Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori alla Fondation Cartier di Parigi fino al 6 novembre
Trenta dipinti monumentali di una delle più importanti artiste australiane degli ultimi tempi. Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori in mostra a Parigi.
Trenta dipinti monumentali di una delle più importanti artiste australiane degli ultimi tempi. Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori in mostra a Parigi.
(English translation below)
Dal 3 luglio al 6 novembre, la Fondazione Cartier di Parigi presenta la prima mostra personale al di fuori dell’Australia dell’artista aborigena Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori. Parigi, una delle capitali artistiche più importanti, offre uno spazio a un’artista aborigena per raccontare la sua storia, confermando un bisogno di confronto e informazione con culture minoritarie al livello artistico.
E’ imminente il bisogno di riscrivere la relazione dei paesi occidentali, e del continente europeo, con le minoranze tribali, di re-inventare un dialogo impegnante che possa rinnovare la storia. Sono mostre come quelle della Fondazione Cartier e storie come quella di Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori, che bisogna promuovere nello stimolare questo percorso.
Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori è considerata una delle artiste australiane più importanti degli ultimi decenni. Comincia a dipingere nel 2005 e diventa rapidamente nota al livello internazionale: la tradizione artistica sperimentale che sviluppa lascia una scia di grande interesse dopo la sua morte nel 2015.
La mostra alla Fondazione Cartier raduna trenta dipinti monumentali, ottenuti grazie a una collaborazione con la famiglia dell’artista e la comunità Kaiadilt.
Il nome dell’artista costituisce una rivelazione iniziale sull’identità dell’artista e la storia che desidera comunicare: quella della comunità Kaiadilt, nella quale ognuno è chiamato secondo il proprio luogo di nascita e il proprio antenato totemico. Se ne deduce quindi che l’artista è nata a Mirdidingki, nel sud dell’isola di Bentinck, e che il suo animale totemico è lo juwarnda, o delfino.
La storia della gente aborigena di Kaiadilt è importante perché è l’ultimo popolo sulla costa dell’Australia a costruire un rapporto con il mondo europeo. Come raccontano le opere dell’artista, Sally Gabori, la sua famiglia e la sua cultura si basano sulla pesca. Gabori racconta come la natura circostante, e il clima, erano determinanti non solo per la loro sopravvivenza, ma anche per il loro stile di vita. La mostra narra lo spostamento della sua famiglia all’isola di Mornington dopo un ciclone che inondò una grande parte dell’isola di Kaiadilt nel 1948.
La mostra non è semplicemente un racconto di una società a molti sconosciuta, ma anche una storia di esilio, di divisione e di dolore, che risulta nella separazione forzata da cultura e società. Dopo aver vissuto questi eventi, l’artista comincia a dipingere a 80 anni, celebrando i luoghi nei quali è cresciuta, la popolazione nativa della sua isola, e il combattimento politico per ottenere i propri diritti.
Sally Gabori incorpora ideali di grande immaginazione, di libertà, di capacità di re-immaginare una realtà danneggiata dalla storia, che permette di dirigersi verso uno stato di progresso e innovazione.
Attraverso l’uso di diversi colori, consistenze e formati, nei suoi nove anni da pittrice produce più di 2000 quadri. La mostra presenta 30 di questi quadri, alcuni prodotti in collaborazione con le figlie e con altri artisti di Kaiadilt.
Con un tono di critica contemporanea e uno stile moderno, l’artista ci invita a un dialogo con una cultura non-rappresentata per troppo tempo. Lasciando spazio all’arte aborigena, l’Europa, attraverso l’arte, può forse dedicarsi a costruire un futuro riscritto insieme, che si riveli più inclusivo.
ENGLISH VERSION
From July 3d to November 6th, the Cartier Foundation in Paris presents the first solo exhibition outside of Australia of the Aboriginal artist Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori. Paris, one of the most critical artistic capitals, offers a space for an Aboriginal artist to tell her story and that of her people, engaging with a need for comparison and information regarding the culture of minorities at the artistic level.
The need to rewrite the relationship of Western countries, and of the European continent, with the history of tribal minorities, of re-inventing a challenging dialogue that can renew history, is imminent. It is exhibitions such as those of the Cartier Foundation and stories like that of Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori which must be promoted in stimulating this movement.
Mirdidingkingathi Juwarnda Sally Gabori is considered one of the most important Australian artists of the last decades. She began to paint in 2005 and quickly becomes known internationally: the experimental artistic tradition she develops leaves a trail of great interest after her death in 2015. The exhibition at the Cartier Foundation brings together thirty monumental paintings, obtained thanks to a collaboration with the artist’s family and the Kaiadilt community.
The artist’s name constitutes an initial revelation of the artist’s identity and the story she wishes to convey: that of the Kaiadilt community, in which everyone is named according to their place of birth and totemic ancestor. It can therefore be deduced that the artist was born in Mirdidingki, in the south of the island of Bentinck, and that her totemic animal is the juwarnda, or dolphin.
The story of the Aboriginal people of Kaiadilt is important because they are the last people on the coast of Australia to build a relationship with the European world. As the works of the artist Sally Gabori tell, her family and their culture are based on fishing. Gabori tells how the surrounding nature, and the climate, were crucial not only for their survival, yet also for their lifestyle. The exhibition chronicles her family’s moving to Mornington Island after a cyclone that flooded a large part of Kaiadilt Island in 1948.
The exhibition is not simply a story of a society unknown to many, but also a story of exile, division, and pain, which results in the forced separation from culture and society. After these events, the artist begins painting at the age of 80, celebrating the places where she grew up, the native population of her island, and the political struggle to get their rights.
Sally Gabori incorporates ideals of great imagination, freedom, and the ability to re-imagine a reality damaged by history, which allows us to move towards a state of progress and innovation. Using different colours, textures and formats in her nine years as a painter, she produces more than 2000 paintings. The exhibition features 30 of these paintings, some produced in collaboration with her daughters and other Kaiadilt artists.
With a tone of contemporary criticism and a modern style, the artist invites us to a dialogue with a culture that has not been represented for too long. Making room for Aboriginal art, Europe, through art, can perhaps devote itself to building a future rewritten together, one of inclusivity.