Il 24 giugno, la Corte Suprema americana ha ribaltato la Roe V. Wade, la sentenza di quasi 50 anni che legalizzava l’aborto in tutti i 50 stati degli Stati Uniti.

Una manciata di Stati aveva attivato leggi progettate per vietare immediatamente gli aborti all’interno dei loro confini una volta revocata la decisione. Alcuni Stati santuario, come New York, hanno messo in atto un quadro giuridico che proteggerebbe l’aborto, anche se Roe fosse stato ribaltato. In altre zone del Paese non è chiaro cosa accadrà dopo: l’aborto non è tutelato legalmente, ma non è espressamente vietato.

Nel 2017, l’89% delle contee degli Stati Uniti non aveva fornitori di aborti. In quei luoghi, la decisione di venerdì non cambierà molto, in pratica, ma probabilmente renderà ancora più difficile per le pazienti, che stavano già lottando per accedere alle cure, riceverle.

Ecco una mappa che evidenzia quali stati degli USA hanno vietato l’aborto e quali no:

In totale, otto Stati hanno vietato l’aborto dalla sentenza della Corte Suprema, ma i tribunali hanno temporaneamente bloccato i divieti di aborto in Louisiana e Utah, consentendo nel frattempo alle pazienti di ricevere le cure necessarie.

Il momento della gravidanza in cui l’aborto è vietato varia da luogo a luogo. Alcuni Stati essenzialmente vietano qualsiasi aborto, tranne nei casi in cui una gravidanza minaccia la vita della madre. Diversi Stati hanno redatto progetti di legge sul battito cardiaco, che rendono illegale l’aborto a sei settimane, ovvero prima che un embrione sviluppi effettivamente un cuore. Nella maggior parte degli Stati che vietano l’aborto, il limite non è successivo a 15 settimane dall’inizio della gravidanza.

L’aborto nel mondo

L’OMS ci ricorda che l’aborto non sicuro è tra le principali cause di mortalità materna nel mondo. E finchè sarà proibito, continuerà ad essere praticato illegalmente, mettendo a rischio la vita della donna. Ad oggi l’aborto è ancora proibito in quasi 20 paesi, tra cui molte nazioni africane, come l’Egitto, il Senegal, il Gabon, il Madagascar e la Mauritania.

Nicaragua, 2022.

Nel continente sudamericano, l’accesso all’aborto è particolarmente difficile. L’aborto non è consentito in Suriname, Nicaragua o El Salvador. Nel 1998, El Salvador ha adottato una legislazione draconiana che prevede una pena detentiva fino a otto anni per l’interruzione di una gravidanza. Inoltre, i procedimenti giudiziari si basano generalmente su omicidio aggravato, che prevede una pena detentiva fino a 50 anni.

In Europa, un divieto totale rimane un’eccezione. Tuttavia, a Malta, le donne che abortiscono rischiano una pena che va da 18 mesi a tre anni di reclusione. Il caso più eclatante è senza dubbio quello, avvenuto quest’anno, di una turista americana che ha rischiato la vita a causa delle restrizioni su suolo maltese. L’aborto è vietato anche nei due micro Stati di Andorra e del Vaticano.

Altri Paesi nel mondo hanno legalizzato l’aborto ma ne consentono l’accesso a condizioni estremamente restrittive. L’aborto è disponibile solo nei casi di pericolo per la vita della madre in Costa d’Avorio, Libia, Uganda, Sud Sudan, Iraq, Libano, Siria, Afghanistan, Yemen, Bangladesh, Myanmar, Sri Lanka, Guatemala, Paraguay e Venezuela.

In Brasile l’aborto è consentito solo in caso di stupro, rischio per la madre o grave anomalia fetale. In Asia, la più alta corte della Corea del Sud ha ordinato nel 2019 la revoca del divieto di aborto, ritenuto incostituzionale. Tuttavia, nessuna nuova legislazione è stata ancora approvata per regolamentare l’aborto.

In Giappone, l’aborto è consentito solo per motivi economici e sanitari e richiede il consenso dei partner, rendendo il Giappone uno dei pochi paesi al mondo a farlo. Le vittime di violenza sessuale sono escluse dall’obbligo. L’aborto è ampiamente disponibile anche in Cina e in India per una gravidanza fino a 20 settimane, sebbene in determinate circostanze come lo stupro o l’incesto, le donne possano interrompere una gravidanza fino a 24 settimane.

In alcuni Paesi, l’accesso all’aborto è stato concesso solo di recente. In Irlanda, l’aborto è legale solo dal 2018, a seguito di uno storico referendum che ne ha abrogato il divieto costituzionale. L’aborto è stato liberalizzato nel 2019 anche in Irlanda del Nord, l’unica parte del Regno Unito in cui era ancora vietato, ma rimane ancora di difficile accesso.

Le manifestanti celebrano con il velo verde – il simbolo per i diritti dell’aborto – fuori dal Congresso argentino a Buenos Aires l’11 dicembre 2020.

La Nuova Zelanda non ha depenalizzato l’aborto fino al 2020. In Australia, lo stato del Queensland ha legalizzato l’aborto nel 2018 e solo il New South Wales, lo stato più popoloso del paese, continua a metterlo fuori legge.

In Thailandia, l’aborto è stato depenalizzato solo nel febbraio 2021 e ora può essere praticato fino a 12 settimane di gravidanza, in San Marino da settembre 2021 dopo un referendum e anche in Argentina nel 2020 dopo una rivolta popolare.

Le donne tengono fazzoletti verdi durante una protesta a sostegno dell’aborto legale e sicuro a Città del Messico. Edgard Garrido/Reuters

La Colombia ha legalizzato l’aborto nel febbraio 2022 per qualsiasi motivo e fino a 24 settimane di gravidanza. Sulla scia di ciò, il 16 marzo il Cile ha deciso di includere la depenalizzazione dell’aborto nella bozza della sua nuova Costituzione. In Messico, una sentenza storica della Corte Suprema ha dichiarato incostituzionale il divieto di aborto a settembre.

Nel continente africano, il Benin ha legalizzato l’aborto in autunno. Su richiesta della donna incinta, l’aborto è ora possibile fino a 12 settimane “quando la gravidanza rischia di aggravare o causare una situazione di disagio materiale, educativo, professionale o morale”, afferma la legge sulla salute sessuale e sulla riproduzione. Quasi 200 donne muoiono ogni anno in Benin per complicazioni legate all’aborto, secondo i dati del governo.

In Sud America, l’Honduras – che già vietava l’aborto anche in caso di stupro o incesto, gravi anomalie fetali o quando era minacciata la vita o la salute della madre – ha approvato nel gennaio 2021 una riforma costituzionale che ha ulteriormente inasprito la legislazione.

L’articolo 67 della Costituzione riveduta ora afferma che qualsiasi interruzione di gravidanza “da parte della madre o di un terzo” è “proibita e illegale”, ma soprattutto che questa clausola “può essere riformata solo dalla maggioranza dei tre quarti dei membri del Parlamento”.

Le/gli attivist* di Strajk Kobiet e del comitato Legalna Aborcja alla manifestazione davanti alla sede del Sejm a Varsavia, 22 maggio. (UI) PAP/Radek Pietruszka

Anche nel continente europeo il diritto all’aborto non è stato pienamente raggiunto. Nell’ottobre 2020 la Corte costituzionale polacca ha reso l’aborto praticamente illegale eliminando la possibilità di ricorrervi in ​​caso di anomalie fetali. Questo criterio riguarda oltre il 95% dei 1.000 aborti legali praticati ogni anno nel Paese, scatenando l’ira dell’Unione Europea.

Un mondo che ha così poca cura per la vita delle donne non è il mondo che vorremmo.

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