Chi le conosce le partigiane? Sì, perché questa parola – e tante altre, purtroppo – siamo abituat3 a declinarla al maschile: i partigiani, come se la Resistenza fosse stata cosa da uomini.

Uomini, effettivamente, i partigiani in gran parte lo erano: anche perché altrimenti sarebbero stati comunque costretti al fronte, oppure a nascondersi dalle rappresaglie in quanto oppositori del regime. Ma anche tante donne, invece di stare a casa ad aspettare il ritorno di figli, mariti e fratelli, la Resistenza scelsero liberamente di farla al loro fianco, in prima persona.

La Resistenza vista dalla parte delle donne

Furono staffette, come per lo più le si ricorda, e anche molto altro; ebbero traiettorie diverse come diverse erano loro, per provenienza e carattere; furono comunque sempre anche donne, alle prese con tutto ciò che essere donne significava nella cultura dell’epoca – e che significa tuttora, ma che oggi riusciamo a leggere con altri occhi. Per esempio, subirono molestie più spesso di quanto la storia ufficiale abbia mai annotato. Per esempio, non venivano armate dai loro compagni di lotta, e infatti spicca la spavalderia di Carla Capponi che usò il suo fascino per procurarsi da sé una pistola.

Tutte queste storie vengono ricostruite in un bel libro di Benedetta Tobagi, La Resistenza delle Donne, letto e consigliato dal nostro blogger Gioacchino De Chirico. Che sottolinea anche come il cambiamento avviato in quegli anni sia proseguito nell’Italia del dopoguerra: con le donne che lavorarono alla Costituzione, che divennero figure politiche di spicco come Nilde Jotti e Tina Anselmi oppure educatrici delle nuove generazioni, mettendo a germogliare i primi semi che fiorirono in un percorso di emancipazione. Un percorso ancora lungo, ancora in atto.

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