Agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, i movimenti giovanili e i movimenti femministi avevano già espresso diverse iniziative in termini di lotta e di impegno politico. Molte cose erano accadute, non molte cose si erano sedimentate. In particolare per i movimenti femministi esistevano gruppi importanti di riflessione politica, a Roma, Milano e non solo. Proprio in quel periodo, a Bologna nacque però un’iniziativa di grande peculiarità: una casa delle donne.

In cosa consisteva questa peculiarità? Visto che altrove altre case delle donne erano già attive da qualche tempo.

Lo specifico della casa delle donne di Bologna consisteva e consiste tuttora nella scelta di accompagnare alla lotta politica interventi qualificati di cura e di sostegno delle donne maltrattate o abusate.

Maria Chiara Risoldi, tra le fondatrici della Casa bolognese, con il suo libro Di lotta e di cura, Iacobelli editore, ci propone oggi il racconto del primo periodo di attività: dal 1991, anno di nascita, fino al 2021. Il testo assomiglia più a un romanzo che a un saggio. Ma nonostante questo, si appoggia rigorosamente sulle fonti scritte pubblicate nel tempo, spesso ad opera delle stesse femministe che animarono la struttura.

Francesca è la voce narrante. Ha venticinque anni e studia medicina. Il suo travaglio e la sua rabbia nascono dal fatto che suo padre maltratta e picchia sua madre. A questo sembra non esserci vero rimedio, lei stessa viene preservata da questa furia violenta in famiglia, ma non riesce a intervenire efficacemente per tutelare anche la madre.

Un giorno però si intravede un raggio di luce. Francesca, a metà degli anni Ottanta, incontra un gruppo di giovani donne che mostrano la stessa sensibilità verso la questione dei maltrattamenti, domestici e non. Il gruppo si fa sempre più coeso.

Francesca si orienta verso studi universitari medici e psicologici utili per intervenire a sostegno delle persone che dovevano essere prese in cura. Dopo anni di studi e di ricerche nel resto di Europa, le giovani femministe avviano a Bologna il progetto della Casa delle Donne. Opportunamente ricevono il sostegno del Comune, della Provincia e della Regione Emilia Romagna. Arriva anche il contributo delle elette nelle istituzioni.

Quello che il libro racconta è il desiderio di trasmettere efficacemente la memoria e la storia di quella iniziativa perché le donne di oggi sappiano e possano agire in continuità.

La vita di Francesca è tutta devoluta alle attività della casa. Incontra altre donne, operatrici della struttura e pazienti. Con loro si confronta continuamente, le più inesperte imparano un approccio corretto con le persone che vengono prese in cura. I casi più difficili vengono analizzati e valutati tutte insieme. Il rapporto con i maschi, spesso incerti e insicuri e per questo più aggressivi, viene raccontato e spiegato con chiarezza.

Alcuni personaggi del libro sono reali, altri sono frutto di fantasia, ma tutti insieme rappresentano perfettamente un’atmosfera e il senso di un approccio di lotta e di cura appunto, che dice molto al presente.

L’introduzione di Maddalena Vianello colloca questo libro terribilmente avvincente all’interno di un pensiero politico e filosofico, deciso e maturo, che rende ancora di più questa esperienza attuale e universale.

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