occasione dopo occasione, con varie modalità, le ragazze crescono e si rafforzano e scoprono anche una dimensione politica fino alla scelta di tenersi per sempre il proprio cognome.