Avete visto il film I ragazzi stanno bene, con Julianne Moore, Annette Bening (Migliore Attrice ai Golden Globe 2011) e Mark Ruffalo? Premiato con il Teddy Award alla Berlinale, racconta la storia di una famiglia formata da una coppia di donne e due figli ottenuti tramite inseminazione artificiale. A tal proposito, potete leggervi anche “Sei come sei” (Melania Mazzucco) e quello che Mazzucco ha considerato il sequel, La donna senza nome (l’ho scritto io per Castelvecchi – sempre se vi piace il suspense). L’omogenitorialità, soprattutto maschile, è l’argomento della contemporaneità, per lo meno sulla questione famiglia. Dibattutissimo a ogni latitudine, di sicuro vince il primato di post modernità tra le varie formazioni familiari. Ma sulla scena non sono da meno i genitori single, bisessuali, bigami, poligami o poliamorosi.

Qualche esempio che non si rifaccia ai soliti greci? Carla Bruni, Bertrand Russel, Italo Calvino, Charlotte Rampling, Marco Pannella. O Scalfari: «L’amore per Simonetta e per Serena sono state due parallele. Nessuna delle due era subordinata all’altra. Sapevano l’una dell’altra. Provavo a stare con una sola delle mie donne. Ma era come se tentassi di tagliarmi una gamba, un braccio e metà del cervello». Forse in pochi sanno che i poliamorosi per eccellenza, Jean-Paul Sartre e Simone de Beauvoir, furono anche genitori adottivi.

Nei paesi sviluppati la famiglia è definita in modo specifico come “un gruppo di persone affiliate da legami di consanguineità oppure da legami affettivi acquisiti e riconosciuti dalla legge per la presenza del vincolo del matrimonio, di una unione civile e per una adozione, oppure per un legame sorto de facto in virtù di una convivenza“. Abbiamo letto bene? Rileggiamo, dai.

Le storie di famiglia sono infinite e il fatto che ne esista qualcuna iconica aiuta l’immaginario a rinnovarsi e – speriamo – a rilassarsi nella costante guerra tra norma e desiderio. Perchè, suvvia, ormai lo sappiamo tutti che la felicità ha a che fare con (segna): consapevolezza, autenticità e integrazione tra le varie parti di noi stessi.

La terrificante e geniale Anaïs Nin nel 1934 abortì un bambino, figlio del suo compagno amatissimo Henry Miller e, nei 10 anni successivi, la Nin e suo marito Hugh Guiler mantennero i coniugi Miller pagando loro l’affitto e permettendo a lui di scrivere “Tropico del cancro”. Questa come la chiamiamo? Famiglia allargata? E la storia di Benedict Smith l’avete mai letta? “Da bambino vivevo con mio padre, mia madre, il compagno di mia madre e, per un po’, anche con il compagno del compagno di mia madre. Mia madre poteva arrivare a frequentare anche quattro persone nello stesso periodo. E anche mio padre frequentava altre persone. Sono cresciuto all’interno di una rete di persone le cui relazioni, pur non essendo votate alla monogamia, duravano per anni o addirittura per decenni”.

Per fortuna ci sono intere scuderie di antropologi, sociologi, psicologi e etologi che ci confermano che va tutto bene, e anzi ci rassicurano elencando rigorose definizioni che categorizzano i vari tipi di famiglie: la famiglia nucleare è una formata da una sola unità coniugale; la famiglia estesa è formata da una sola unità coniugale e uno o più parenti conviventi; la famiglia multipla (o allargata) è formata da due o più unità coniugali; la convivenza è una famiglia priva di un’unità coniugale ufficiale e/o religiosa (Peter Laslet).

La sociologia, più specificamente, classifica quattro tipi di famiglie: coniugale, composta dal/i genitori e dai loro figli (che può declinarsi in monogama, composta da due genitori; poliginica, quando non vi è una distinzione tra la genitrice biologica e altre donne appartenenti alla famiglia + un solo padre; poliandrica, quando non vi è una distinzione tra il genitore biolologico e gli altri uomini appartenenti alla famiglia + una sola madre; poliginandrica, quando vi sono più madri e padri conviventi); consanguinea, composta dai genitori biologici, dalle loro famiglie di origine e dai loro discendenti; monogenitoriale (composta da un solo genitore e dai suoi figli, generati o adottati); omogenitoriale (composta da due genitori del medesimo sesso e dai loro figli, generati o adottati).

In ogni caso, l’articolo 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (che include anche le donne :D) dice che per chiunque fondare una famiglia è un diritto e che la famiglia verrà protetta dalla società e dallo Stato. Qualunque famiglia.

Purtroppo, la nostra Costituzione fonda la famiglia sul matrimonio e non riconosce la stepchild adoption e dunque l’Italia si distanzia moltissimo dalle conclusioni dei suddetti scienziati, preferendo l’assunzione pregiudizievole di un punto di vista astratto e sterilmente normativo che risponde piuttosto a fobie sociali, tradendo di fatto il senso stesso della vita, che per molti esseri viventi è l’amore.

Se è vero che la sofferenza si genera dove vengono traditi e frustrati desideri che hanno a che fare con la realizzazione e il senso di sè, dove viene inibita la libertà di essere e amare, ecco che normare un comportamento affettivo tra due o più individui consenzienti che in alcun modo ledono, con le loro scelte, altri soggetti è un gesto fisiologicamente violento. L’antidoto che propongo, come da nostra mission, è creare nuovi spazi di immaginazione attraverso la fruizione di arte e cultura divergente: ecco dunque i miei consigli di oggi per ripensare la famiglia.

  1. “Baby love” (titolo originale: “Comme les autres”, 2008): un triangolo d’amore formato da una donna e una coppia di uomini gay. Il desiderio di paternità di uno dei due uomini non è corrisposto dall’altro. La separazione, un matrimonio concordato tra una donna innamorata e un uomo che ama ancora il suo ex, la nascita di una figlia, una coppia che si sfalda e una che si ricostituisce. Due padri, una bambina, una madre.
  2. “La famiglia Addams” (1991, 1993): una famiglia composta da un gentiluomo di altri tempi, sua moglie, i loro figli, un maggiordomo, uno zio, una nonna, un cugino peloso e una mano.
  3. “Appuntamento sotto il letto” (1968): lei ha otto figli, lui ne ha dieci. Una difficile gestione dei rapporti, tra gelosie e problemi ad accettare nuovi fratelli e nuove figure genitoriali. Problemi e soluzioni per fare di due famiglie una sola.
  4. “Il banchetto di nozze” (titolo originale: “The wedding banquet”, 1993): un ragazzo vive con il suo compagno, tenendo nascosta alla propria famiglia la sua omosessualità. Per farla finita con gli incontri combinati dai genitori, Wai-Tung finge di avere una ragazza, che va a vivere con la coppia di ragazzi. Dopo il matrimonio, lei resta incinta. Attraverso una serie di difficoltà e conflitti, un nuovo equilibrio nasce nella famiglia allargata.

Coraggio, proviamo a raccontare ai nostri figli ciò che sotto i nostri occhi noi non sappiamo vedere ma che per loro sarà consuetudine. Proviamo a dirlo, che l’amore non fa male e che se fa male non è amore. Diciamoglielo, di seguire sempre il loro cuore e la loro natura e di fuggire ogni volta che qualcuno li umilierà per la libertà che stanno cercando dentro di sè o insieme a un* compagn*, a cui hanno pieno diritto. Raccontiamo ai nostri figli storie d’amore e di famiglie libere.

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