Circa metà della popolazione mondiale sanguina una volta al mese. In media, per 2400 giorni della propria vita.

Parliamo di mestruazioni, l’ultimo tabù tra i tanti che contribuiscono a lasciare le donne indietro e lontane da un’effettiva parità.

Finalmente, dopo secoli di oscurantismo e leggende nere sul più naturale dei processi fisiologici del corpo della donna, quello che ha permesso alla specie umana di esistere, si parla apertamente di ciclo. E lo si fa anche dove più conta, ovvero in sede istituzionale.

Dopo la battaglia sull’assurdità dell’IVA sugli assorbenti, che fino a pochi mesi fa in Italia era fissata sull’aliquota dei beni di lusso, il 22%, e ora è al 10%, nella speranza che si migliori ancora, ecco finalmente salire alla ribalta pubblica anche il dibattito sul congedo mestruale.

A fare da apripista in Europa è stata la Spagna, dove il governo, giusto qualche settimana fa, ha recepito la proposta di legge presentata dalla Ministra dell’Uguaglianza che riconosce la possibilità di usufruire di giorni di congedo pagati alle donne che soffrano di mestruazioni dolorose, dietro presentazione di certificato medico ovviamente.

In Italia, una prima proposta, caduta nel silenzio, era stata già presentata nel 2017. Il successo dell’iniziativa spagnola ha portato a riaprire il dibattito e al lancio di una petizione su change.org che chiede lo smartworking per le donne che soffrono di dismenorrea.

Certo, come ogni novità, anche questa ha aperto un dibattito, e c’è chi si chiede se questa misura non rischi di diventare un boomerang, e rendere ancor più restii gli imprenditori ad assumere donne. Vedremo come andranno le cose, ma quello che va notato come un grande progresso, è di certo il dibattito stesso.

Cioè le mestruazioni esistono, si chiamano in questo modo, hanno una loro precisa funzione, sono una cosa naturale e le donne non devono sentirsi né in imbarazzo, né indisposte perché il loro corpo manifesta la propria femminilità una volta al mese.

Come sempre, la questione è culturale. Esistono zone nel mondo in cui le ragazze con il ciclo vengono isolate dalla propria comunità e mandate in zone franche per tutto il periodo in cui sono considerate impure.

Ci sono paesi in cui l’arrivo delle mestruazioni coincide con l’abbandono scolastico.

Parlare in modo chiaro, diretto ed esplicito delle mestruazioni vuol dire superare l’ignoranza e le leggende nere che hanno per secoli circondato un processo che è esclusivamente della fisiologia femminile, e forse proprio per questo è stato coperto da un’aura di negatività.

Tutti abbiamo sentito almeno una volta la storia che il tocco di una ragazza o di una donna con il ciclo farebbe seccare le piante, impazzire la maionese, impedirebbe alle torte di lievitare o creerebbe altri incredibili effetti, sempre negativi. Come se in quei giorni la donna tornasse minacciosa, diventasse un po’ più strega, e fosse giusto quindi demonizzarla.

A parlare sempre più apertamente di ciclo e di diritti relativi non sono più solo le avanguardie attiviste, ma anche tante iniziative culturali che stanno contribuendo a cambiare il punto di vista anche su questo tema che appare uno degli ultimi tabù.

Anche in questo caso ad avere un ruolo da protagonisti e a fare da apripista per un dibattito più schietto sull’argomento ciclo mestruale, sono stati i social.

E’ su Instagram, nel 2016, che è esploso il movimento free bleeding con migliaia di ragazze e donne che postavano foto in cui era chiaro che, pur avendo il ciclo, non indossavano tamponi, per rendere evidente nell’immagine quello che per secoli il linguaggio aveva nascosto.

Ma l’argomento mestruazioni, con tutto ciò che ci ruota attorno, dal congedo mestruale all’Iva sugli assorbenti, dal riconoscimento della dismenorrea come patologia alla più ampio dibattito sulla salute sessuale, a tanti altri aspetti, conquista sempre più spazio anche nel dibattito culturale.

Da citare il libro della giornalista francese Elise Thiebaut, Questo è il mio sangue, edito da Einaudi, in cui l’autrice preconizza una vera e propria rivoluzione mestruale come premessa per arrivare finalmente alla piena consapevolezza femminile.

Un esempio di opera che parla di ciclo in una maniera davvero diretta, esplicativa, ironica e anche rivelatrice di quanto questo evento sia di fatto sostanza della femminilità stessa è il bellissimo monologo Perfetta scritto da un uomo, Mattia Torre, e portato nei teatri da Geppi Cucciari.

Sul palco una donna racconta la sua vita e le sue giornate e la vediamo cambiare di toni, di atteggiamenti, di colori, a seconda della fase del ciclo che in quel momento sta attraversando. Per capire che tutti quei toni sono i colori più profondi dell’essenza femminile, e sono quelli che ci fanno essere creature profondamente in sintonia con la natura, con il tutto che ci circonda.

Che il nostro corpo sia un meccanismo perfetto e che non ci sia nessun motivo per demonizzare o nascondere quello che succede una volta al mese, dev’essere anche la convinzione delle creatrici del podcast Eva in rosso, che in ogni puntata danno un colpo al tabù sulle mestruazioni attraverso un racconto che passa da storie esemplificative agli interventi degli esperti.

Nel tentativo di abbattere il muro del silenzio sul ciclo mestruale, Eva in Rosso ha lanciato anche l’idea del primo Festival del ciclo mestruale che si terrà a Milano dal 17 al 19 giugno. In programma dibattiti e approfondimenti, ma anche stand up comedy e concerti.

Per la realizzazione del festival è attivo anche un crowfunding organizzato da Produzioni dal basso, al quale si può partecipare per sostenere il progetto.

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