RSoul DJ, al secolo Raoul Girometta, giornalista dance attivo negli anni ’90, è da tempo tornato con successo nella scena musicale come dj e produttore. Cura tanti progetti (Disco Love, SoulShapes e Collectif D’Artistes Méditerranéens), tutti con la stessa anima che mette insieme l’influenza di artisti come Louie Vega, Massive Attack, Tricky, The Orb, Portishead, Filla Brazilia. Quelli del mio cuore, spiega Raoul.

RSoul DJ, house & music anthems

Quando è in console propone una selezione ad alto engagement di disco, house & music anthems. Non è tutto: RSoul DJ ha una doppia anima, sospesa tra musica e marketing.

Mi vedo sempre e solo ‘nella musica’, con tanta passione e quanta più professionalità possibile“,

spiega l’artista che spesso su Instagram racconta il suo lavoro.

“In altre parole, provo a mettere insieme questi due mondi”.

L’intervista

Raccontaci come si fa a mettere insieme marketing e musica…
In primis, c’è la passione. Nasce tutto da lì, per la maggior parte di chi vi opera, soprattutto con amore e rispetto oltre che per interesse. Nella mia lunga esperienza nel marketing dei servizi e contenuti digitali, ho avuto l’occasione di confrontarmi con molteplici realtà, dai grandi gruppi ‘over the top’ alle più importanti realtà di distribuzione editoriale italiana. Oggi vorrei mettere in campo la mia esperienza per aiutare prima di tutto gli artisti.

Come ti vedi tra 10 anni, come artista e professionista?
Nei prossimi anni mi vedo a gestire progetti artistici, con un modello verticale che abbraccia la produzione, la distribuzione, gli eventi. Nasco come appassionato – collezionista di dischi, dj, organizzatore di feste private in una provincia dimenticata da tutti (Piacenza), con un amore per viscerale per UK e, di conseguenza, per la musica elettronica. Con la consapevolezza che questo amore non mi avrebbe mai abbandonato e sul quale avrei voluto far leva per uscire dalla “nebbia padana”. E così di fatto è stato. Già da adolescente, ho avuto l’occasione di viaggiare. Per questo ringrazio davvero i miei genitori. Ho poi fatto il giornalista freelance per 8 anni, facendo interviste e recensioni, curando rubriche mie personali a contatto con artisti delle più disparate nazionalità e biografie.

Quanto conta per te il tema dell’inclusione nel settore musicale?
E’ un tema davvero importante: in una vera democrazia le opportunità devono essere aperte a tutti. A tal proposito, ho in campo il progetto Collectif D’Artistes Mediterraneens che nell’inclusione di ogni artista e nella sostenibilità ha le sue radici. Realizziamo eventi e produzioni legati ai popoli del Mediterraneo. Dobbiamo lasciare un’eredità ai nostri figli che sia un abbraccio con il pianeta e i suoi popoli.

Non si sviliscono un po’ musica e suono “vendendoli” ai brand?
Non credo. Anzi, credo profondamente nella relazione fra musica e brand. Almeno per il prossimo futuro, saranno i brand le uniche vere risorse finanziarie per gli artisti. Le piattaforme pagano sempre di meno, i modelli di distribuzione alternativa come Bandcamp sono interessanti ma non sufficienti a garantire una vita dignitosa agli artisti, bensì funzionali ad altro, come i live/dj set e il branded content, appunto. Lavorare insieme ai brand su progetti artisti e musicali potrebbe essere una strada percorribile di sostenibilità. Sopratutto in un futuro prossimo di realtà aumentata e modelli convergenti di intrattenimento, ad esempio nel metaverso.

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