Che cosa intendiamo, quando parliamo di sicurezza alimentare?
Il sintagma sicurezza alimentare può assumere più significati: da un lato indica la sicurezza dell’approvvigionamento dei cibi – meglio esemplificata dal termine inglese food security –, dall’altro, può riguardare la salubrità e la non nocività degli stessi, con riferimento a metodi di produzione, conservazione e trasporto conformi alle norme d’igiene e al mantenimento delle proprietà degli alimenti (l’espressione inglese, anche in tal caso, consente una maggiore precisione: food safety). Naturalmente nulla esclude che le due espressioni possano combinarsi insieme secondo un disegno coerente o, al contrario, entrare in conflitto. In questo blog si guarderà prevalentemente alla seconda accezione, anche se inevitabilmente si parlerà anche di altre declinazioni del mondo alimentare (non ultima quella della qualità: food quality).
L’insicurezza alimentare può essere di diversi tipi, riguardando quindi aspetti differenti: ad esempio l’igiene e la conservazione dei cibi, oppure i metodi di produzione e l’utilizzo di sostanze esterne ai cibi, magari prodotte in laboratorio. La regolazione del settore deve essere proattiva, mirando a prevenire i rischi. Con un’avvertenza: alcune pratiche usate nella filiera alimentare possono produrre allergie o fastidi di lieve entità, altre forme più o meno gravi di malesseri o dissenterie, altre ancora possono causare malattie mortali, altre ancora pandemie. Appare superfluo sottolineare che la regolazione di queste ultime è quella che ci interessa maggiormente.
In occasione della giornata mondiale della sicurezza alimentare del 2019, che si tiene il 7 giugno di ogni anno, la Food and Agriculture Organization (FAO) e l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) hanno reso noto che il cibo non sicuro causa nel mondo numerose malattie di origine alimentare, che colpiscono ogni anno circa 600 milioni di persone, rappresentando un grave onere per la salute umana.
Sul sito dell’Autorità europea per la sicurezza alimentare si legge che a oggi, nel mondo, “quasi una persona su dieci si ammala dopo aver consumato cibo contaminato” . Sono invece 420.000 le persone che ogni anno muoiono a causa di alimenti non sicuri, dei quali circa 125.000 bambini sotto i cinque anni. La governance di questo fenomeno ha un costo, stimato attorno ai 110 miliardi di dollari all’anno per spese mediche e di produzione (https://www.who.int/news-room/detail/06-06-2019-food-safety-is-everyones-business).
Ai dati forniti nel testo si devono aggiungere altre problematiche causate dal sistema produttivo dell’agroalimentare. La prima riguarda l’inquinamento e i rischi per la salute in generale, ed è dovuta alle numerose forme di agricoltura industriale diffuse nel mondo. Ad esempio, gli allevamenti intensivi degli animali – per citare solo una delle pratiche più diffuse della cosiddetta agro-industria – hanno un peso molto rilevante nell’inquinamento di terre e acque e nell’alterazione del clima, oltre ad aver causato migliaia di morti e ingenti danni economici, per aver favorito la diffusione di epidemie come la BSE, la Salmonella DT 104, l’Escherichia coli 0157, ecc. Da vari studi internazionali risulta che circa il 25% delle emissioni di CO2, sono prodotte da fonti agricole, fra le più importanti la deforestazione, l’uso di fertilizzanti ricavati da fonti fossili, e la combustione di biomasse.
Un secondo aspetto riguarda invece la malnutrizione dei Paesi ricchi, che, distinguendosi dalla denutrizione dei Paesi poveri, consiste in una crescita esponenziale di casi di obesità. Ciò vuol dire che chi soffre di tale patologia ha una maggiore vulnerabilità, per esempio ai virus. Secondo l’OMS proprio le persone obese o in sovrappeso hanno almeno il doppio del rischio di sviluppare malattie cardiache, cancro e diabete, le cosiddette malattie non trasmissibili (Mnt). E l’obesità è dovuta ad un’alimentazione non sana, con troppi grassi e troppi zuccheri, che spesso assumiamo senza rendercene conto. E questo non solo per la nostra disattenzione o leggerezza, ma anche e soprattutto perché i controlli e le restrizioni previste dalle istituzioni sono troppo blandi o inefficaci.
Quanto detto sinora consente di sottolineare quanto sia importante una regolazione pubblica di questo settore, che non può essere lasciato alle semplici logiche del mercato o a meri interventi repressivi a danno avvenuto: la sicurezza alimentare non può essere limitata alle sole norme di polizia sanitaria, non riguarda solo i controlli e le ispezioni per verificare l’igiene e la corretta conservazione dei beni, ma prevede una serie di regole che riguardano i metodi di produzione (ad esempio con provvedimenti di autorizzazione preventiva), la composizione dei cibi, l’etichettatura obbligatoria per certi prodotti e così via.
La situazione è a oggi piuttosto preoccupante sotto vari profili, ma in questa sede ci ripromettiamo di indagare tale materia, per provare a conoscerla meglio e, da qui, individuare un percorso comune teso al miglioramento.
Questo blog comincia oggi, con una breve introduzione. È, si spera, l’inizio di un lungo cammino. Nei prossimi post cercheremo di analizzare con più attenzione il tema della sicurezza alimentare e della sua regolazione. Vedremo le connessioni con l’esplosione della pandemia causata dal Covid-19 e ogni volta cercheremo di individuare consigli, buone pratiche o attività utili per rendere i nostri cibi un po’ più sicuri.